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Stava andando a trovare la famiglia nel Nord della Francia, al suo paese d’origine. Sabato 12 gennaio, accanto a lui su una Mercedes 4x4 la figlia ventottenne, in attesa di dargli un altro nipote. All’improvviso, sull’autostrada A1 nei pressi di Wancourt, l’autista di un camion portoghese che proveniva in senso contrario ha perso il controllo del mezzo, ha attraversato la barriera di separazione tra le due carreggiate e si è fermato oltre l’asfalto dopo essersi scontrato frontalmente con l’auto di Jean-Claude Olivier. Niente da fare per JCO, per il quale sono stati inutili i soccorsi prontamente intervenuti prontamente, ma sempre troppo tardi. Ferita, ma non gravemente, la figlia.
JCO: un autentico mito
Jean-Claude Olivier, 67 anni, era un autentico mitico, una persona dalle capacità e dal carisma fuori dal comune. Il suo ultimo incarico, prima di ritirarsi nel 2010, era stato di PDG, presidente direttore generale, il massimo titolo manageriale francese, di Yamaha France. Prima ancora lo era stato di Sonauto, la società che distribuiva i prodotti del Marchio poi confluita nella filiale della Casa Madre.
Soprattuto, conosciamo Jean-Claude Olivier per il suo appassionato legame con lo sport, e per essere stato un vero innamorato della Dakar, sin dalla prima ora. Vi aveva partecipato per lunghi anni sin dalle edizioni degli albori. Nel 1979 JCO aveva schierato alla prima edizione della Maratona di Thierry Sabine la Squadra Sonauto-Yamaha-BP, di cui facevano parte Gilles Comte, Christian Rayer, Rudy Potisek e lui stesso, ed il suo miglior risultato personale data del 1985, settima edizione della Paris-Alger-Dakar, quando giunse secondo alle spalle di Gaston Rahier sulla spiaggia di Dakar. Nel 1987 voleva costruire una moto ancor più potente, si fece mandare due motori quadricilindrici derivati dal 750cc e realizzò la YZE920 con la quale Serge Bacou si classificò al 7° posto e lui stesso all’11°, non ostante la tripla frattura delle due braccia e di un femore riportate poco prima della partenza.
“Affidabile, gentile, arguto e acuto come sempre, sognava sempre e ancora la Dakar e si stupiva ancora un po' di fronte alla crisi in atto, soprattutto nel nostro settore ”
Un mentore per i piloti
Pilota fortissimo, grande trascinatore e imbattibile condottiero e organizzatore, aveva costruito le Squadre più forti ed era stato il mentore dei Piloti che hanno fatto la storia del Rally, uno per tutti Stephane Peterhansel, che ha accompagnato in tutte le sei vittorie e che all’inizio della sua carriera portava sulla sua Yamaha lo stesso numero di gara del suo “patron”, l’80. Dopo il ritiro di Peterhansel e della Squadra ufficiale Yamaha, JCO ogni tanto tornava alla Dakar a sostegno di un Pilota o di un altro. David Fretigné, Olivier Pain, David Casteu, tutti devono molto a JCO.
Una volta a una Dakar del decennio scorso in Marocco, mi confidò che erano tempi duri, che le Case, ad eccezione di KTM, non vedevano l’utilità di implicarsi troppo nella Dakar e che era improponibile organizzare una Squadra come ai vecchi tempi, con budget praticamente illimitati. Eppure JCO era lì, con una squadra quasi privata e sostenuta dalle sue risorse personali, combattivo e appassionato. Un numero 1 per tutta la vita.
JCO: «La crisi?Bisogna produrre nuove idee»
L’ultima volta che ho visto JCO è stato nei corridoi esterni del salone di Milano, a novembre. Affabile, gentile, arguto e acuto come sempre, sognava ancora e sempre la Dakar e si stupiva ancora un po’ di fronte alla crisi in atto, soprattutto nel nostro settore. «Non è la prima e non sarà l’ultima. Bisogna solo rimboccarsi le maniche, lavorare e far funzionare la testa per produrre nuove idee, e concretizzarle!».
Non ci son parole, e sono sempre troppe e inutili, impotenti. Siamo uniti nel dolore, e vicini alla sua famiglia. La foto che ho scelto per accompagnare JCO, e che lo ritrae nel 1980 con Cyril Neveu e Michel Merel, me l’ha data a suo tempo Gigi Soldano, grande amico di JCO, e non prendo il tempo per chiedere a Gigi il permesso di utilizzarla. Penso che faccia piacere anche a lui.