Marchionne: «Abbandonare i lavoratori? No ma è necessario costruire un sistema competitivo»

Marchionne: «Abbandonare i lavoratori? No ma è necessario costruire un sistema competitivo»
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Al Salone di Parigi, l’AD Fiat Chrysler Marchionne ribadisce la necessità di costruire per il Paese un sistema che favorisca l’export e intanto loda il lavoro dei due Mario (Monti e Draghi): «Santi per quello che fanno»
27 settembre 2012

Sull’esempio della reazione messa in atto dal Governo americano dopo la crisi del 2008/2009, anche l’Italia porrebbe le basi di una ripartenza mettendo industrie e lavoratori nelle condizioni di poter esportare maggiormente i propri prodotti, non solo nel mercato Europeo, ma soprattutto in quello mondiale. Taglio del valore del dollaro, iniezioni di capitali, bassi tassi di interesse, con questa formula gli Stati Uniti hanno fortemente voluto rilanciare il Paese e ci stanno riuscendo, ricominciando a crescere.

Anche la Germania ha costruito un sistema che favorisce l’export dei propri prodotti, soprattutto quelli di alta gamma. Se poi si aggiungesse una semplificazione della fiscalità e una maggiore stabilità ecco che anche in Italia si potrebbero nuovamente accelerare i processi produttivi che vedrebbero i siti italiani costruire (nel caso del Gruppo Fiat) vetture utili per il mercato americano.

Si perché proprio negli Stati Uniti la richiesta di prodotti del Gruppo Chrysler, in particolare Jeep, sta per superare la capacità produttiva. USA, Canada e in parte il Messico, a breve con il lancio di nuovi modelli, potrebbero non star più dietro agli ordini. Ed ecco che allora l’Italia e i suoi stabilimenti sarebbero utilissimi con la loro capacità produttiva. In questo nuovo quadro di generale maggiore stabilità economica, sarebbe anche piú facile attirare capitali stranieri che ridarebbero posti di lavoro e aumenterebbero i consumi.

Ma per far sì che tutto ciò accada, ci vogliono le basi. E su questo Marchionne sta lavorando con il Governo. Non certo per chiedere aiuti. Il discorso è in realtà ancora più ampio e dovrebbe trovare un impegno non solo italiano ma europeo. Pur lodando in maniera evidente il lavoro dei due Mario, un nome definito oggi dall’AD di Fiat «Santo per l’impegno e il lavoro che stanno facendo», è evidente che un piano di tale portata sia molto difficile ma altrettanto fondamentale.

Ecco perché diventa allora difficile rispondere a domande sulle tempistiche delle prossime mosse. Quando si faranno nuovi modelli («oggi progettare un’auto costa 1-1,5 mld di Euro, non si può sbagliare»), quando Fiat e Chrysler si fonderanno completamente, quando si conoscerà il futuro degli stabilimenti produttivi. Certo un primo passo importante è stato fatto, senza l’accordo tra Fiat e Crhysler oggi non ci sarebbero nemmeno le basi per poter parlare di progetti futuri, altro che di nuovi modelli.

E dunque, se Marchionne ha avviato un lavoro di ricostruzione, che come quello del Premier Monti per l’Italia, ha avuto la priorità assoluta di creare le basi per la ripartenza. Oggi più che mai, i desideri di Fiat, coincidono con quelli di rinascita industriale di tutto il Paese: costruire un futuro che dia maggiore competitività alla rete industriale e ai prodotti italiani nel mondo.

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