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Nel mese appena concluso, le immatricolazioni di veicoli nuovi scendono in modo allarmante: le 138.405 unità finali si traducono in un calo dell’8,3% rispetto alle 151.001 dello stesso periodo 2019.
Da inizio anno mancano all’appello più di mezzo milione di vetture: dopo undici mesi siamo a 1.261.802 immatricolazioni rispetto alle 1.776.501 del gennaio-novembre 2019, corrispondenti ad un -29% complessivo.
Per le motorizzazioni, novembre riporta una flessione a doppia cifra per auto a benzina (-37,4%), diesel (-28,4%) e metano (-30,8%); cresce il GPL, (+14,3%) e continua lo sprint delle motorizzazioni alternative, con spettacolari incrementi per ibride (+206,7%), plug-in (403%) ed elettriche (350%), ovviamente sotto la spinta degli incentivi governativi.
Le ibride superano a novembre il 23% di quota addirittura insidiando diesel (al 29%) e benzina (31%); sono al 3,5% del totale le plug-in e al 3,4% le elettriche; nel complesso, quindi, le nuove alimentazioni valgono il 30% del mercato; nel cumulato da gennaio, a fronte della contrazione per benzina, diesel e GPL e alla stabilità del metano, le vetture ibride salgono al 15,5% del totale, le plug-in all’1,7% e le elettriche al 2%.
L’analisi del mercato indica una crescita del 12,2% nel mese del canale dei privati, che guadagnano ben 12 punti arrivando al 66,1% di quota totale; da inizio anno, la flessione è importante, pari al -20,5%, ma comunque migliore del dato complessivo; e le circa 811.000 unità corrispondono al 63,8% di quota.
Al contempo, il noleggio riporta a novembre un ulteriore forte calo (-19,4%), e vale oggi circa il 20% del mercato; a flettere sono entrambe le componenti: il breve termine perde il 15,4%, il lungo termine il 16,3%, con contrazione sia delle principali società Top sia delle Captive; nel cumulato, la flessione è ancora pesanti, al -36%, con differenze evidenti: il breve termine perde il 54% dei volumi, il lungo termine cede il 26,6%.
Le società registrano un ulteriore pesante calo del 45% in novembre, con meno di 19.000 immatricolazioni e una quota che scende al 13,5% (-9,2%), a causa della forte frenata delle autoimmatricolazioni (-56%) a cui si affianca una riduzione del 10,4% delle altre società; da inizio anno, le società perdono il 45% delle vendite, portandosi al 14,4% di rappresentatività.
A novembre sono in calo tutti i segmenti, ad eccezione di quello B e dell’alto di gamma, grazie al noleggio senza il quale il segmento F sarebbe in territorio negativo; le city car perdono l’8,4% e flessioni a doppia cifra interessano i tre segmenti medi e superiori.
Fra le carrozzerie, leggera contrazione per berline e crossover (ma questi ultimi comunque crescono nella quota di mercato), più accentuata per i fuoristrada mentre pesanti flessioni interessano le altre carrozzerie, ad eccezione di un leggero incremento dei coupé.
L’analisi per area geografica evidenzia in novembre una riduzione per Nord Ovest, Nord Est e Centro Italia e risultati positivi per Sud e Isole.
Ulteriore riduzione per le emissioni medie di CO2 delle nuove immatricolazioni che scendono del 12,2% a 102,7 g/km, rispetto ai 116,9 di un anno fa; nel cumulato, le emissioni calano dell’8,3%, a 109,2 g/km (119,1 g/km negli undici mesi 2019).
Infine, per il mercato dell’usato, i trasferimenti di proprietà di vetture al lordo delle minivolture a novembre perdono il 12,1% con 295.546 passaggi rispetto ai 336.112 del novembre 2019; da inizio anno, la flessione è del 29,1%, con 2.741.636 unità rispetto alle 3.864.731 di gennaio-novembre 2019.
«Le misure di sostegno alla domanda degli scorsi mesi - afferma Paolo Scudieri, Presidente di Anfia - oltre ad avere un ruolo determinante per la ripartenza del mercato e per il rinnovo del parco circolante in chiave ecologica, hanno anche sortito effetti positivi sulla produzione di vetture e componenti nel nostro Paese, a beneficio di una filiera industriale per cui il mercato domestico occupa un posto importante accanto ai mercati internazionali. Inoltre, con un mercato nazionale ed europeo ancora sotto pressione a causa della pandemia, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un sensibile incremento del ricorso alla cassa integrazione da parte delle aziende automotive, situazione che rischia di peggiorare se non verranno attivati, nel breve, interventi a supporto della domanda che prevediamo vengano ripagati dal maggior gettito fiscale generato e nel medio-lungo periodo provvedimenti che accompagnino la transizione green e digitale della filiera. Ricordo, infine, la necessità di un sostegno alla ripresa del comparto dei veicoli commerciali leggeri, che vanta un’importante presenza industriale in Italia e che, anche in conseguenza dell’impennata delle vendite online, sta assumendo un ruolo sempre più strategico nella logistica urbana delle merci».
«Non possiamo non ricordare - aggiunge Michele Crisci, Presidente dell’Unrae - che gli incentivi estivi hanno rappresentato una boccata di ossigeno per Costruttori e indotto industriale, ma soprattutto hanno prodotto un indubbio beneficio per l’ambiente: grazie ad essi, secondo i dati resi noti da Invitalia, sono state rottamate più di 120 mila vetture delle categorie fino a Euro4, fortemente inquinanti e poco sicure, risparmiando alle nostre città oltre 155 mila tonnellate di CO2 su base annua. Ambiente ed economia hanno dimostrato di poter convivere bene se le manovre sono ben fatte. Auspichiamo uguali misure per il 2021, con un rinnovo degli incentivi allo svecchiamento del parco auto per contrastare le attuali condizioni di recessione e una maggiore detraibilità dell’IVA per vetture aziendali, come già in atto nei maggiori Paesi europei e la cui assenza penalizza il nostro mercato perché ne riduce la competitività».
«Senza un nuovo intervento per il sostegno al mercato auto, il nuovo calo delle vendite - conclude Adolfo De Stefani Cosentino, Presidente di Federauto - pone le nostre aziende nella necessità di riattivare la cassa integrazione che comunque non sarà sufficiente ad arginare la perdita di fatturato, oggi attestata rispetto al 2019, su un valore medio di -25%. I dati sul ricorso alla cassa integrazione da inizio anno, rispetto allo stesso periodo del 2019, mostrano un aumento del 6.000%, per un ammontare di ore autorizzate superiore a 60 milioni. Sono dati eclatanti, che inducono a riflettere sul costo di un mancato intervento a sostegno dell’auto».