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Un'intervista al sito Politico.eu potrebbe far sorridere se non fosse tutto vero. Il miglior amico dei motori a combustione è diventato il commissario per il mercato interno Thierry Breton che si è accorto ora che la data del 2035 stabilita dal Parlamento Europeo per la messa al bando dei motori endotermici non è realistica. "Forse è meglio ripensarci, senza troppi tabù".
Un disastro di proporzioni gigantesche, lo ha definito, perché porta con sé tali e tanti cambiamenti nella filiera dell'automotive che se anche una cosa andasse storta avrebbe conseguenze drammatiche. Per evitare disastri, oltre a rivedere le date di introduzione del "fase out" termico, bisogna attivare un "freno di emergenza", un provvedimento che permetta, da qui a tre anni, di stoppare tutto e spostare, come qualcuno ha suggerito, il bando al 2040.
Il commissario ha poi detto che nel 2026 "ci sarebbe il tempo di reagire" ma evidentemente non ha tenuto conto dei meccanismi di investimento che si sono innescati presso i principali carmaker da quanto hanno preso atto della data fatidica del 2035. Non solo la maggior parte delle risorse è stata dirottata su elettrico e batterie, ma le Case hanno bisogno di programmare a lungo termine il ritorno di questi investimenti e la produzione di batterie e microchip.
La clausola di revisione per il 2026 è stata accolta dagli altri membri della Commissione, che evidentemente si sono preoccupati delle cifre in ballo relative ai posti di lavoro e anche al possibile default delle reti energetiche. Con la priorità delle materie prime: per produrre tutte le batterie necessarie nel 2030 avremo bisogno di aumentare l'importazione di litio di 15 volte, di grafite del 400% e di nichel del 300%. "Dobbiamo studiare la situazione". Adesso?
Per non parlare poi dell'energia: per garantire la ricarica di tutte le auto elettriche, l'Europa ha bisogno di 150 GWh di produzione aggiuntiva, dal 20 al 25% di incremento rispetto ad oggi, tutto da attuare con le rinnovabili, altrimenti addio al "Fit for 55". Ah, Breton sottolinea anche che la Commissione aveva dimenticato di prendere in considerazione un altro piccolo particolare: le colonnine di ricarica dovranno essere circa 7 milioni, e oggi ce ne sono meno di 350.000 (quasi tutte in Francia, Germania e Paesi Bassi). Senza dirlo chiaramente, Thierry Breton fa capire che il target del 2035 sta ponendo dei problemi e che bisogna rivederlo "a sangue freddo" e che in fondo anche le auto elettriche hanno delle emissioni (da freni e gomme). E che in uno scenario mondiale in cui aree come l'Africa o l'Asia, dove le reti energetiche già oggi non riescono a colmare le richieste, i motori termici saranno usati per molti anni ancora. E perché le industrie europee dovrebbero rimanere tagliare fuori da questi mercati?
Ottima domanda, e infatti nessun altro Paese al mondo ha stabilito un programma simile a quello della UE.