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Mercedes è riuscita a navigare in acque turbolente nel 2020, anno che, con la pandemia di COVID-19, ha accelerato la digitalizzazione sia delle esperienze di acquisto che del lavoro in azienda, con lo smartworking sempre più preponderante. Del bilancio dello scorso anno e del futuro della casa tedesca in Italia abbiamo parlato con Radek Jelinek, presidente di Mercedez-Benz Italia.
Ci eravamo lasciati nel 2019 parlando di capillarità come principale problema in Italia. Per un Costruttore, è difficile programmare le proprie attività per via della complessità burocratica e per un Governo che fatica a dare una visione temporale abbastanza ampia. Il Covid ha ingigantito questo problema?
Radek Jelinek: «Io sono amante dell’Italia, quindi se le muovo una critica non deve essere interpretata come arroganza da parte di uno straniero. In Italia io mi sento a casa. Questa è una premessa importante, perché voglio essere obiettivo. In questo momento chi urla di più riesce a ottenere qualcosa, non si intervenire in modo sostenibile dal punto di vista strategico. La filiera del settore dell’auto in Italia consta di 1,2 milioni di persone. Generiamo miliardi e paghiamo le imposte allo Stato. Viste le regole sulle emissioni a livello europeo, il punto di arrivo è piuttosto chiaro. Dobbiamo vendere auto ibride, elettriche e anche endotermiche, ma la media deve rispettare un certo limite. La politica dovrebbe impegnarsi per svecchiare il parco circolante italiano, il più vecchio in Europa».
«Questo sia per la sicurezza stradale, sia per le emissioni. Gli incentivi alle auto elettriche li sfruttano i ricchi, chi ha una Panda vecchia di 25 anni rimane con la sua macchina. Fondamentale è la detrazione al 100% dell’IVA, perché le aziende sono all’avanguardia della tecnologia e nell’usato arriverebbero macchine Euro 5, Euro 6, più pulite e più sicure, anche per chi non può comprarsi un’auto nuova. Così girerebbero i soldi, le tasse, e le strade sarebbero più pulite e sicure. Ora ci dicono che se vogliamo l’aumento dei bonus, dobbiamo aumentare il prezzo dei diesel. E le proposte da parte nostra ci sono. È ora di non trincerarsi dietro alle ideologie, dobbiamo sederci intorno a un tavolo. Il 20% di ogni Mercedes è realizzato da aziende italiane. L’automotive è un’industria importante, non è da sottostimare. Ci vorrebbe un’azione importante. Non ci sono conflitti tra case, la proposta dell’UNRAE è abbastanza chiara. Ci vogliono interlocutori che ci ascoltino».
Sempre nel nostro incontro precedente ci aveva raccontato del processo iniziato in? Mercedes Italia con la nuova sede e un’organizzazione più moderna. Una struttura avanzata e organizzata come la vostra come ha saputo reagire alla pandemia?
«Prima che arrivassi, nel 2018, erano già stati effettuati test sullo smartworking. Siamo arrivati preparati. La crisi ha accelerato dei processi che erano già in divenire. Come la firma digitale, ad esempio. Il nostro lockdown è stato abbastanza organizzato. Tutti hanno il proprio portatile, e abbiamo passato due mesi a lavorare completamente da casa lo scorso anno. Siamo dapprima tornati ad una presenza fisica del 15%, poi abbiamo aumentato al 50% nel corso dell’estate e ora siamo scesi di nuovo al 10-15% per evitare rischi. L’intenzione è quella di continuare con tre giorni di presenza fisica e due da remoto. Non credo che in futuro si lavorerà esclusivamente da casa. Gli italiani vogliono il contatto fisico, il calore umano, lo scambio di idee. Ci sono temi che a mio avviso sono difficili da affrontare digitalmente».
Cosa ha funzionato meglio, che si porterà dietro come esperienza utile di questo anno passato?
