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“Per noi è un anno importantissimo, perché stiamo festeggiando il nostro sessantesimo anniversario, celebrazione iniziata con la Revuelto. Poi abbiamo avuto la presentazione dell'LMDh a Goodwood quest'estate e in seguito è stato il momento della Lanzador, che anticipa il potenziale futuro elettrico per le vetture più a uso quotidiano. L’alluvione in Emilia-Romagna è stata l’unica nota triste in un anno in cui il risultato operativo dei primi nove mesi è stato più alto di quello dell’intero 2022”. Quando incontriamo il presidente e CEO di Lamborghini, Stephan Winkelmann, alle Finali Mondiali del marchio a Vallelunga, è tempo di bilanci di fine anno. Molto positivi.
Ma l’acuto in sé non conta, se non si mantiene il vorticoso passo del progresso del settore automotive. “Gli investimenti sono ingenti - spiega al piccolo gruppo di giornalisti selezionati, di cui facciamo parte - i cicli di vita si accorciano, ci sono tecnologie sempre più nuove che arrivano in tempi più rapidi; quindi, bisogna essere attenti e i risultati devono essere costanti. Non rincorriamo dei risultati assoluti per poi cadere nel nulla. L'importante, specialmente per un marchio come il nostro, è avere delle vetture che sono sempre appetibili. La misura più semplice per dimostrarlo è che l'usato costa più del nuovo. Questo vuol dire che c’è molta attesa e tanta voglia di acquistare il nostro marchio. Il che fa anche sì che l'usato sia pronto subito, ma costa di solito più del nuovo”.
Che valore ha la competizione per un marchio come Lamborghini? “Il motorsport è una delle attività che facciamo per la notorietà del marchio, ma anche per essere alla pari con altre case automobilistiche che corrono da molto più tempo di noi. La differenza tra noi e gli altri è che il nostro fondatore ha sempre detto che non avrebbe corso. Questo ha creato delle situazioni on-off nei decenni. Ma quando nel 2009 decidemmo di fare un monomarca fu una decisione ben ponderata. Volevamo già allargare questo perimetro non solo al monomarca, ma anche al GT3, la competizione che è il più vicino al custom racing".
Nel 2024, però, arriverà una sfida ancora più grande, nel WEC e alla 24 Ore di Le Mans con la SC63. “L'LMDh rappresenta un equilibrio perfetto tra visibilità e investimenti, in un ambiente in cui si gareggia con i migliori competitor. Ci rendiamo conto che rispetto alle altre case automobilistiche che si sono cimentate noi siamo - non per fatturato ma per storia e per numero di persone coinvolte - veramente minuscoli. Per cui sarà molto importante capire quanto saremo competitivi da subito, ma è molto difficile giudicare l'impatto sulle vendite o sull'immagine della Squadra Corse o delle corse in genere. Sicuramente è una grande fetta perché insieme alla notorietà, la immagine, il valore del marchio, le vendite sono salite negli anni e come succede con il prodotto, ci vogliono alcune generazioni di vetture per avere un impatto importante”.
Si parla spesso del motorsport come leva di marketing, ma è ancora anche un laboratorio a cielo aperto per il prodotto? “Senz'altro. Faccio l'esempio dell'LMDh, perché nelle corse di Endurance si possono testare la qualità e la durata di molti componenti delle vetture. Poi c’è il V8, c’è l’ibrido, con una familiarità con varie vetture stradali. Per quanto riguarda la Huracan, non posso che citare la Super Trofeo Omologata che è chiaramente una derivata diretta dallo sforzo che ha fatto il team di Squadra Corsa negli anni. A cascata ci sono delle opportunità che noi vediamo, arrivando a testare delle soluzioni che nel caso funzionino bene useremmo anche nel prodotto”. Quanto alla possibilità di proporre la SC63 a scuderie clienti, Winkelmann lo esclude. Ma “stiamo valutando l'opportunità di proporre l’LMDh come vettura da collezione”.
In ogni caso, l’identikit del cliente Lamborghini e la visibilità del marchio sono cambiati, come sottolinea Winkelmann. “Oggi l’acquisto della vettura è il primo passo, perché si entra già a far parte di un club, una comunità. Il motorsport è solo una parte, poi ci sono tutti gli eventi che si organizzano intorno alle vetture. Vent'anni fa c'era un prodotto che era prima la Diablo, poi la Murcielago. In seguito, è nata la Gallardo, e abbiamo iniziato a fare le derivate, le Aperte, le Superleggere e piano piano la visibilità del marchio è aumentata. Abbiamo dato vita a un brand che deve essere facilmente identificabile”.
