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Da diversi decenni nelle auto da competizione il motore e il cambio sono montati alle spalle del pilota. Per la verità, di quando in quando tra i prototipi e le GT qualche esemplare diverso c’è (basta pensare alla straordinaria Panoz e alla Viper che hanno corso in diverse edizioni della 24 ore di Le Mans), ma si tratta di tentativi sporadici.
Per quanto riguarda le monoposto di F1, è addirittura dal 1961 che non se ne vede una a motore anteriore… Tra i modelli di serie, invece, da molto tempo si è affermata la soluzione opposta e, come tutti ben sappiamo, il motore è piazzato davanti all’abitacolo.
Fanno eccezione soltanto le Porsche con motore boxer e alcune auto ultrasportive di altissimo livello (i due nomi che vengono subito alla mente sono Ferrari e Lamborghini), costruite in numeri piuttosto limitati. E poi, da qualche tempo a questa parte anche un paio di interessanti minivetture come la Smart e la Twingo hanno il motore collocato posteriormente. In passato quest’ultimo schema costruttivo ha avuto però una larga diffusione; è stato infatti adottato da grandi case per modelli che sono stati costruiti in milioni e milioni di esemplari. Basta pensare alle Fiat 500, 600 e 850, alla Simca 1000, alle Renault 4CV e Dauphine e al mitico Maggiolino Volkswagen…
Perchè dietro?
Cosa ha spinto diversi grandi tecnici a preferire la disposizione posteriore del motore a quella tradizionale? La maggior parte delle vetture che hanno adottato la soluzione “tutto dietro” erano di piccola cilindrata o comunque di impostazione utilitaria e hanno scelto tale schema perché consentiva di contenere i costi di produzione. Niente albero di trasmissione con relativi giunti, parti meccaniche concentrate in unico gruppo (non si dimentichi che all’epoca la soluzione imperante prevedeva il motore anteriore e la trazione posteriore). E poi, maggior spazio nell’abitacolo, grazie all’abolizione del tunnel centrale e possibilità di ottenere una eccellente profilatura aerodinamica.
Questi erano punti di forza, ma la soluzione prestava anche il fianco ad alcune critiche. La distribuzione dei pesi, con il motore montato a sbalzo, non era proprio ottimale e poteva influire negativamente sul comportamento su strada del veicolo (non si devono comunque dimenticare, in proposito, i grandi successi delle Porsche a sei cilindri realizzate proprio con questo schema!).
Qualcuno diceva che il raffreddamento dell’unità motrice poteva essere problematico, almeno in alcuni casi, e che il riscaldamento dell’abitacolo poteva risultare difficoltoso (ma c’è da pensare che una volta questa non fosse una voce di particolare importanza…). Per avere un ampio spazio nell’abitacolo era necessario, come detto, che il motore fosse piazzato dietro l’asse delle ruote posteriori; era pertanto fondamentale che il suo peso fosse ridotto al minimo.
Anche per questo motivo risultava vantaggioso il raffreddamento ad aria, che ovviamente era del tipo forzato mediante ventola. Non si deve dimenticare, in proposito, che all’epoca nei motori raffreddati ad acqua, la quantità di quest’ultima era cospicua e le intercapedini nel blocco cilindri erano di grandi dimensioni…
È bene ricordare che nelle auto da corsa il motore viene piazzato all’interno del passo, subito alle spalle del pilota; la cosa consente di avere una distribuzione dei pesi pressoché ottimale e di avere le masse ben concentrate nella parte centrale del veicolo, a vantaggio del comportamento su strada.
Tralasciamo in questa sede il periodo pionieristico, con i suoi tricicli e le sue vere e proprie carrozze motorizzate, e concentriamo le attenzioni sulle realizzazioni di serie già dotate di una decisa fisionomia automobilistica. E rimandiamo a un’altra occasione le considerazioni relative alla evoluzione tecnica delle vetture da competizione con il propulsore piazzato alle spalle del pilota.
Le prime proposte del motore posteriore arrivano dall'Europa centrale
La storia delle auto con motore posteriore per lungo tempo è stata concentrata in Europa centrale, con proposte, prototipi e primi modelli apparsi in Germania e in Cecoslovacchia e con i principali protagonisti della scena nati in Austria.
Dopo un coraggioso tentativo da parte della inglese GWK, che tra il 1911 e la fine degli anni Venti ha prodotto alcune centinaia di auto con motore trasversale e trasmissione a variatore, va ricordata la piccola vettura 2/10 PS della tedesca Hanomag, soprannominata “la pagnotta”, che tra il 1924 e il 1928 è stata costruita in oltre 15.000 esemplari. Questo veicolo semplice e spartano, ma al tempo stesso razionale, era azionato da un monocilindrico raffreddato ad acqua di 500 cm3; la trasmissione finale era a catena.
La disposizione posteriore del motore si prestava particolarmente bene alla realizzazione di veicoli con una estetica innovativa. Paul Jaray ha avanzato proposte molto in avanti rispetto ai tempi, realizzando progetti di vetture particolarmente profilate che sono stati presi in considerazione da diversi costruttori tedeschi e che hanno influenzato le scelte stilistiche della Tatra relative ad alcuni eccellenti modelli di serie degli anni Trenta.
