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«Non è colpa degli incentivi arrivati in ritardo, ma della ridotta richiesta di Maserati in Cina e 500 elettrica in Europa»: è lapidario il commento di Adolfo Urso, intervenuto a Torino in occasione dell'avvio della Fondazione per l'Intelligenza Artificiale dedicata al mondo automotive ed all'aerospazio.
Il ministro del made in Italy ci ha preso gusto: dopo la querelle legata all'Alfa Romeo Milano ribattezzata Junior, arriva una nuova e puntigliosa rettifica nei confronti di Stellantis, in quello che ormai somiglia in uno scambio di tennis con Carlos Tavares, fatto di botta e risposta.
Nel suo intervento, Urso ha dichiarato: «Il problema di Mirafiori non dipende dalla disponibilità o meno degli incentivi, ma dai cali di domanda delle vetture da parte del mercato: non possiamo incentivare auto di lusso, mentre da un anno lavoriamo all'arrivo di produttori stranieri, cinesi e non solo».
Il Governo quindi precisa che lo stop d'attività dello storico stabilimento di Torino non è stata causata dai ritardi degli incentivi pubblici, il cui piano è al momento al vaglio della Corte dei Conti: «Mirafiori paga il crollo di Maserati, auto di alta gamma che noi non possiamo certo incentivare e produce anche la 500 elettrica, venduta in Italia lo scorso anno in poco più di duemila esemplari con gli incentivi. Questo è parlare con chiarezza della realtà».
Da Urso arriva anche la conferma di un dialogo continuo con Stellantis: «L'esecutivo non abbassa la guardia su Mirafiori ed è in essere un confronto serrato con il Gruppo per delineare le condizioni per raggiungere l'obiettivo di un milione di veicoli prodotti in Italia nel più breve tempo possibile, invertendo la rotta del declino industriale che purtroppo l'automotive sta vivendo negli ultimi anni».
Secondo Urso, «Stellantis deve definire un piano industriale che riaffermi le radici italiane: questo riguarda Mirafiori, per arrivare almeno alla produzione di duecentomila auto, anche con altri modelli, quello che serve al sistema automotive piemontese, così come negli altri stabilimenti italiani».
Infine, un richiamo ai produttori cinesi: «Ci stiamo lavorando da un anno e non in maniera estemporanea,, visto che siamo anche andati a Pechino. L'Italia è il Paese che ha il più ampio divario in Europa tra auto prodotte e immatricolate: dobbiamo colmare questo gap che non fa onore alla storia dell'auto italiana. Abbiamo uno straordinario sistema della componentistica e penso che, per la qualità che esprime, si tratti del migliore in Europa.
Il nostro è quindi un mercato aperto, con un sistema industriale particolarmente favorevole a chiunque voglia realizzare auto o veicoli nel nostro Paese, ovviamente con componenti italiane e che possano fregiarsi del simbolo del made in Italy. A Pechino abbiamo incontrato diverse Case automobilistiche che hanno manifestato intenzione di investire in Europa: dunque l'Italia è cornice in cui investire, non solo per i cinesi».