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A pochi giorni di distanza dalla fusione tra Fiat e Chrysler grazie all'accordo raggiunto con Veba, l'Amministratore Delegato del Gruppo, Sergio Marchionne, è tornato a parlare, nel corso di una intervista a Repubblica, di questa operazione finanziaria e del futuro dell'alleanza.
Interpellato dal Ezio Mauro sull'indebitamento del Gruppo dopo l'operazione Chrysler, Marchionne ha risposto: «Non sono preoccupato proprio no. L'aumento di capitale sarebbe una distruzione di valore e il convertendo potrebbe essere una misura adatta».
Un nuovo nome per il Gruppo, La sede? Si vedrà
A riguardo della nomenclatura della nuova società nata dalla fusione tra Fiat e Chrysler Marchionne ha precisato che questa «avrà un nome nuovo», mentre, interrogato su quando avverrà la fusione, il top manager italo-canadese ha dichiarato: «spero subito, con l'approvazione del dividendo Chrysler di 1,9 miliardi».
La nuova società sarà quotata a Milano e «dove c'è un accesso più facile ai capitali. Il mercato più fluido è quello di New York, ma deciderà il C.d.A.». Inoltre non è scontato che la sede del neonato colosso automobilistico continui ad essere in Italia: «La sede sarà decisa in base alla scelta di Borsa», ma ha «un valore puramente simbolico, emotivo».
Ci hanno guadagnato anche gli Italiani?
La parte più interessante dell'intervista di Ezio Mauro però arriva quando Marchionne inizia a parlare della situazione italiana, di Alfa Romeo e Lancia e di come verrà rilanciata l'occupazione negli stabilimenti della Penisola.
Sono in molti a pensare che l'operazione del manager italo-canadese infatti sia un successo americano, che però peggiora la situazione di operi e stabilimenti italiani, ma Marchionne non ha dubbi: «Semmai è vero il contrario. Questa operazione ha riparato Fiat e i suoi lavoratori dalla tempesta della crisi italiana ed europea, che non è affatto finita. Non solo: ha dato la possibilità di sopravvivere all'industria automobilistica italiana in un mercato dimezzato. Altrimenti non ce l'avremmo più. E invece potrà ripartire con basi, dimensioni e reti più forti».
Tutti i lavoratori rientreranno dalla cassa integrazione
«Tutti i lavoratori» degli stabilimenti italiani rientreranno dalla cassa integrazione, afferma l'A.D. Di Fiat-Chrysler. Marchionne nega che ci sia una clausola di protezione dell'occupazione americana nell'accordo con Veba. «Neanche per sogno - afferma - sarebbe una cosa tipicamente italiana, che là non è venuta in mente a nessuno».
“Tutti i lavoratori degli stabilimenti italiani rientreranno dalla cassa integrazione”
Con l'arrivo della crisi la maggior parte dei costruttori ha scelto la strada degli investimenti per sostenere la domanda con nuovi prodotti, Fiat invece ha preso una strada opposta, tanto che quando Marchionne è arrivato a Torino l'azienda produceva in Italia 1 milione di pezzi e oggi solo 370.000.
Perché Marchionne ha puntato sui nuovi modelli
E' lecito chiedersi quindi se ripartiranno davvero gli stabilimenti della penisola: «Se ritorniamo al punto in cui Fiat doveva investire in controtendenza in questi anni di mercato calante, io non ci sto, perché se posso scegliere preferisco evitare la bancarotta. Peugeot ha investito, e oggi si vede che i soldi sono usciti, ma il mercato non c'è. In più bisogna tener conto che le auto invecchiano, e un modello lanciato (e non comprato) durante la crisi sarà vecchio a crisi finita, quando i consumi possono ripartire. No, la strada è un'altra».
Come crescere? Alfa Romeo è l'asso nella manica
Intanto il Financial Times fa notore che le 4,4 milioni di vetture prodotte nell'ultimo anno da Fiat-Chrysler sono solo la metà di quelle costruite da Toyota, ma l'Amministratore Delegato ha un asso nella manica che si chiama Alfa Romeo. «Se adesso che ho Chrysler valgo mezza Toyota, quale sarebbe il mio valore senza l'America? Quanto alle automobili, al salone di Detroit 2011 abbiamo presentato 16 nuovi modelli tutti insieme. E aspettiamo il nuovo piano Alfa Romeo, per favore, prima di parlare».
Le parole di Marchionne lasciano intendere che lo sviluppo dei nuovi modelli del Biscione è già a pieno regime: «In capannoni-fantasma, mimetizzati in giro per l'Italia, squadre di uomini nostri stanno preparando i nuovi modelli Alfa Romeo che annunceremo ad aprile e cambieranno l'immagine del marchio, riportandolo all'eccellenza assoluta».
“Il dna dell'Alfa dev'essere autenticamente tutto italiano, sempre, non potrà mai diventare americano. Basta anche coi motori Fiat nell'Alfa Romeo”
Alfa ai tedeschi? Mai!
Su una vendita di Alfa ai tedeschi del Gruppo Volkswagen poi Marchionne non ha nessun dubbio: «Se la possono sognare. E credo che la sognino, infatti. L'Alfa è centrale nella nostra nuova strategia. Ma come la Jeep è venduta in tutto il mondo ma è americana fino al midollo, così il dna dell'Alfa dev'essere autenticamente tutto italiano, sempre, non potrà mai diventare americano. Basta anche coi motori Fiat nell'Alfa Romeo. Così come sarebbe stato un errore produrre il SUV Maserati a Detroit: e infatti resterà a casa».
Lancia? Estinzione (amara) all'orizzonte
Mentre nasce la gamma 500, si intravede un futuro nero per Lancia, che testimonia la sostanziale inefficacia della strategia di rebranding che voleva portare in Europa modelli americani rimarchiati (Voyager, Thema, Flavia): «Fiat andrà nella parte alta del mass market, con le famiglie Panda e Cinquecento, e uscirà dal segmento basso e intermedio. Lancia diventerà un marchio soltanto per il mercato italiano, nella linea Y. Come vede la vera scommessa è utilizzare tutta la rete industriale per produrre il nuovo sviluppo dell'Alfa, rilanciandola come eccellenza italiana».
Italia: quali stabilimenti produrrano cosa
L'Amministratore Delegato finisce poi con spiegare quali modelli verranno prodotti in Italia e in« quali stabilimenti: «Ecco il quadro. Nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, compreso un nuovo suv e qualcos'altro che non le dico. A Melfi la 500 X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino, che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio Alfa Romeo. Mi impegno: quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo».