Le auto turbo compiono 50 anni

Le auto turbo compiono 50 anni
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Nel 1962 sono entrate in produzione le prime due vetture di serie dotate di turbocompressore. Non hanno avuto successo, ma in seguito la situazione è cambiata radicalmente…
14 febbraio 2012

L’idea di sovralimentare il motore utilizzando un compressore azionato da una turbina mossa dai gas di scarico è tutt’altro che recente. Il primo brevetto, dovuto allo svizzero Alfred Buchi, risale al 1905 e le prime sperimentazioni su dispositivi di questo genere vennero effettuate da questo stesso tecnico alla Sulzer attorno al 1911. I problemi tecnologici da superare non erano pochi, ma i vantaggi che si sarebbero potuti ottenere erano considerevoli. Verso la fine della prima guerra mondiale realizzarono dei turbocompressori per i motori d’aviazione il francese Rateau e l’americano Sanford Moss, che in seguito svolse un lungo lavoro di ricerca e di sviluppo presso la General Electric, che si sarebbe concluso solo verso la fine degli anni Trenta.

I propulsori diesel

I motori diesel erano notevolmente avvantaggiati, rispetto a quelli a benzina, in particolare per via della temperatura notevolmente più bassa dei gas di scarico; le turbine erano assai meno sollecitate termicamente e potevano essere realizzate senza che ci fosse alcun problema dal punto di vista metallurgico.

I primi motori di normale produzione dotati di turbocompressore sono stati appunto due diesel navali realizzati dalla MAN nel 1925. Un anno dopo la svizzera SLM ha iniziato delle prove su di un diesel per impiego ferroviario dotato di un turbo costruito dalla Brown Boveri. Negli anni Trenta questo sistema di sovralimentazione ha iniziato a diffondersi in maniera decisa sui diesel lenti destinati ad impiego navale e ha visto i primi impieghi sui motori ferroviari. Nel 1938 la Saurer ha realizzato il primo autocarro dotato di serie di un turbocompressore.

Per quanto riguarda le unità motrici a benzina, negli anni Quaranta sono stati gli americani ad impiegare più diffusamente i turbocompressori, sui loro motori d’aviazione. I tedeschi li hanno utilizzati in misura notevolmente minore, princialmente per la scarsità di metalli strategici, componenti fondamentali delle superleghe in grado di resistere a temperature elevatissime, indispensabili per realizzare le turbine. Al di fuori del settore aeronautico, però, nessuno ancora pensava al “turbo” per i motori a benzina, e quindi in particolare per quelli automobilistici.

Inizia l'era del turbo

La prima vettura turbo è stata una monoposto da competizione americana, dotata di un motori diesel Cummins a sei cilindri, che ha gareggiato a Indianapolis nel 1952, ottenendo la pole position e dimostrandosi velocissima fino a che rimase in gara. Va comunque detto che il regolamento la avvantaggiava considerevolmente. Per la Cummins si è trattato di un ottimo veicolo pubblicitario, visto che nel 1954 ha messo in produzione i suoi primi diesel di serie. Nel 1953 la Volvo ha iniziato la fabbricazione di autocarri con motore turbo, seguita rapidamente dalla Scania e, nel 1955, dalla MAN.

Nel 1962 hanno finalmente fatto la loro comparsa le prime auto di serie con motore a benzina sovralimentato mediante turbocompressore. Si trattava della Oldsmobile F-85 Jetfire e della Chevrolet Corvair Spider, apparse a pochi mesi di distanza l’una dall’altra. La prima è stata prodotta per poco più di un anno in soli 9500 esemplari circa, mentre l’altra, costruita dal 1965 nella versione Corvair Monza, ha avuto una maggiore diffusione, arrivando a un totale di circa 50.000 unità. I tempi non erano ancora maturi…

Debutto nelle competizioni

L’evoluzione della tecnica ha portato gradualmente a notevoli miglioramenti in fatto di affidabilità e di trattabilità dei motori turbo, che hanno iniziato ad essere vincenti in campo agonistico a Indianapolis nel 1968 (dove il quattro cilindri Offenhauser con turbocompressore aveva esordito due anni prima) e nel campionato Can-Am, dominato nel 1972 e 1973 dalle Porsche 917, che in assetto di gara disponevano di oltre 1100 cavalli!

Per quanto riguarda la Formula Uno si è dovuto attendere un poco più a lungo. Il V6 Renault ha esordito nel 1977 e ha vinto la prima gara due anni dopo, mentre il primo titolo iridato di un motore turbo è stato conquistato nel 1983 dal quattro cilindri BMW, installato nella Brabham di Nelson Piquet.

Tornando alle vetture di serie, il vero “lancio” della sovralimentazione mediante turbocompressore si è avuto con l’entrata in scena della BMW (2002 turbo del 1973) e della Porsche (911). Le prime auto diesel prodotte in gran serie ad adottare questa soluzione sono state, nel 1978, la Mercedes 300 SD e la Peugeot 604, di poco successiva. In quello stesso anno sono comparse la Nissan 280 ZXT Turbo, la Porsche 924 Turbo e la Saab 99 Turbo. Nel 1979 è stata la volta della Audi 200 5 T, della Alfetta TD (prima auto italiana di serie con turbocompressore) e della BMW 745 i, accompagnate dalla entrata in scena di case come la Ford e la Buick. Nel 1980 è stata la volta della Renault (5 Turbo, 18 Turbo); subito dopo, nel giro di pochi anni, la strada del turbo è stata imboccata anche da quasi tutti gli altri costruttori mondiali di maggiore importanza. Oggi questo tipo di sovralimentazione è praticamente d’obbligo per i diesel e sta tornando prepotentemente alla ribalta per i motori a ciclo Otto, grazie anche alla notevole importanza che ha assunto il downsizing.

Anche sulle moto

In campo motociclistico le cose sono andate molto diversamente. I risultati che stavano ottenendo le vetture turbo all’inizio degli anni Ottanta, e in particolare la notevole attenzione del pubblico nei confronti di quelle da competizione, hanno spinto diversi costruttori a interessarsi alla sovralimentazione. Al salone di Milano del 1981 la Moto Morini ha presentato una meravigliosa 500 bicilindrica con turbocompressore, che purtroppo è rimasta allo stadio di prototipo.

Sono invece entrate in produzione le moto turbo dei costruttori giapponesi. La prima è stata la Honda CX 500 T, una
bella bicilindrica raffreddata ad acqua di impostazione granturistica. Poco tempo dopo, nella primavera del 1982, è stata la volta della Yamaha XJ 650 T, a quattro cilindri in linea. A ottobre è stata presentata la Suzuki XN 85 di 650 cm3, essa pure quadricilindrica. Nel luglio del 1983 la CX 500 è cresciuta di cilindrata, diventando la CX 650 T (oggi piuttosto ricercata dai collezionisti) e infine a settembre, nello stesso anno, ha fatto la sua comparsa la Kawasaki GPz 750 Turbo.

Le potenze di queste moto, che adottavano pressioni di sovralimentazione relativamente modeste (anche in quanto prive
di intercooler), erano dell’ordine di 70 – 100 cavalli. In seguito al grande interesse nei confronti del turbo applicato ai motori da competizione sollevato dalle Formula Uno dell’epoca, a un certo punto sembrava che la Federazione Motociclistica Internazionale (FMI) fosse in procinto di ammettere nei Gran Premi le moto sovralimentate, sia pure con un notevole handicap per quanto riguarda la cilindrata.

Questo ha portato la Honda a realizzare due prototipi bicilindrici turbo di 250 cm3, che al banco hanno fornito una potenza di circa 150 cavalli, e che quindi avrebbero potuto essere senz’altro competitivi nei confronti delle 500 a due tempi con le quali avrebbero dovuto correre. Poi però la FMI non ha approvato la proposta, mantenendo il veto nei confronti dei motori sovralimentati, e la cosa è finita lì. Nessuna delle moto Turbo di serie ha avuto un successo commerciale degno di nota. Sono state prodotte in numeri modesti e per breve tempo. In effetti del turbocompressore (che all’epoca poneva anche dei problemi non trascurabili a causa del ritardo di risposta) non vi era alcuna necessità. Le
stesse prestazioni si potevano ottenere con motori di maggiore cilindrata.

E poi non si deve dimenticare che mentre sotto il cofano di una autovettura c’è spazio anche per un grosso intercooler, per le moto la situazione è molto diversa. L’interesse per il turbo è così tramontato rapidamente e dalla metà degli anni Ottanta in poi in pratica non se ne è più parlato. Non è detto comunque che qualche tecnico non ci stia pensando e che in futuro…

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