Matita d'Oro 2018: i car designers del mito

Matita d'Oro 2018: i car designers del mito
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Ad Ercole Spada e alla memoria di Tom Tjaarda il premio Matita d'Oro: ecco le nostre impressioni della serata di premiazione
19 febbraio 2018

La Matita d'Oro è subito diventata un'istituzione ed un appuntamento attesissimo per designers e cultori car design. Torino deve difendere la posizione dello stile nel mondo dell'auto e lo fa con entusiasmo e ragion d'essere. Questo contest, giunto alla sua seconda edizione, ha raggiunto un affluenza oltre ogni aspettativa. Si rivela infatti uno dei più coinvolgenti eventi volti a garantire un futuro alla cultura del car design italiano. Non bastano certo le numerosissime scuole e i variopinti master che stanno sorgendo attorno a questo tema infatti: al Mauto si incontrano ancora, e li si premia, i personaggi del dato di fatto, dei disegni autografi, esempi autentici di veri creativi.

Ai premiati è sempre stata richiesta o documentata con filmati, la propria capacità grafico-progettuale, vera prova del nove di genuina autenticità.

Sappiamo che la storia del car design ha avuto tre grandi periodi: quello delle forme sorte in officina, quello dello sviluppo dei carrozzieri e dei creativi e quello del design-managment attuale, caratterizzato da responsabili stile che generalmente non disegnano.

L'evento della serata di martedì celebra come non mai l'epoca d'oro, quella dei designers che creavano gettandosi a capofitto nei progetti, dividendosi tra martellerie e tecnigrafi.

La serata ha visto infatti la consegne della Matita d'Oro ad Ercole Spada e a Tom Tjaarda e la consegna del premio “Design senza Tempo” a tre giovanotti che l'anagrafe ha consegnato agli ottanta, ma non la creatività: Marcello Gandini, Giorgetto Giugiaro e Leonardo Fioravanti. Un adulto a conferirne il premio: il grandioso Aldo Brovarone.

Tra i tavoli degli amici di questi designers, ancora troppo giovani, altri illustri creativi completavano la fila che compone il capitolo più alto dello stile italiano: Paolo Martin ed Enrico Fumia, che molto ci hanno raccontato durante l'evento, come preziosi cronisti d'eccezione. Non scriviamo “alla memoria” di Tom perchè il suo pensiero è troppo attuale per soffermarci, inevitabilmente malinconici, sulla sua dipartita.

La serata, condotta dall'istrionico Chiambretti, è stata molto calorosa. Non puntigliosa ma avolgente. Il piacere era appunto il tema sottointeso che ha unito tutte le creazioni di queste straordinarie matite. Divertente il siparietto inevitabile, sorto in merito al tema di moda della guida autonoma, tacciata come noia mortale e fine dell'automobile dalla maggioranza i questi colossi del design. Anche Tjaarda, intervistato in merito due anni fa, si era precisamente espresso sulla noia e sul caos che si genererà per gli aggiornamenti software nella gestione di queste scatolette robot apatiche e dal pericolo gravissimo che gli hackers rappresenteranno. Farsi dare dei noiosi da degli 80/90 enni è un gran primato di innovazione!

Ercole Spada

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Lancia Fulvia Sport Zagato
Lancia Fulvia Sport Zagato
Alfa Romeo 2600 TZ di Spada per Zagato
Alfa Romeo 2600 TZ di Spada per Zagato

Avevamo percorso con lui le vie del Ricetto di Candelo e ci aveva raccontato più a sorrisi che parole le sue BMW E 34 ed E 32, mentre la sua Fulvia Zagato Daytona ci veniva descritta, accarezzandone la nervatura del parafango anteriore destro, quello della parabolica di Daytona.

Spada, a firma Zagato, scrisse il capitolo più moderno dello stile Lancia degli anni Sessanta: mentre le berline iniziavano ad avvitarsi nei frontali barocchi di Castagnero, sulle creazioni dell'Ing. Fessia, Spada interpretò la Flavia con una Coupé dallo stile stupefacente, contraddistinta dalla mascherina che piegava sul cofano ed i vetri posteriori che risalivano sul tetto. L'equilibrio tra linee curve e nervature dell'auto fu magistrale. Stupenda la Flaminia Super Sport, grande amore di Marcello Mastroianni. Quasi sperimentale la Fulvia Zagato: mentre le berline franavano in un frontale caricaturale degli stilemi Lancia, questa coupè ne rilanciava la modernità dello stile, andando oltre a quello della coeva (come produzione) Alfa Gt. Già, quella disegnata (due anni prima, nel '63) dal vicino premiato Giorgetto, allestita durante il servizio militare! Non osiamo parlare delle creazioni di Spada per Alfa Romeo, le sue preferite, che hanno riempito davvero le pagine della storia dell'auto. Spada è la grande anima dell'automobile milanese.

Giorgetto Giugiaro

Giugiaro, di cui tanto abbiamo parlato alla prima edizione della “Matita”, disegnò la concept Testudo, il cui percorso ispirò la Miura, passando per la creatività di Marcello Gandini.

