Sant'Agata - Il debutto della nuova Lamborghini Aventador rappresenta una pietra miliare nella storia della Casa di Sant'Agata almeno due motivi. Il primo è certamente storico, visto che l'arrivo dell'erede della Murcielago rappresenta una nuova pagina nella storia delle V12 del Toro, mentre il secondo motivo riguarda la tipologia costruttiva della vettura, che abbandona gli schemi "convenzionali" per fare posto a tecnologie di derivazione aeronautica.
NO, NON E' LA PRIMA MA...
Un po' come accaduto in F1 nel 1981, quando McLaren fece scendere in pista l'opera magna di John Barnard (la
MP4/1 con scocca in fibra di carbonio), anche la Aventador rappresenta l'inizio di un nuovo modo di intendere le supersportive. Dal 1° di marzo 2011, insomma, tutto il resto sarà indietro di almeno un lustro. Certo, quanlcuno dirà che Lamborghini non ha inventato nulla: la triposto
McLaren F1 motorizzata BMW V12 che ha sbaragliato le gare endurance degli anni '90 rappresentando uno dei migliori prodotti stradali di sempre la sua bella scocca in carbonio firmata Gordon Murray già ce l'aveva. Non parliamo poi di vetture come la nuova
McLaren MP4-12C o delle elitarie
Pagani Zonda ed
Huayra.
DAL 1983
C'è però qualcosa di diverso: in Lamborghini, infatti, per la prima volta il carbonio è entrato a far parte del sistema azienda come un materiale da trattare internamente alla stregua dell'alluminio o dell'acciaio. E' stato sostanzialmente industrializzato. Il sogno di portare i materiali compositi in Lamborghini non è certamente nuovo. Risale al 1983, infatti, la prima scocca prototipale per la Countach. I costi e le tecnologie, però, non erano alla portata di una piccola azienda come Lamborghini ed anche rivolgendosi a fornitori esterni il progetto era troppo costoso oltre che ingestibile post vendita per essere sostenuto con serietà.
PARTNERSHIP FONDAMENTALI
Oggi, invece, grazie ad importanti partnership con aziende che lavorano da anni con successo tali materiali, come Boeing e Callaway Golf, il processo produttivo del materiale composito è stato portato ad un livello tale da essere supportato e gestito internamente. Ecco perchè, nonostante l'utilizzo del carbonio non sia del tutto inedito, si può tranquillamente parlare di pietra miliare nell'evoluzione della tecnica automobilistica.
IMPRESA ECCEZIONALE
Come è riuscita Lamborghini ad industrializzare un processo così complesso? Come nasce la monoscocca integrale della Aventador, che pesa solamente 147.5 kg e vanta un coefficiente di rigidità torsionale (35.000 Nm/°) del 150% superiore a quello della Murcielago? Il processo è stato lungo e complesso ma principalmente la messa a punto di tale sistema è stato reso possibile dalla partnership siglata negli scorsi anni da Lamborghini con Boeing. Tale accordo ha portato in azienda concetti - in particolar modo il Building Block Approach (BBA) - oltre che modi di fare e vie d'accesso preferenziali con i fornitori delle materie prime.
BUILDING BLOCK APPROACH
Aspetti fondamentali, in particolar modo per quanto concerne il BBA, che rappresenta un modello matematico messo a punto da Boeing e riadattato al mondo dell'auto da Lamborghini per calcolare "a tavolino" la quantità di materiale, la disposizione delle fibre e molto altro ancora sulla base delle esigenze di progetto. Un processo possibile solamente con l'utilizzo di materiali compositi, in quanto plasmabili nelle forme e nelle resistenze, che ha permesso di ottenere un oggetto - la scocca - perfetto in termini di sicurezza e di dinamica sin dai primi esemplari a differenza di quanto spesso accade con le scocche in alluminio o acciaio, che spesso richiedono interventi correttivi per mezzo di patch che vanno inevitabilmente ad appesantire la struttura e modificare la resa dinamica.
CENTRO RICERCHE INTERNO
La struttura in carbonio della Lamborghini Aventador, come spiegato dall'ex-ingegnere di Minardi e Ferrari F1 Luciano De Oto ora in forza a Sant'Agata, è nata all'interno del centro di innovazione ACRC (Advanced Composite Research Centre): si tratta di un centro che permette di studiare l'avanzamento delle tecnologie, andando ad affiancare gli studi di Boeing e quelli universitari che il Toro finanzia, oltre che controllare e migliorare costi, tolleranze e tecniche di riparazione delle scocche vittime di incidenti. Tecniche, quest'ultime, che alla stregua di quando avviene in Boeing con gli aerei prevedono l'intervento presso tre centri di riparazione (Italia, USA ed Estremo Oriente) di personale specializzato, denominato "flying doctor". Tale personale è in grado di riparare la stragrande maggioranza dei danni subiti dalle scocche restituendo alla vettura gli stessi valori ottenuti in precedenza.
RTM LAMBO, PRE-PREG E FOAM
Per tipologia costruttiva la monoscocca della Lamborghini Aventador è realizzata nella parte inferiore per mezzo della tecnologia RTM Lambo (Resin Transfer Molding), che prevede la modellazione manuale della fibra che poi incontrerà la resina in pressione, mentre quella superiore viene realizzata con tecnologia Pre-Preg, che prevede l'uso di fibre pre-impregnate di resine epossidiche. A queste linee si affianca la linea Foam, che lavora sulle schiume che vanno a riempire le cavità che indeboliscono la struttura. Grande attenzione è stata rivolta anche al posizionamento ed all'installazione nella scocca delle flange in alluminio che supportano i telai anteriore e posteriore, sui quali "lavorano" suspensioni, motore ed organi secondari.
130 ORE A SCOCCA
Parlando di processi produttivi e di industrializzazione, l'introduzione di questa tecnologia è stata resa possibile anche dall'abbassamento dei tempi produttivi delle scocche. "Ad oggi - afferma l'ing De Oto - la produzione della nostra monoscocca richiede 130 ore di lavoro." Un tempo che si allinea perfettamente all'esigenza di costruire una media di 3.5 auto al giorno con un ritmo annuale che può comunque oscillare in base agli ordini tra le 700 e le 2.000 auto all'anno.