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Che non fosse un addio lo speravano in molti, e nell'aria si sentiva che la sua uscita di scena fosse solo temporanea. E ora Mazda l'ha finalmente confermato ufficialmente, dopo tante voci che sono circolate: il motore rotativo Wankel tornerà presto nella gamma. Attenzione però, perché avrà una mansione del tutto diversa da quella del classico propulsore come ha fatto fino alla RX-8: arriverà nella gamma del crossover elettrico MX-30 in qualità di supporto alla produzione energetica, in altre parole un "range-extender".
A ben pensarci, il Wankel potrebbe veramente essere un motore perfetto per questo lavoro: rispetto ad un tradizionale motore endotermico a pistoni, il rotativo è molto più compatto e sprigiona più potenza specifica (ovvero, il rapporto fra potenza e cubatura), permettendo quindi agli ingegneri di posizionarlo facilmente in auto e garantire ottime prestazioni energetiche. Fra l'altro, la minor temperatura media dei gas si traduce in un'emissione mediamente inferiore di inquinanti NOx (ossidi di azoto).
La Mazda MX-30 è nata come crossover da città con batteria di dimensioni contenute, intorno ai 35 kWh - valore massimo secondo Mazda per equilibrare le emissioni necessarie alla produzione e allo smaltimento dell'accumulatore, oltre al contenimento della massa della vettura. Un'ottima filosofia di "impegno" nell'ecosostenibilità che però ha il contro di garantire un'autonomia relativamente ridotta, intorno ai 200 km. Con un range-extender come il Wankel, una volta reso più affidabile con le nuove tecnologie, questo valore potrà crescere e rendere la MX-30 ancora più competitiva nel mercato.
Mazda presenterà ufficialmente la nuova MX-30 "ibrida" al Salone di Bruxelles, il prossimo 13 gennaio, e per il momento l'unica foto diffusa dal costruttore nipponico è il logo di questa nuova combo elettrico-rotativo: l'inconfondibile forma simil-triangolare con foro centrale di un rotore Wankel, con all'interno una lettera "e" stilizzata per mimetizzarsi nelle forme del pistone rotante.
Il Wankel in realtà non nasce direttamente da Mazda, ma suo il merito di averlo portato al successo mondiale. Il vero "padre" del motore rotativo fu l'ingegnere tedesco Felix Wankel, un tecnico realmente "puro": non aveva nemmeno la patente, ma godeva di tutte le conoscenze necessarie per studiare una potenziale rivoluzione in campo automobilistico. Fu poi NSU, uno storico produttore tedesco di automobili che iniziò la sua storia con macchine per magliera nel lontano 1873, a sostenere la vendita commerciale del brevetto di motore rotativo Wankel intorno agli Anni '50.
NSU man mano perse notorietà commerciale, fino ad essere acquisita da Volkswagen nel 1969 diventando parte della fusione Audi NSU Auto Union AG. Poco prima, l'ormai defunto costruttore tedesco aveva stipulato un accordo commerciale con Citroen per la produzione di un bi-rotore da montare sulla GS - e alla fine Citroen dovette studiarsi quasi tutto da sola, creando un motore rotativo che si dimostrò un vero disastro commerciale. Citroen arrivò anche ad offrire ai clienti di sostituire la propria GZ rotativa con una tradizionale CX a pistoni ultra-scontata.
Tutto questo perché il Wankel - che per gli standard degli Anni '60 veniva considerato molto più efficiente e potente rispetto agli endotermici tradizionali, occupando meno spazio e quasi azzerando le vibrazioni - in verità era incline a guasti meccanici dovuti alla sua generale delicatezza, e con l'arrivo dell'enorme crisi petrolifera del 1973 anche il suo elevato consumo di benzina iniziò a pesare sulle sue spalle. Questo portò i pochi costruttori che lo adoperavano ad abbandonarlo... ad eccezione di Mazda.
Mazda infatti continuò imperterrita ad adoperarlo, aggiornandolo e migliorandolo, fino a renderlo una caratteristica peculiare di molte vetture del marchio prima presente anche su coupé filanti come la Luce e poi, nell'era post-1973, divenuto sostanzialmente esclusivo delle sportive RX-7. Mazda riuscì a creare anche un quadri-rotore da montare sulla 787B che corse nella 24 Ore di Le Mans del 1991, riuscendo a vincere. Le sue prestazioni spinsero la Federazione a modificare il regolamento di gara a partire dall'anno successivo, impedendo a questa tipologia di motori anche solo di parteciparvi. Ancora oggi resta l'unica vettura nella storia a motore Wankel ad aver vinto una 24 Ore di Le Mans.
L'ultima macchina a motore Wankel di sempre fu la RX-8, erede della RX-7, che venne prodotta in oltre 192.000 esemplari diventando anche la più longeva nella storia con questo propulsore. Uscì di scena nel 2012 a causa delle stringenti norme anti-inquinamento (il NOx emesso è mediamente inferiore dei motori a pistoni con movimento alternato, ma gli idrocarburi incombusti sono tendenzialmente superiori), eppure in qualche modo si sentiva che il Wankel non fosse realmente finito con la RX-8 e che Mazda avesse qualcosa a bollire in pentola. E ora, finalmente, potremo rivedere un rotativo sotto il cofano di una Mazda con una nuova vita.
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