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Un progetto speciale per la mobilità urbana: è quello proposto dall’ACI, che prendendo spunto dai dati (sconfortanti) contenuti nello studio edito dal suo centro studi “Fondazione Filipppo Caracciolo”, chiede uno scatto alla politica. Obiettivo: mettere sul piatto 50 miliardi di euro in 10 anni, da destinare ad investimenti locali, per trasformare la mobilità urbana da costo sociale a volano di sviluppo.
I dati snocciolati dalla Fondazione Caracciolo delineano un quadro a tinte fosche: il traffico costa 5 miliardi di euro nelle città italiane più popolose (Roma, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Genova) e nella sola Capitale la congestione alleggerisce ogni dodici mesi di ben 1.000 euro ogni automobilista e di oltre 700 ogni utente di bus; il costo sociale degli incidenti è calcolato in 401 euro per abitante, con picchi di 697 a Milano e 585 a Firenze; il tutto, tacendo per pudore sullo stato dei servizi di trasporto pubblici italiani se paragonati a quelli di altre metropoli europee. Insomma, sembra ci sia tutto da rifare: qui da noi la mobilità non funziona e va riorganizzata da capo a piedi.
Lo studio non è affatto tenero con il nostro Paese: l'auto è sempre il mezzo di trasporto preferito (59% delle persone contro una media europea del 35%) e questo costa caro alla comunità.
«Le condizioni della mobilità nelle nostre città sono un elemento di freno alla ripresa economica e alla vivibilità - ha affermato Ennio Cascetta, presidente del comitato scientifico della Fondazione Caracciolo - Ci sono ritardi ultradecennali rispetto alle altre città europee da recuperare con un mix intelligente di scelte infrastrutturali, normative, urbanistiche e tecnologiche. Sono necessarie risorse nazionali e locali, ma soprattutto una forte e nuova volontà politica che metta la questione mobilità urbana al centro delle priorità nazionali».
La gravità della situazione è confermata da uno dei punti della ricetta: ridurre il numero delle auto sulle strade italiane, che in alcune città sono superiori al doppio della media europea. Detto dall’ACI, è una frase forte: ma si tratta solo di un paradosso apparente.
«Le principali città italiane sono belle ma invivibili - ha detto Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Automobile Club d’Italia - e pagano un altissimo spread-mobilità nei confronti degli altri centri europei a causa di traffico, incidenti e inquinamento. La ricetta dell’ACI è un progetto speciale nazionale per la mobilità urbana: 50 miliardi di euro in 10 anni, nuove regole, controlli efficaci e incentivi per le amministrazioni virtuose. L’80% dei fondi dovrà essere destinato a colmare lo spread infrastrutturale e di offerta del nostro trasporto urbano pubblico, il restante 20% coprirà gli investimenti per la messa in sicurezza dei punti critici, la promozione di servizi di car e bike sharing, il rinnovo del parco veicolare con l’introduzione di veicoli elettrici, la realizzazione di piste ciclabili e l’introduzione di tecnologie per la smart mobility».
Di seguito, un sintetico riassunto dell’analisi della Fondazione Caracciolo sullo stato della mobilità urbana in Italia ed alcune proposte di soluzione dei problemi.
Ridurre lo squilibrio modale
Quella italiana è una mobilità fortemente squilibrata, affidata quasi esclusivamente all’auto, scelta ricorrente per il 59% delle persone contro una media europea del 35%. Uno squilibrio modale che è causa e conseguenza dell’elevato numero di auto per abitante. Più di 60 autovetture ogni 100 abitanti a Roma o Torino, a fronte di una media europea che non arriva a 40: Londra 36, Berlino 35, Madrid 32. Nella Capitale il costo della congestione supera i 2 miliardi di euro ogni anno: 1.005,91 euro per ogni automobilista; 722,75 euro per ogni utente del trasporto pubblico. Nelle cinque città più trafficate, il valore del tempo sprecato nel traffico è di oltre 5 miliardi di euro, una cifra sufficiente a realizzare qualunque investimento necessario per colmare ritardi e carenze del nostro sistema dei trasporti urbani.
Dal “car sharing” al “living street”
Per migliorare le condizioni di trasporto urbano, secondo la Fondazione Caracciolo, occorre: orientare comportamenti e domanda di mobilità, definire tempi e orari per carico e scarico merci, sostenere il telelavoro, informatizzare gli sportelli informativi, delocalizzare gli uffici, introdurre incentivi per le imprese che si consorzino per gestire l’approvvigionamento delle merci e vincoli per la pianificazione delle sedi.
