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Non c’è al mondo cosa che possa rendere libero un uomo come il lavoro. Con la ricchezza derivata dalle sue fatiche, esso può evolversi socialmente, garantendosi migliori prospettive ed una qualità della vita sempre più crescente, anche – soprattutto – alle future generazioni.
Con migliaia di migranti alle porte dell’Europa, la Germania ha deciso – in concomitanza del Salone di Francoforte dello scorso anno – di lanciare una politica di integrazione ancor più ampia rispetto a quella sino ad oggi avviata. La stessa Angela Merkel si era mossa in prima persona, lanciando un appello ai costruttori di automobili affinché dessero una possibilità ai migranti.
Inutile dire che Daimler, Volkswagen e Porsche colsero la palla al balzo. «Questo potrebbe favorire un nuovo miracolo economico» commentava Dieter Zersche, uomo forte di Daimler, compagnia che – grazie ai tirocini ponte di 14 settimane – ha dato una possibilità a 40 migranti, provenienti dall’Afghanistan all’Eritrea, di potersi costruire un futuro in Germania, attraverso l’apprendimento della lingua e di una professione.
Porsche è il marchio che senza dubbio si è distinta in meglio. Dopo un anno di integrazione per i rifugiati – periodo di tempo necessario per l’insegnamento delle competenze professionali di base e della lingua tedesca – sono stati 11 su 13 i partecipanti meritevoli della prosecuzione del rapporto. «Eravamo fermamente intenzionati ad assistere i rifugiati nel loro processo di integrazione e convinti della validità del nostro approccio basato su un programma completo» commenta Andreas Haffner, membro del Comitato esecutivo per le Risorse Umane di Porsche AG.
A novembre, poi, inizierà un secondo anno di preparazione – sempre sponsorizzato da Porsche – con un numero maggiore di partecipanti: 15. L’obbiettivo è sempre quello: dare a queste persone una possibilità di emergere e di crearsi una posizione solida e legale all’interno della società.