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Dove lo metto il carro? Davanti o dietro ai buoi? Molti lettori, dopo aver letto le considerazioni tecniche che oggi rendono meno attraente la trazione integrale, mi hanno chiesto di fare un confronto a tutto campo fra trazione anteriore e trazione posteriore. Eccoli accontentati.
Ma prima di leggere fate un esperimento. Prendete un modellino di auto, anche senza sterzo ma con le quattro ruote che girano bene. Bloccate con un nastro adesivo le due ruote posteriori, poi mettetelo su un piano inclinato, in modo che scivoli in avanti. Secondo voi, con le ruote posteriori frenate, andrà diritto o storto? Nessuna delle due ipotesi, perché andrà subito in testa-coda. Provare per credere.
Tutti i discorsi che faremo discendono dalla spiegazione di questo fenomeno, apparentemente incomprensibile. Infatti, sembra logico ritenere che frenando dietro la macchina debba andare diritta, anche perché l’automobile, per i suoi primi 50 anni, aveva i freni solo posteriori. Allora spieghiamo il mistero dell’aderenza. Ѐ una forza a disposizione del pneumatico, parallela al terreno, e che vale una certa percentuale della forza verticale che grava sulla ruota (pesi, carichi aerodinamici e trasferimenti di carico dovuti ad accelerazioni, frenate e decelerazioni).
Questa forza che giace sul terreno è disponibile in tutte le direzioni, ma vale un po’di più in senso longitudinale, cioè nella direzione in cui si muove la ruota. Ciò significa che l’aderenza laterale (quella che consente di curvare e che assicura la tenuta di strada) è sempre un po’inferiore all’aderenza longitudinale (quella che consente di frenare e di accelerare).
Possiamo disegnarla come un’ellisse, centrata nell’area d’impronta del pneumatico, con l’asse maggiore nella direzione del moto. Il contorno dell’ellisse rappresenta il limite di aderenza, cioè il valore massimo che possiamo chiedere al contatto gomma-asfalto. Se superiamo questo valore l’aderenza crolla e la vettura sbanda.
Domanda importante
Cosa succede quando si impegnano contemporaneamente aderenza laterale e aderenza longitudinale (per esempio, quando si accelera – o si frena - in curva)? Avete presente il teorema di Pitagora? Applicatelo alle due forze che chiedete al pneumatico, come se fossero due cateti: ne ricaverete un’ipotenusa.
“Cosa succede quando si impegnano contemporaneamente aderenza laterale e aderenza longitudinale (per esempio, quando si accelera – o si frena - in curva)? ”
Bene questa è la forza risultante, cioè l’aderenza totale, che deve sempre rimanere all’interno dell’ellisse. E che spiega uno dei fenomeni principali da cui dipende la tenuta di strada: quando si impegna in una direzione tutta l’aderenza disponibile non c’è più… trippa per gatti. Alias, l’aderenza va a zero in tutte le altre direzioni. Ecco perché il modellino va in testa-coda: bloccando le ruote dietro, abbiamo imposto in partenza di superare il limite di aderenza, quindi l’aderenza laterale del retrotreno è pari a zero.
Perché, allora, fino agli anni Trenta si frenava solo dietro? Per tre motivi: le strade erano quasi tutte sterrate; il coefficiente di attrito molto basso (e frenare davanti significava inevitabilmente bloccare le ruote e andare dritti); la tecnica riteneva pericoloso e fonte di guasti un comando freno di tipo meccanico sulle ruote sterzanti. Solo dopo l’avvento dei freni idraulici e delle strade asfaltate si convinsero ad adottare i tamburi anteriori.
Perché si sbanda all’uscita della curva?
Ora siamo in grado di ragionare meglio. Per esempio, comprendiamo che per ottenere il massimo dai pneumatici (vale a dire per consumarli meno) sarebbe bene usare le ruote anteriori per sterzare e quelle posteriori per accelerare, come fanno le F 1. A questo punto siamo in grado di attribuire i compiti alle quattro ruote.
Dimentichiamo per un momento la trazione. Indiscutibilmente, alle anteriori va dato il compito (gravoso) di sterzare, cioè di appoggiarsi e di utilizzare l’aderenza laterale per deviare la vettura dalla traiettoria rettilinea e di forzarla a entrare in curva. Poi durante la curva chiediamo aderenza laterale sia alle ruote anteriori sia a quelle posteriori, che varia a seconda del raggio delle singole traiettorie.
Attenzione, all’uscita della curva raddrizziamo lo sterzo e annulliamo l’impiego di tale forza sulle ruote anteriori, ma contemporaneamente (e senza saperlo) chiediamo alle ruote posteriori di fornire un maggior appoggio, necessario per interrompere la curva e tornare in rettilineo. E se il grip non è sufficiente, la sbandata è garantita. Nella vita di un’auto, l’aderenza richiesta davanti è alquanto maggiore di quella esercitata dietro e provoca quindi un’usura più elevata sui pneumatici anteriori.
“Cosa succede nella trazione anteriore quando – percorrendo una curva - togliamo il gas o quando acceleriamo troppo?”