Poi è arrivato un altro importante tassello della strategia di prodotto di Lamborghini, la sport utility Urus, “che ha reso il marchio ancora più appetibile”. Questo, spiega Winkelmann, “perché abbiamo il 70% in più di acquirenti nuovi che si avvicinano al marchio, prima delle supersportive. È un processo di evoluzione della comunicazione del marchio e dei contenuti del prodotto cui si aggiunge anche una diffusione più capillare a livello globale. È un percorso che secondo me è iniziato con la Gallardo”.
In ogni caso, sottolinea Winkelmann, “la scommessa della Urus è vinta. Per noi era un chiaro segnale che dovevamo fare qualcosa per avere più stabilità sul mercato di nicchia, un mercato in costante evoluzione. Volevamo una base importante per continuare ad avere delle vetture come la Revuelto, che possono essere nella categoria top delle supersportive. Ma questo non basta, perché la Urus è una vera supersportiva nel segmento dei SUV. Questo è quello che noi volevamo, e i nostri ingegneri sono stati molto bravi a realizzarlo”. Nel futuro a breve termine arriveranno la versione PHEV della Urus, il cui lancio, parola di Winkelmann, è previsto nell’aprile del 2024, e l’erede della Huracan, anch’essa PHEV.
In questa fase di crescita, l’orgoglio più grande resta aver valorizzato il territorio dove è nato il mito di Lamborghini, e dove ancora oggi l’azienda ha sede. “È una delle cose di cui andiamo più fieri, almeno io devo sottolinearlo personalmente perché la base del nostro mestiere è creare dei sogni. Questo vuol dire avere innovazioni tecnologiche, avere delle performance che sono al di là delle aspettative e avere un design in evoluzione. Lo facciamo non solo per gli appassionati e i fans, ma anche per noi, per i nostri dipendenti, per le loro famiglie, per il territorio, per l’Emilia-Romagna, la terra dei motori, ma specialmente per il Made in Italy. È la molla che ci fa anche alzare la mattina, che ci trascina. Ogni giorno quando vado in azienda vedo i nostri operai, i nostri tecnici, vedo nei loro occhi che si fidano di quello che facciamo. È un peso non indifferente, però questa voglia di fare sempre meglio è figlia anche del fatto che noi vogliamo lasciare l'azienda alla prossima generazione in condizioni migliori di come l’abbiamo trovata”.
Quanto al futuro, “Il primo passo della direzione Cor Tauri è l’elettrificazione dell’intera gamma, con un conseguente abbattimento del 50% delle emissioni rispetto ad oggi. Il secondo passo è andare sul full electric sulle vetture per l’uso più quotidiano, come le 2+2 o la nuova Urus, per cui crediamo che il BEV sia la strada giusta. Per quanto invece riguarda le supersportive, abbiamo un po' di tempo per decidere, almeno tre o quattro anni, perché bisogna attendere il parere del legislatore sulla benzina sintetica e valutare le potenzialità dell’endotermico di avere un valore oltre il 2035. Per quelli come noi che sono nati e cresciuti con la benzina, è difficile immaginarsi un'auto diversa. Però è molto importante mettersi in gioco, capire il cambiamento per non farci sorprendere”.
Ma qual è il vero nodo di questo percorso verso l’ecosostenibilità? “Il problema io lo vedo più sulle performance delle vetture - riflette Winkelmann -. Per un'azienda che produce vetture piccole, fare questo passaggio dall’endotermico all’elettrico, a parte il prezzo al pubblico, è più una questione di autonomia, di velocità di ricarica e densità delle colonnine. Invece per noi ci sono il tema della performance, il tema del suono, della vettura. C’è una parte emotiva che rende il compito molto complicato, per cui bisogna spiegare bene, e avere anche la capacità di aspettare il momento giusto per fare le cose. Chiaramente un'azienda enorme ha dei vantaggi, perché può mettere sul lago della bilancia gli investimenti che possono essere diluiti su centinaia di migliaia di pezzi. Questo noi non lo l'abbiamo”. Ma c'è quella determinazione a lasciare un'azienda migliore rispetto a quella ereditata in passato che muove tutti gli sforzi di Winkelmann. E anche questo conta.