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Il predominio della casa di Ingolstadt a Le Mans si prolunga da anni, con tredici vittorie dal 2000 a oggi. Questo risultato eccezionale è ancora più significativo se si considera che è stato ottenuto con vetture diverse e con motori di tipi differenti. I successi sono iniziati nel 2000 con la R8 azionata da uno splendido V8 biturbo a benzina della cilindrata di 3,6 litri. L’anno seguente il motore, leggermente riveduto, è stato dotato di un sistema di alimentazione a iniezione diretta con gestione elettronica (FSI), con il quale si è aperta una nuova pagina nella storia delle auto da competizione. La R8 si è imposto nella durissima gara francese per ben cinque volte, delle quali tre consecutive.
Con la successiva Audi R10 tdi a Le Mans è iniziata all’era dei diesel. Azionata da un V12 di 5,5 litri questa vettura ha dominato dal 2006 al 2008, cioè nei tre anni nei quali è scesa in campo. A sostituirla è stata la R15 tdi, con motore V10 di eguale cilindrata, che si è imposta nel 2010. La continua evoluzione e l’apparizione di nuovi modelli è stata dettata dalla necessità di adeguarsi sempre meglio ai regolamenti della corsa francese, che nel corso del tempo hanno subito numerosi cambiamenti.
La R18 tdi ha fatto la sua comparsa nel 2011, imponendosi subito nella massacrante 24 ore. Per azionarla i tecnici della casa tedesca sono rimasti fedeli al diesel, per ragioni di rendimento, realizzando un 6 cilindri a V di 120°, architettura che consente una equilibratura assai buona ed è vantaggiosa per quanto riguarda l’abbassamento del baricentro. Questo motore, notevolmente più compatto e più leggero del V10 che è andato a sostituire, come i precedenti ha la distribuzione con due alberi a camme per ogni testa e quattro valvole per cilindro.
2012: arriva la trazione a quattro ruote motrici
Nel 2012 dalla R18 tdi, dotata di scocca in un sol pezzo, realizzata in composito a base di fibra di carbonio, è stata sviluppata una versione con motorizzazione ibrida e trazione sulle quattro ruote. È nata così la R18 e-tron quattro con il motore termico che trasmette la potenza alle ruote posteriori e un motore elettrico che la invia alle ruote anteriori, alimentato da un sistema che recupera energia in fase di frenata. Il successo agonistico è stato immediato e la nuova vettura è diventata non solo la prima auto ibrida, ma anche la prima a trazione integrale a vincere a Le Mans. La R18 e-tron quattro si è imposta anche nelle due edizioni successive della gara, svoltesi nel 2013 e nel 2014, anno nel quale è entrato in vigore un nuovo regolamento che non pone più vincoli in fatto di cilindrata ma introduce limiti di consumo. Pure per quanto riguarda la sovralimentazione è stata concessa una grande libertà. Il V6 Audi ha subito una attenta rivisitazione, tesa ad ottimizzare il rendimento, e la cilindrata è stata portata a 4,0 litri.
Il cospicuo angolo tra le due bancate dei cilindri di questo motore è stato scelto anche in quanto consente di disporre gli scarichi centralmente, agevolando il collegamento tra le teste e l’unico turbocompressore, che è del tipo double flow, con una chiocciola a due uscite, diametralmente opposte, per il compressore e una a due entrate per la turbina. Quest’ultima è a geometria variabile, il che consente di ottenere una eccellente risposta all’azionamento dell’acceleratore. Le teste e il basamento sono in lega di alluminio mentre i pistoni, ciascuno dei quali è dotato di due segmenti di compressione e di un raschiaolio, sono in acciaio. L’impiego di questo materiale è stato reso necessario dalle elevatissime sollecitazioni meccaniche e termiche in gioco. All’interno dei cilindri durante la combustione si raggiungono pressioni superiori ai 250 bar, e questo significa che sul cielo dei pistoni si scaricano forze impressionanti, addirittura superiori a una quindicina di tonnellate. Per quanto riguarda gli stress termici ai quali sono sottoposti questi componenti, basta pensare che in corrispondenza del margine della camera di combustione vengono raggiunte temperature dell’ordine dei 500 °C. Per asportare calore si ricorre a una circolazione di olio all’interno della parte superiore dei pistoni, dotati di una apposita canalizzazione anulare.
Un vantaggio: i materiali di cui si comppone il motore
Come oramai da tempo tipico, nel caso dei motori da competizione, per i quali vige la massima segretezza, le informazioni che vengono fornite sono ben poche. Proprio come accade in Formula Uno, non vengono comunicate neanche le misure di alesaggio e corsa. L’adozione di un ridotto numero di cilindri è vantaggiosa ai fini della limitazione delle perdite per attrito, oltre che per quanto riguarda il contenimento dell’ingombro e del peso. Comporta però una cilindrata unitaria considerevole e organi mobili di notevoli dimensioni. Per quanto riguarda il sistema di iniezione, si fa ricorso a un common rail di ultima generazione, in grado di assicurare una pressione di iniezione di oltre 2600 bar. Il motore produce, nella versione attuale, 560 cavalli, con una curva di erogazione molto favorevole.
In tutta la vettura si fa ampio impiego delle tecnologie più avanzate oggi disponibili, dall’investment casting nella sua versione più evoluta ai vari processi di prototipazione rapida. Nel reparto sospensioni si utilizzano anche elementi scatolati in lega di titanio che dopo essere stati ottenuti con tali procedimenti vengono sottoposti a “ippatura” (HIP, ovvero hot isostatic pressing) al fine di eliminare le porosità interne e rendere più compatto il materiale, aumentandone le caratteristiche meccaniche. Su molti componenti vengono applicati sofisticati riporti superficiali, a partire dal ben noto DLC.
Per l’edizione 2015 della gara francese si è lavorato intensamente all’affinamento della aerodinamica della vettura e, per quanto riguarda il motore, alla ottimizzazione delle modalità con le quali si svolge la combustione, al fine di incrementarne ulteriormente l’efficienza ovvero di migliorare l’utilizzazione dell’energia contenuta nel gasolio fornito ai cilindri. La scelta di passare a una classe nella quale la “componente” ibrida ha una maggiore importanza ha comportato infatti la necessità di ridurre il consumo di carburante. Quest’anno la massima energia che a ogni giro il motore elettrico della R18 e-tron quattro può fornire alle ruote anteriori è di 4 MJ (e non di 2 MJ come in precedenza). Il sistema di recupero è in grado di immagazzinare fino a 700 kJ, con un aumento del 17% rispetto allo scorso anno.
In fase di frenata il motore elettrico si comporta come un generatore e fornisce corrente a un compatto accumulatore del tipo a volano elettromeccanico, collocato nella zona centrale della vettura, a lato del posto di guida. L’energia che viene fornita a tale dispositivo fa girare a una velocità dell’ordine di 45.000 giri/min un volano in fibra di carbonio, supportato da speciali cuscinetti e alloggiato in un vano nel quale la pressione è solo una piccola frazione di quella atmosferica. In fase di accelerazione il volano elettromagnetico restituisce l’energia immagazzinata, fornendo corrente al motore elettrico, il quale può trasmettere alle ruote anteriori una potenza di 272 cavalli, che si vanno così ad aggiungere ai 560 che il V6 turbodiesel invia a quelle posteriori.