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Un grande protagonista negli anni Cinquanta, per quanto riguarda le “microvetture”, è stato il Messerschmitt KR con due posti in tandem e capottina di tipo aeronautico (come era logico aspettarsi, viste le grandi tradizioni della casa in tale campo), costruito dal 1953 al 1956 in versioni di 175 e di 200 cm3, con potenze rispettivamente di 9 e di 11 cavalli. In entrambi i casi questo singolare veicolo, dotato di due ruote anteriori e di una posteriore, era azionato da un motore monocilindrico a due tempi prodotto dalla Fichtel & Sachs. I freni, che ovviamente erano a tamburo, venivano azionati meccanicamente. La produzione totale delle Messerschmitt KR 175 e KR 200 è stata di svariate decine di migliaia di unità. Di uno di questi veicoli è stata allestita una versione da record che nel 1955 ha stabilito alcuni primati di velocità sulla pista di Hockenheim.
La casa motociclistica Mi-Val di Gardone Valtrompia (Brescia) ha acquisito la licenza di fabbricazione della KR per l’Italia, realizzando il famoso Mivalino, con motore di propria produzione, che però non ha incontrato i favori del pubblico nostrano. Pare che tra il 1954 e il 1955 dal suo stabilimento ne siano usciti poco più di cento esemplari.
Nel 1956 la Messerschmitt ha ceduto i diritti di costruzione e le strutture produttive del suo veicolo a tre ruote alla FMR, che ha continuato a costruire il KR 200 fino al 1964, anche se in numeri che diventavano di anno in anno più modesti. Questa azienda ha realizzato una nuova versione a quattro ruote del mezzo, denominandola TG 500, che aveva finalmente i freni a comando idraulico e un motore bicilindrico da 19,5 CV che le consentiva di superare i 125 km/h. E’ stata prodotta in poco più di 300 esemplari, oggi ricercatissimi dagli appassionati.
Pure un’altra casa celebre per i suoi trascorsi aeronautici dopo la seconda guerra mondiale si è dovuta ridimensionare drasticamente ed è stata costretta a rivolgere le sue attenzioni ad altri settori. Si tratta della Heinkel che, tra il 1956 e il 1958, ha costruito oltre 6000 unità della sua bubble car, fortemente ispirata alla Isetta. Il motore impiegato era un monocilindrico a quattro tempi realizzato in versioni di 175 e di 200 cm3. Di questo veicolo, nato a tre ruote, in seguito è stato costruito anche un certo numero di esemplari a quattro ruote. Un notevole successo la Heinkel Kabine (come si chiamava questa bubble car) lo ha avuto in Inghilterra, dove è stata fabbricata su licenza dalla Trojan (fino al 1966!); numeri interessanti sono anche stati prodotti in Argentina.
Un veicolo davvero fuori dall’ordinario è stato prodotto nel 1957 e nel 1958 dalla Zundapp, famosa a livello mondiale per le sue eccellenti moto. Il suo nome, Janus, gli andava a pennello perché si trattava di un veicolo “bifronte”. Un portellone collocato frontalmente dava accesso ai due posti anteriori mentre un secondo portellone, disposto simmetricamente, serviva per i due passeggeri posteriori, che si accomodavano su di un sedile a panchetta rivolto all’indietro (non proprio il massimo della vita, in quanto a confort!). In mezzo, cioè tra i sedili anteriori e posteriori, era collocato un motore monocilindrico a due tempi di 250 cm3, che erogava 14 cavalli. Di questa microvettura decisamente unica sono stati costruiti circa 7000 esemplari.
Più di un accenno meritano le realizzazioni della Glas e della Vespa France, tutte e due a quattro ruote, di piccole dimensioni ma sicuramente automobilistiche come aspetto e come soluzioni. Non si trattava quindi di bubble cars ma di autentiche microvetture. L’azienda tedesca ha prodotto a partire dal 1955 le sue celebri Goggomobil, azionate da bicilindrici a due tempi raffreddati ad aria di 250, 300 e 400 cm3, collocati posteriormente. Si trattava anche in questo caso di motori di schema tipicamente motociclistico, con trasmissione primaria a ingranaggi, frizione in bagno d’olio e cambio in cascata non sincronizzato.
Il successo è stato straordinario, con oltre 280.000 pezzi costruiti e con una produzione che è andata avanti fino alla seconda metà degli anni Sessanta, quando l’azienda era già stata acquisita dalla BMW.
La Vespa 400 è stata fabbricata dal 1957 al 1961 in circa 28.000 unità. Pure in questo caso il motore, un bicilindrico a due tempi raffreddato ad aria, era montato posteriormente. Spiccava l’aspirazione che, invece di essere controllata dal pistone, come negli altri due tempi dell’epoca, era regolata, in ciascuna camera di manovella, da uno dei volantini dell’albero a gomiti, conformato in modo da fungere da otturatore rotante. Questa soluzione tecnica è stata a lungo impiegata, con ottimi risultati, dalla Piaggio per i suoi scooter e i suoi ciclomotori.
La scelta da parte di diversi costruttori di microvetture di impiegare motori a due tempi si spiega col fatto che essi sono notevolmente più semplici e più economici di quelli a quattro tempi. Niente valvole a fungo, con relativi sistemi di comando, testa enormemente meno complessa (si riduce a un vero e proprio coperchio di chiusura del cilindro), niente pompa dell’olio. E poi questi motori sono più compatti e leggeri. Il rovescio della medaglia è costituito dal maggior consumo a parità di potenza erogata (ciò nel nostro caso è di importanza relativa, date le modeste cilindrate in gioco) e dalla considerevole fumosità di scarico. Ma all’epoca non si parlava di inquinamento…