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“Ci voleva questa vittoria. Un risultato così eclatante dopo 50 anni dall’ultima partecipazione e in occasione del centenario della gara è fantastico, non sarebbe potuta andare meglio”. Arturo Merzario, l’uomo che nel 1973 portò la Ferrari sul podio per l’ultima volta alla 24 Ore di Le Mans prima dell’exploit di domenica scorsa della 499P n. 51, commenta così il successo ottenuto da Alessandro Pier Guidi, Antonio Giovinazzi e James Calado.
Quando lo raggiungiamo al telefono, l’inossidabile Merzario è in viaggio verso Zandvoort, dove questo fine settimana nell'Historic Grand Prix porterà in pista la Ferrari 156 campione del mondo nel 1961 con Phil Hill. E il primo pensiero dell’uomo che a 80 anni compete ancora va proprio verso i piloti vincitori a Le Mans. “Quello che mi disturba parecchio è che in Italia non venga dato il giusto risalto ai sei ragazzi, anche i tre che non hanno vinto. Sono arrivati quinti ma perché hanno avuto dei problemi, come può capitare nelle corse di durata”.
“Mi dispiace perché bisogna che funzioni tutto, dalla macchina, agli pneumatici, al muretto. Ma non dimentichiamoci dei piloti. Dopo la gara ho fatto i miei complimenti a Giovinazzi, con cui ho un ottimo rapporto”. “Questo fermo restando che per me la Ferrari resta la Ferrari – precisa - anche se ho corso con altri dieci team. E vi dirò di più: tutti i grandi campioni sognano di correre per la Rossa. La Ferrari è il metro di paragone dello sport”.
E per lui lo era anche agli inizi degli anni Settanta, quando si distinse proprio a Le Mans. “Feci la pole position anche nel 1970 con la 512 S Coda Lunga, ma poi quando diedi la macchina a Clay Regazzoni pensò bene di eliminare non solo sé stesso, ma anche due Porsche e due Alfa Romeo”, dice ridendo. "Nel 1973, con la 312 PB, se non avessi rotto il serbatoio di carburante avremmo vinto”.
“Fummo fortunati che la macchina non si incendiò, perché all’epoca le vetture erano come dei cerini. Riuscii con grande cautela e fortuna ad arrivare ai box, e impiegarono quasi un’ora a sostituire il serbatoio. Perdemmo 18 giri, e terminai secondo a due giri di distacco. Avremmo meritato la vittoria, ma fu comunque un risultato di peso per le disavventure che avevamo vissuto”. Soprattutto perché Merzario disputò tre quarti della gara al volante. “Ai nostri tempi si correva in due – ricorda -. Il mio co-équipier (Carlos Pace, ndr) di notte non se la sentiva di correre, e così feci 18 ore di guida su 24”.
Tornando ai giorni nostri, è inevitabile che dopo la vittoria di Le Mans della 499P si facciano paragoni tra quanto succede alla Ferrari nel WEC e la situazione in F1… “Sono tanti anni che in Formula 1 di risultati non ne arrivano. Ma il problema, secondo me, adesso nascerà per la squadra dell’Endurance di Antonello Coletta, perché con un budget limitato ha ottenuto un risultato così eclatante”.
Ma la 24 Ore di Le Mans attira anche i piloti di F1, come dimostra la presenza come spettatore di Charles Leclerc. “Alla mia epoca - specifica Merzario - correvamo ogni domenica con una macchina diversa: le turismo, le GT, i prototipi, le F1, le F2. La nostra preparazione era molto differente rispetto a quella dei piloti degli ultimi due decenni, che si sono specializzati su una determinata categoria. I più capaci e più danarosi arrivano in F1. All’epoca ci ingaggiavano per il nostro piede destro. Adesso la carriera si costruisce con alle spalle dei genitori ricchi o degli sponsor che ti danno l’opportunità di arrivare in certe categorie”.
Questo non significa che oggi i campioni manchino. E guardando agli ultimi 10-15 anni, Merzario di piloti fuori dal comune ne individua diversi: “lo sono Sebastian Vettel, Lewis Hamilton, Nico Rosberg, molto diverso da suo padre, così come lo è anche Max Verstappen”. Nel novero non rientra invece Leclerc. “A mio avviso non è al livello di Vettel, Hamilton e Verstappen. Però guida una Ferrari, e quindi è molto esposto. Se corresse per la Williams o un altro team minore, non avrebbe la stessa rilevanza”. Che si concordi o meno con lui, una cosa è certa. Saranno anche passati 50 anni da quel podio a Le Mans, ma la schiettezza di Merzario non si è certo affievolita con il passare degli anni. E lo stesso vale per la voglia di correre.