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Milano – Si è tenuto nella serata di ieri presso la Libreria dell’Automobile di Corso Venezia, l’ultimo di una serie di quattro incontri dal titolo “Quattro Chiacchiere con l’Autore”, durante cui il due volte campione del mondo Rally Miki Biasion ha presentato il libro autobiografico “Storia Inedita di un Grande Campione”.
Un’opera «nata con l’intento di raccontare gli aneddoti, le problematiche, i sentimenti e gli stati d’animo che hanno caratterizzato tutta la mia carriera e che mai sino ad ora erano stati messi nero su bianco. Questo libro si rivolge chiaramente a chi ama i Rally, di ieri e di oggi, e soprattutto a quei giovani che non c’erano e non conoscono la storia di questa disciplina, dando quindi modo a loro di capire quanto questo sia un grande sport. Ho inoltre voluto rivolgermi agli appassionati dell’epoca, che tramite le pagine da me scritte possono rivivere determinati momenti e determinate situazioni.»
«Leggendo questo libro molti possono inoltre capire a cosa ha rinunciato il Biasion uomo, o meglio, quali scelte si devono effettuare per arrivare a determinati risultati sportivi: correre in automobile ai miei tempi voleva dire passare circa 300 giorni all’anno sulla vettura per test e prove. Risulta facile quindi comprendere quanto tali circostanze imponessero a molte rinunce, tra cui famiglia e amici o alle piccole cose della vita.»
«Questi sono infatti molti aspetti a cui spesso non si pensa: un pilota viene sempre identificato con l’immagine delle vittorie e dello champagne stappato sul podio, ma la realtà è che alla base dei risultati c’è un lavoro enorme.»
Ci parli delle gare con i camion, come è iniziato tutto?
«Io ho smesso di correre i Rally nel ’95, poiché quando Lancia si ritirò dalle competizioni iniziai a correre con la Ford, che a sua volta stava abbandonando questo ambiente per delegare la gestione sportiva a dei privati mentre Toyota fu squalificata per irregolarità. Mitsubishi aveva già sotto contratto un altro pilota e io dovevo cercarmi uno sponsor per continuare a correre; questi fattori, uniti alla delusione subita con il marchio americano, li interpretai come un segnale di stop.»
Ma poi ha proseguito comunque
«Dopo due anni non riuscivo più a stare a casa, ero troppo abituato a girare per il mondo e a guidare. Capii quindi che in realtà volevo farlo ancora: mi resi conto di essere ancora all’altezza della situazione e cominciai a disputare i raid africani. Grazie all’aiuto di Iveco intrapresi una gara che andava da Parigi a Mosca e mi resi conto conto che la cosa mi piaceva moltissimo, pertanto nel 1998 partecipai alla mia prima Parigi-Dakar vincendola immediatamente nella categoria bissando poi il risultato l’anno successivo.»
«Visti i risultati ottenuti nei Raid ritornai alle auto, partecipando alle edizioni 2003 e 2004 della Parigi-Dakar con la Mitsubishi classificandomi secondo al primo anno di partecipazione. Tornai poi a guidare i camion e l’anno prossimo prenderò parte a questa leggendaria corsa con un Iveco (la cui presentazione dovrebbe avvenire a inizio dicembre a Torino, anche se ancora non c’è stato un comunicato ufficiale) alimentato da un propulsore in grado di erogare circa 1.000 CV di potenza che dovrebbero permettergli di raggiungere una velocità massima di circa 230 km/h.»
Perchè in questi ultimi anni i piloti italiani fanno fatica ad emergere nei Rally?
«Gli italiani fanno fatica a emergere nei Rally per vari motivi: innanzitutto al momento in Italia non c’è un costruttore che partecipa con costanza al Campionato del mondo, quindi uno sponsor che deve investire su un giovane "ci pensa su due volte", nel senso che anche quando qualcuno dimostra di essere un vincente nei campionati nazionali, i team stranieri difficilmente riescono a notarlo.»
«Ai miei tempi, quando Lancia era presente in veste ufficiale, c’era una sorta di “allevamento” di piloti esterno affidato a varie scuderie (sponsorizzate dallo stesso costruttore italiano) che avevano in dotazione delle vetture abbastanza simili a quelle dei piloti ufficiali, permettendo così ai giovani di correre. Questi poi venivano selezionati per intraprendere una vera e propria carriera da professionisti.»
«Io rinunciai a un grosso ingaggio propostomi da Opel per fare questa esperienza nei campionati italiani ed europei con Lancia per poi debuttare nel mondiale. Queste cose oggi non esistono più; l’unica Casa che al momento sta attuando una politica simile è la Citroen e la cosa si riflette nel talento di Sebastien Loeb. Solo quando c’è una Casa interessata diventa "facile" per un pilota emergere.»
«E’ un peccato che la situazione sia così: ci sono molti ragazzi che vanno forte, anche perché noi italiani le macchine le sappiamo guidare, abbiamo passione per i motori, però fattori quali crisi economica e Fiat che non corre portano i giovani talenti a non emergere.»
Lei ha citato poco fa Sebastien Loeb, cosa ne pensa di lui?
«Chi vince ha sempre ragione, lui è un fenomeno, a dimostrarlo è la sua grande costanza in termini di risultati, ci hanno provato in tanti a togliergli il “trono” di campione del mondo, ma lui è comunque sempre riuscito a fare "il bello e il cattivo tempo". E' un vero professionista, molto meticoloso - un po’ come lo ero io quando iniziai a correre - è un ottimo collaudatore, ha molta voglia di lavorare, ed è dotato di quello spirito di sacrificio che a troppi manca. Mi spiace che non sia nato 20 anni fa.»
Questo fine settimana si corre il Rally di Monza. Sarà presente?
«Io sarò a Monza sabato pomeriggio allo stand della Sparco, dove per un concorso verranno distribuite 5.000 cartoline dotate di un numero identificativo. Chi verrà sorteggiato vincerà una prova speciale con me al Rally di Brescia.»
Quest'anno il mondiale WRC ha visto dei cambiamenti importanti: sono scomparsi i 2.0 litri aspirati per far posto ai 1.6 turbocompressi dando inoltre l'addio a tanta elettronica e al differenziale centrale. Cosa ne pensa di queste nuove imposizioni regolamentari?
«Io credo che i nuovi regolamenti si stiano orientando nella giusta direzione, in quanto i Rally sono divenuti meno seguiti dagli spettatori, poichè le televisioni non sono più state coinvolte e quando una manifestazione non ha un seguito mediatico importante, si verifica ovviamente un calo di interesse.»
«Grazie a questo nuovo regolamento molti costruttori si stanno interessando per rientrare nel mondiale, mentre altri - come Volkswagen e Mini - iscrivendosi ai futuri campionati hanno la possibilità di calamitare molto interesse mediatico, dando così al Rally una nuova popolarità. Almeno, questo è quanto mi auguro, poiché parlando col Dott. Marchionne pochi mesi fa, emerse che attualmente un investimento per realizzare una vettura competitiva in grado di partecipare al mondiale Rally non sarebbe giustificato dal ritorno mediatico e pubblicitario. Io penso però che, data la presenza di competitors quali Ford, Citroen, Mini e Volkswagen, il Gruppo Fiat non possa stare a guardare molto a lungo.»