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Come, puntualmente, avviene a ogni cambio di schieramento politico in Parlamento, si ritorna a parlare del Codice della Strada e dei provvedimenti per farlo evolvere (o involvere, a seconda di come li si guarda).
Ogni norma, si sa, oltre che interessante deve anche essere sostenibile. E, in questo caso, almeno a quanto leggiamo sul quotidiano Il Messaggero, il governo, per bocca del ministero dell'Economia e delle Finanze, avrebbe espresso più di un dubbio sulla fattibilità economica dei progetti presentati ieri alla Camera.
La prima norma ad aver ricevuto un semaforo rosso dal governo è stata quella che stabilisce un obbligo, a carico dei Comuni, di delimitare le zone scolastiche e imporre al loro interno il limite di velocità dei 30 all'ora. Risposta - secca - del Mef: i guadagni derivanti dalle sanzioni per chi viola i limiti non sono certi e pertanto le coperture non risulterebbero garantite.
Sempre in ambito “scolastico” e sempre secondo quanto scrive il Messaggero, un altro stop è quello che riguarda il divieto di circolazione degli scuolabus sprovvisti di cinture di sicurezza. Un principio buono e giusto ma che, anche in questo caso, fa i conti senza l'oste. Cioè lo Stato, che dovrebbe farsi carico dei 2 milioni e mezzo di euro necessari ad aggiornare gli 11 mila mezzi dei sistemi oggi mancanti. Troppi: bocciata.
Stesso discorso, infine, per l'esenzione dei pedaggi autostradali per i veicoli delle organizzazioni del terzo settore e per l'eliminazione del bollo per le auto storiche.
Ma aldilà delle singole questioni, in definitiva, quel che lascia sempre di stucco è la facilità con cui i nostri rappresentanti considerano il nostro Paese come diverso da tutti gli altri. E, peccando anche di una certa presunzione, addirittura come un esempio da seguire. E invece, analizzando a fondo le vicende che da anni accompagnano l'iter legislativo del Codice della Strada, quel che emerge è soprattutto l'infantilismo, per non dire l'inadeguatezza, del Parlamento nel inventare metodi e sistemi da convertire in legge e introdurre nel Cds, salvo poi tornare indietro dopo averne constatato l'inefficacia o l'impossibilità di una corretta applicazione.