La vettura ultraeconomica a motore posteriore
Josef Ganz è stato un grande sostenitore della vettura ultraeconomica a motore posteriore. Un prototipo da lui disegnato è stato realizzato dalla Ardie (una casa motociclistica attiva fino agli anni Cinquanta) nel 1930. L’anno seguente è stata la volta di un altro mezzo di questo stesso genere, prodotto su suo progetto dalla Adler. I suoi sforzi si sono concretizzati nella Standard Superior, presentata al Salone di Berlino del 1933, azionata da un motore bicilindrico a due tempi raffreddato ad aria, che è stata prodotta poi in varie centinaia di esemplari.
Gli anni Trenta sono stati fondamentali per l’affermazione delle auto a motore posteriore per merito di due grandi tecnici, Hans Ledwinka e Ferdinand Porsche. Al primo sono dovute le Tatra, mentre il secondo è stato, tra l’altro (!), il padre della mitica Volkswagen Maggiolino. Le auto costruite dalla casa cecoslovacca, che all’inizio della sua storia si chiamava Nesselsdorfer Wagenbau ed era in effetti austriaca, erano di ottimo livello tecnico ma di struttura complessivamente tradizionale quando Ledwinka (capo progettista tra il 1921 e il 1937) ha realizzato il primo prototipo a motore posteriore, contrassegnato dalla sigla V570, nel 1931. Questa vettura, azionata da un bicilindrico boxer di 850 cm3 raffreddato ad aria, si è poi evoluta nella seconda versione, dotata di una carrozzeria aerodinamica ispirata dai progetti di Jaray, apparsa nel 1933 e rimaste essa pure allo stadio di prototipo.
La diretta discendente di queste auto sperimentali è stata la tipo 97, presentata nel 1936 ed entrata in produzione l’anno successivo, venendo costruita fino al 1939 in soli 500 esemplari. Ad azionarla provvedeva un motore boxer a quattro cilindri di 1750 cm3 raffreddato ad aria. Si trattava di un’auto tecnicamente assai valida e stilisticamente avanzata, ma la Tatra puntava, oltre che sui veicoli industriali (settore nel quale è sempre stata molto forte), sulle vetture di grossa cilindrata, destinate a una clientela esigente.
E infatti già nel 1933 aveva messo in produzione la tipo 77, azionata da un V8 raffreddato ad aria di 3400 cm3, montato posteriormente, con distribuzione ad aste e bilancieri. Questo modello è stato il progenitore della straordinaria tipo 87, munita di un nuovo V8 di 2,9 litri con distribuzione monoalbero, della potenza di 85 CV. Questa vettura è stata costruita anche nel dopoguerra, fino al 1950, in un totale di circa 3000 unità, ed è stata seguita dalla celebre T 603, mossa da un V8 di 2500 cm3, sempre raffreddato ad aria (ma con distribuzione ad aste e bilancieri), che è stata prodotta per una ventina d’anni in circa 20.000 esemplari. La potenza dai 105 della versione iniziale è arrivata in seguito fino a 153 cavalli.
Il primo progetto di “auto del popolo” di Ferdinand Porsche risale al 1931; si trattava del tipo 12 e inizialmente prevedeva l’impiego di un motore stellare a tre cilindri. Nel settembre di quell’anno il grande progettista è entrato in contatto con la Zundapp, usando per la prima volta la parola Volkswagen. I prototipi, per i quali i tecnici della casa di Norimberga avevano allestito un motore stellare a cinque cilindri raffreddato ad acqua (mentre Porsche aveva scelto un boxer a quattro cilindri con raffreddamento ad acqua) sono stati costruiti nel 1932. Verso la fine del 1933 è stata la NSU a realizzare altri prototipi su progetto del grande Ferdinand e l’estetica è diventata assai simile a quella che sarebbe poi stata adottata per il Maggiolino.
Il Maggiolino prodotto di serie all'inizio della guerra
Anche in questo caso non si è passati poi a una produzione di serie, ma il programma che aveva come obiettivo la realizzazione di un’auto del popolo è andato avanti con il supporto dello stato e con obiettivi, a livello di costi, di consumi e di prestazioni, fissati dal cancelliere in persona. Dal 1936 al 1938 sono stati realizzati numerosi prototipi, nella maggior parte dei casi costruiti dalla Mercedes-Benz, sempre su progetto Porsche, e sono stati studiati e provati vari motori (un paio erano a due tempi!). Il risultato finale, che tutti ben conosciamo, è stato il Maggiolino, entrato in produzione di serie quando la seconda guerra mondiale era appena iniziata.
Per contenere il peso del suo quadricilindrico boxer, Ferdinand Porsche aveva sin dall’inizio previsto che il basamento venisse realizzato non in alluminio, ma in lega di magnesio. Questa soluzione ha caratterizzato tutte le Volkswagen prodotte dal 1950 in poi.
È interessante ricordare che negli anni Trenta anche la Mercedes ha costruito delle auto a motore posteriore. Si tratta di modelli che non hanno avuto un particolare successo (non erano quello che la maggior parte della clientela si aspettava dalla casa di Stoccarda) ma che sono stati indubbiamente significativi. La 130 H (questa lettera sta per Heckmotor, cioè appunto motore posteriore) è entrata in produzione nel 1933, con motore a quattro cilindri da 26 cavalli raffreddato ad acqua e montato a sbalzo. Era invece all’interno del passo (ossia in posizione posteriore-centrale) quello da 55 CV della 150 a due posti, apparsa nel 1934. La 170 H del 1935 aveva la stessa disposizione degli organi meccanici adottata sulla 130, una estetica nettamente più aerodinamica e moderna e disponeva di 38 cavalli. In totale, la Mercedes ha costruito circa 10.000 esemplari di questi tre modelli.