«La tecnologia, che abbiamo preparato al meglio, ma soprattutto la parte umana. Penso che essere vicini ai dipendenti, alla nostra squadra, sia molto importante. Ma la cosa per cui siamo stati lodati di più è il rapporto con i concessionari. Siamo andati loro incontro, posticipando i termini di pagamento, e alleggerendo questa crisi. Abbiamo avuto un contatto costante con la rete, per capire cosa stesse succedendo. Non è fantascienza, abbiamo solo reagito in modo pratico, ascoltando e capendo. La flessibilità sta tutta lì. Fare squadra con i partner, per consolidare i rapporti futuri. È quando arrivano le difficoltà che si rafforzano le intese. E abbiamo venduto più degli altri. Abbiamo dato loro sicurezza, anche se nemmeno noi sapevamo come sarebbero andate le cose».
Lei pensa che il cliente Mercedes sarà lo stesso di prima, o la pandemia ha cambiato qualcosa?
«Abbiamo già visto che il cliente non va in concessionaria se non per firmare. Dieci anni fa, invece, entrava sette/otto volte prima di acquistare, adesso in media si reca in concessionaria 1,4 volte. Un anno fa abbiamo cominciato con il nostro store online, sul quale è possibile ordinare una macchina, sbrigando solo le ultime formalità fisicamente. Le nuove generazioni saranno sempre più abituate ad acquistare online, ma alla fine se si paga una macchina 60, 70 80 mila euro, almeno una volta la si vuole vedere e provare. Per questo i concessionari rimarranno al centro della nostra realtà. Pensi all’Apple Store: possono vendere tutto online, ma non lo fanno. Con auto sempre più complesse, il ruolo degli esperti di prodotto resta centrale. Il mondo era già cambiato, il COVID ha solo accelerato i tempi».
Il tutto è reso più complicato dai limiti europei, che vi costringono a trovare l'equilibrio tra la domanda dei clienti e i limiti di emissioni.
«Adesso dobbiamo bilanciare bene la gamma. Se vuoi vendere la classe G, che infatti ha tempi di attesa fino a 12 mesi, devi vendere anche le elettriche. Per noi è fondamentale gestire il cliente e l’offerta per non incappare in multe. Ed è anche questione di immagine. Non possiamo parlare di Ambition 2039, con l’obiettivo zero emissioni da raggiungere dieci anni prima dell’Europa e poi pagare le multe sulle emissioni».
Il vostro piano da 70 miliardi di euro per l’elettrico è molto ambizioso, ma siete anche gli unici a proporre in gamma e a sostenere delle motorizzazioni diesel che possono rappresentare il miglior mix con l’elettrico. È possibile che la spinta verso l’elettrico vi porti a tralasciare queste tecnologie tra le migliori in assoluto a livello di efficienza?
«Anche se volessi, domani non potrei dare vita a una gamma 100% elettrica. È questione di infrastrutture, di capillarità. Le parti rurali del paese hanno ancora bisogno di diesel e benzina. E gli Euro 6 diesel sono pulitissimi. Abbiamo effettuato dei test con Bosch in merito. Chi dice che il diesel puzza parla di macchine di 15 anni fa. Non è così, invece, per le auto nuove. L’Italia è sfaccettata: ci sono le grandi città, le città in cui servono i benzina e i diesel. C’è la campagna, che richiede macchine tradizionali che oggi, però, sono pulite. L’offerta deve essere per tutti».
Anche se volessi, domani non potrei dare vita a una gamma 100% elettrica. È questione di infrastrutture, di capillarità. Le parti rurali del paese hanno ancora bisogno di diesel e benzina. E gli Euro 6 diesel sono pulitissimi
La famiglia EQ ormai è ricca di modelli che occupano diversi segmenti. Cosa significa per voi l'inserimento a gamma della nuova EQA?
«È una sorella della GLA, che oggi ha un successo pazzesco in Italia. Quasi il 30% degli ordini viene dalla GLA. Mi auguro che anche l’elettrica riscuota lo stesso successo. Partendo da 40.000 euro circa, diventa allettante con gli incentivi. C’è tanta tecnologia nell’abitacolo, personalizzabile secondo lo stile del cliente. È un’alternativa interessante e importantissima per l’Italia».
E sul rinnovo di Lewis Hamilton cosa ci dice?
«Non mi ha ancora chiamato (ride, ndr). Non lo so, vedremo».