I freni anteriori sopportano l’80% dello sforzo
Poi, sempre alle ruote anteriori, chiediamo di frenare. Supponiamo che il carico verticale sia ripartito 50 davanti, 50 dietro. Appena tocchiamo i freni - poiché il baricentro non poggia sul terreno ma è a una certa altezza da terra - nascerà una coppia che tende a far abbassare il muso: si verifica, cioè, un trasferimento di carico verticale dal retrotreno all’avantreno.
Tale trasferimento aumenta quanto più efficace è l’azione frenante. Quindi i freni anteriori dovranno svolgere un compito molto più gravoso. Si calcola che oltre l’80% della forza frenante venga esercitata dai freni anteriori (per questo sono surdimensionati rispetto a quelli posteriori). E di conseguenza anche l’aderenza in frenata e l’usura del battistrada sono decisamente maggiori davanti.
Ora inseriamo la trazione. Se è anteriore, provochiamo un ulteriore aggravio ai pneumatici davanti. Se è posteriore, invece, attribuiamo qualcosa da fare a due ruote che, per la verità, finora, non hanno faticato molto. In entrambi i casi osserviamo che oggi è più facile pattinare in accelerazione che in frenata; scopriamo così che l’aderenza necessaria a scaricare i cavalli del motore è tutt’altro che trascurabile. E può anche essere maggiore di quella richiesta in frenata: dipende tutto dalla potenza di cui disponiamo. Non per nulla, nella F 1, pur frenando con decelerazioni da 4 g, i battistrada posteriori sono ben più larghi di quelli anteriori.
Come in frenata, così in accelerazione si verifica un trasferimento di carico, ma questa volta in senso opposto, cioè parte del carico passa dall’avantreno al retrotreno, indipendentemente da dove è la trazione. Ma gli effetti sono diversi: se la trazione è anteriore, il muso si alza, il carico verticale diminuisce, e l’aderenza (che è sempre una percentuale di tale carico) tende a zero, finché le ruote pattinano: la spinta del motore si esaurisce prima del valore teorico a macchina ferma. Se invece la trazione è dietro, ogni accelerazione incrementa il carico verticale sulle ruote motrici, che possono spingere con maggior aderenza. E questo innesca un circolo virtuoso che consente di scaricare ancora più cavalli. E così via. Ecco perché – dal punto di vista della trazione e della potenza scaricabile – nel confronto davanti-dietro vince la trazione posteriore (superata, sotto questo aspetto, solo dalla trazione integrale).
“La sbandata è inevitabile, improvvisa, non correggibile con una manovra istintiva. I maghi del controsterzo ci riescono, ma sono pochi”
La trazione anteriore perdona gli errori
Ci sono però due importanti considerazioni da fare. Cosa succede nella trazione anteriore quando – percorrendo una curva - togliamo il gas o quando acceleriamo troppo? Se acceleriamo troppo e le ruote pattinano, vuol dire che abbiamo utilizzato tutta l’aderenza in senso longitudinale e abbiamo annullato l’aderenza laterale: la vettura interrompe la traiettoria curva e va dritta per la tangente.
Si dice che la vettura va in sottosterzo. Ma basta sollevare il piede ed ecco che le ruote riacquistano aderenza e tornano in curva. Non solo, ma essendo sterzate forniscono una spinta nella direzione della curva: in questo senso si dice che le trazioni anteriori sono più facili da guidare perché hanno un comportamento istintivo e si controllano solo con l’acceleratore, dosando la trazione e giocando sulla deriva dei pneumatici. E senza rischiare tradimenti e sbandate, perché le ruote posteriori – quelle che “gestiscono” il testa-coda – non sono sollecitate e hanno tutta l’aderenza disponibile sul terreno.
Nel caso di trazione posteriore le cose cambiano. Se siamo in curva e applichiamo più coppia al retrotreno, avremo dapprima un maggior carico e maggior aderenza, ma se superiamo il limite (perché chiediamo contemporaneamente aderenza laterale e longitudinale) la prima forza che mancherà è l’appoggio laterale. E quando questo succede dietro, il testacoda è in vista. In una fase precedente, giocando la deriva dei pneumatici posteriori e dosando il gas con bravura, si può determinare un “sovrasterzo di potenza”, vale a dire un accenno di sbandata posteriore, che aiuta a chiudere la curva. Ma bisogna essere dei “manici”.
Quella posteriore tradisce, ma piace ai “manici”
Infine, il tradimento della trazione posteriore. Se percorriamo una curva al limite, per esempio sul bagnato, e togliamo gas a metà curva perché temiamo di non riuscire a finirla, succede che alleggeriamo il retrotreno, alias riduciamo l’aderenza dietro, mentre trasferiamo un po’ di carico davanti, incrementandone l’aderenza. Risultato: le ruote anteriori stringono maggiormente la curva e sollecitano ancora di più – lateralmente – i pneumatici posteriori. La sbandata è inevitabile, improvvisa, non correggibile con una manovra istintiva. I maghi del controsterzo ci riescono, ma sono pochi.
Ѐ questo comportamento “traditore” della trazione posteriore – reso ancor più colpevole in qualche modello “tutto dietro” - unitamente all’indiscutibile minor costo produttivo della soluzione “tutto avanti”, che ha reso trionfante, dagli anni Sessanta in poi, la trazione anteriore.