Testudo: Giugiaro per Bertone
Testudo: Giugiaro per Bertone

 

Marcello Gandini

La splendida Stratos di Gandini
La splendida Stratos di Gandini

Quello dalle creazioni mitiche...seriali! Ma che per primo ricorda quanto mise sempre la stessa forza creativa in ogni lavoro, dalla Bx agli interni della R25, alla Mini 90. Gandini della Miura, della Stratos, Della Countach, della Quattroporte anni Novanta, non molto considerata, ma mai una Cenerentola. Con le sue Diablo, EB110, la prima stupenda Bmw serie 5, “figlia" della sua Jaguar Ft... Di Gandini possiamo dire che sia la dimostrazione di quel che sosteneva Bertoni: ci si può sempre sorpassare, migliorarsi, anche dopo aver fatto un capolavoro.

Aldo Brovarone e Leonardo Fioravanti

Ad un tratto decisero di “spartirsi” storicamente l'attribuzione delle auto disegnate per placare la stampa: dopo la Dino giusto dire che le Ferrari fossero di Fioravanti, che tanti dettagli delle auto di Brovarone ha curato, aggiustato e migliorato (compreso nella Dino). Ma la F40 no, guai, quella deve sempre essere attribuita a Brovarone. Vero che giunse già impostata dall'ing. Materazzi in Ferrari, ma fu Aldo a renderla così bella là dove era già buona. Fioravanti mise mano un po' a tutto ciò che passò in Pininfarina nel suo periodo. Promosso da Renzo Carli, si distinse sempre per lo studio ingegneristico e poi aerodinamico da applicare ai progetti suoi o a quelli da rifinire in Pininfarina. Celebre la bagarre tra lui e Martin sulle vicende riguardo alla attribuzione della paternità della travagliata BMC, ancora oggi in grado di suscitare scintille.

A proposito di Martin quest'anno si festeggiano i cinquant'anni della sua stupenda Rolls Royce Camargue, ci saremo.

La Dino di Brovarone, rifinita dal giovane Fioravanti
La Dino di Brovarone, rifinita dal giovane Fioravanti

Che dire di Tom Tjaarda

Altro grande, qui celebrato? Era esposto uno dei suoi ultimi lavori, la Tom Tjaarda Rodine. Noi siamo stati i primi ad averla guidata tra i colli di Alba – a dire il vero dopo un'avvenente fanciulla dalla guida provetta - e ci ha colpito magnificamente. Lasciamo dunque raccontare a quest'auto straordinaria il pensiero di Tom, il designer che “parlava americano ma disegnava in italiano”, come rispose un giorno.

Rondine è dannatamente glamour, con i suoi pellami scelti nel colore e nel tipo, i dettagli degli interni curatissimi, fatti a mano, ed il suo colore unico. Piacerebbe a chi rimpiange lo charme avvolgente della Austin Healey, californiana d'adozione. Il comportamento su strada della Rondine è quanto mai appassionante: rigida ma comoda, mangia i tornanti con uno stile glorioso, tutto italiano, avvalendosi di un motore 2000 Fiat (124) completamente rivisitato, reso estremamente prestante dai carburatori DCNF Weber 40 della Dino, collettore Alquati ribassato, marmitta doppio scarico inox. Scatola sterzo, freni e carreggiate sono stati totalmente rivisitati rispetto alla “124 spider” e pure il serbatoio è posto ad un livello più centrale, in alluminio: riportiamo queste nozioni per dire che l'etereo designer “senza orologio” sapeva in realtà perfettamente proporzionare non solo lo stile, ma pure la meccanica, la telaistica e il piacere globale che l'auto doveva suscitare.

Tom era intransigente: quando gli proposero una righina adesiva a mascherare la giunzione difficilissima da realizzare tra le due colorazioni diverse in fiancata della “Targa”- da lui detta “La Bomba”- si faticò a trattenerlo: “Tenetevela allora, me ne vado”. Questo perchè nello stile la visualizzazione del progetto non concede deviazioni di compromesso. Rondine, Targa ed Escondido. L'ultimo tris di auto che Tom ci aveva direttamente presentato in foto, nei racconti e nei disegni, tenuti in cartelle trasparenti nel suo studio. Era esattamente il 16 febbraio 2016 infatti quando Tom ci presentò, oltre alle foto della nota Rondine, le prime foto della Targa in costruzione. L'abbiamo vista il mese scorso e attendiamo che un grande amico di Tom ce la racconti, come promesso. L'ultima creatura si chiama Escondido, come il paese della California, che Tom tanto amava. Andremo a trovare anche lei quanto prima e ci sembrerà di ascoltare un nuovo racconto di Tom.

 “Tom Tjaarda – Rondine”
“Tom Tjaarda – Rondine”

Rodolfo Gaffino Rossi

Un inaspettato e meritatissimo premio è stato consegnato al commosso Rodolfo Gaffino Rossi, che per diciott'anni ha saputo dirigere il Museo dell'Automobile nel migliore dei modi, con grandissimo zelo, perizia ed entusiasmo. Forse però, il vero premio per lui è stata la soddisfazione al momento del comiato dal Mauto, di poter vedere riuniti sul palco i migliori protagonisti dell'automobile italiana accanto a se, grazie al suo lavoro.

Alessandro Sammartini

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