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80 anni fa, il 30 maggio del 1939, per la prima volta una vettura italiana vinceva la 500 Miglia di Indianapolis. Era la Maserati 8CTF “Boyle Special” acquistata all’inizio dell’anno dalla scuderia di Chicago Boyle Racing Headquarters, che trionfò con il pilota Warren Wilbur Shaw dopo 4 ore e 20 minuti alla media di 185 km/h.
Shaw bissò l’anno successivo sempre a bordo della 8CTF, portando a tre le vittorie personali nella Indy 500 (la prima nel 1937). Il telaio della monoposto del Tridente riprendeva la classica struttura dell’epoca, con due longheroni in profilati d’acciaio e traverse e un motore a 8 cilindri verticali in linea costituito da due gruppi di 4 fusi in blocco unico con la testata: da qui la sigla 8CTF, cioè 8 cilindri e “testa fissa”.
La cilindrata era di 2991,4 cc (3 litri era il limite di allora per i motori sovralimentati), il rapporto di compressione di 6,5:1 e l’alimentazione era forzata, con due carburatori e due compressori volumetrici. La distribuzione, a due valvole per cilindro disposte a V di 90°, era comandata da due alberi a camme in testa. Aveva 365 CV, pesava 780 kg e raggiungeva i 290 km/h.
La Maserati 8CTF arrivava ad Indianapolis dopo aver partecipato ad alcune corse nel 1938 dove aveva dimostrato il suo grande potenziale con il Conte Carlo Felice Trossi aveva condotto al comando alcuni giri nel GP di Tripoli e aveva ottenuto la pole position nella Coppa Ciano, mentre Gigi Villoresi si era aggiudicato il giro più veloce alla Coppa Acerbo.
La vettura, una volta arrivata in America, fu allestita per la corsa con ruote maggiorate e pneumatici Firestone. Fu adottata la livrea di colore amaranto che caratterizzava la Boyle Racing Headquarters ed iscritta come “Boyle Special”. Shaw partì con il terzo tempo di qualifica ottenuto a quasi 129 miglia orarie (pari a 207.7 km/h) e si aggiudicò la gara, con 51 giri in testa dopo una dura lotta con la Stevens-Winfield di Louis Meyer e la Adams-Sparks di Jimmy Snyder. Nel 1939 furono tre le Maserati 8CTF iscritte alla mitica corsa americana. Vinse ancora Shaw.
La carriera nelle corse della vettura terminò solo nel 1950, dopo che Bill Vulcanich non si qualificò alla 500 Miglia di Indianapolis di quell’anno. Per vedere un pilota di un’altra vettura italiana stappare il... latte (come si usa a Indianapolis dal 1933) si dovrà attendere il 1998, quando a vincere sarà Eddie Cheever su una monoposto con telaio Dallara che da allora fino ai giorni nostri è il costruttore più presente e vincente della IndyCar.
A provarci a Indianapolis, ma senza successo per via di una rottura, è stata anche Ferrari con la 375 Indianapolis affidata nel 1952 a Alberto Ascari e ai piloti americani Johnnie Parsons, Bobby Ball e Johnny Mauro. L’idea di vincere la “Indy” solleticherà ancora una volta Enzo Ferrari nel 1986 con la Ferrari 637 Indy, che però non partecipò mai alla corsa americana così come al campionato Formula Cart per cui era stata concepita.