“Quella italiana è una mobilità fortemente squilibrata, affidata quasi esclusivamente all’auto, scelta ricorrente per il 59% delle persone contro una media europea del 35%. Uno squilibrio modale che è causa e conseguenza dell’elevato numero di auto per abitante”
Un contributo importante, anche dal punto di vista ambientale, deve venire dall’adeguata promozione di car sharing (con veicoli elettrici, ibridi o a metano) e bike sharing (le realtà italiane sono molto indietro rispetto alla media europea).
Tariffazione delle strade (road pricing) e della sosta, inoltre, vanno affrontate senza pregiudizi ideologici, in quanto capaci di produrre effetti importanti: redistribuzione dei flussi, ottimizzazione della velocità media, riduzione di consumi e inquinamento.
I trasporti, infine, possono contribuire al miglioramento urbanistico dei quartieri, attraverso misure che sottraggono strade pubbliche alla circolazione dei veicoli per restituirle ai pedoni living street. Tali aree nel tempo si popolano di negozi per lo shopping e il tempo libero, diventando luoghi di aggregazione.
Rilanciare il trasporto pubblico
Queste limitazioni dovranno essere controbilanciate da politiche di rilancio dell’offerta di servizi di trasporto pubblico, ad oggi del tutto inadeguato a generare una mobilità intermodale efficiente e virtuosa, anche perché gli investimenti nei trasporti urbani sono crollati del 26% nel triennio 2008-2011.
L’inefficienza del nostro TPL appare evidente da quasi tutti gli indicatori: età dei veicoli, velocità media (a Roma di 15,4 km contro i 19 di Berlino e i 21 di Madrid), costi chilometrici di esercizio (oltre i 5 euro a km, ben superiori alla media europea), rapporto fra ricavi da biglietti e costi di esercizio, dove gli introiti della bigliettazione coprono poco più del 30% dei costi, contro una media europea di oltre il 50% e punte di eccellenza (Regno Unito) superiori all’80%.
Altro discorso per le reti metropolitane: le meno estese in assoluto: Milano (92 km) è al 14° posto in Europa, Roma (41,5 km) è in fondo alla classifica, ventesima e precede altre cinque città italiane: Napoli (17,8 km), Torino (13,4), Brescia (13,1), Genova (7,1) e Catania (3,8). Numeri che scompaiono di fronte ai 436 km di Londra, 293 di Madrid, 220 di Parigi 220 e 147 di Berlino. Pochi chilometri e, ovviamente, poche stazioni: 101 a Milano, 52 a Roma, 21 a Torino, 20 a Napoli, 17 a Brescia, 8 a Genova e 6 a Catania, mentre ce ne sono 315 a Londra, 303 a Parigi, 300 a Madrid e 173 a Berlino. Pochi chilometri, poche stazioni e, inevitabilmente, pochi passeggeri: 425 milioni l’anno a Milano e 309 mln a Roma contro i 507 milioni di Berlino, i 601 mln di Madrid, 1 miliardo e 171 milioni di Londra e 1 miliardo e 524 milioni di Parigi.
Dalle grandi opere alle opere utili: la chiave è il lean design
La parola d’ordine in fatto di Trasporto Rapido di Massa (TRM), però, non deve essere “grandi opere”, ma lean design (progettazione “snella”): infrastrutture minime e vetture metropolitane leggere, anche senza conducente, che permettono riduzioni significative dei costi di costruzione e di gestione. Rispetto alle linee metropolitane, quelle tranviarie hanno costi ridotti e minori tempi di realizzazione. Le nuove vetture hanno velocità di percorrenza molto vicine alla metropolitana e capacità di trasporto viaggiatori comunque elevate.
“La mobilità urbana del terzo millennio non può prescindere dall’utilizzo diffuso di strumenti di infomobilità. Strumenti che, con investimenti finanziari contenuti, possono portare notevoli benefici”
Niente smart city senza smart mobility
La mobilità urbana del terzo millennio non può prescindere dall’utilizzo diffuso di strumenti di infomobilità. Strumenti che, con investimenti finanziari contenuti, possono portare notevoli benefici: 10% di consumi ed emissioni in meno, riduzione del 20% i tempi di viaggio e del 50% delle code. Le tecnologie ITS possono, inoltre, essere utilizzate nella lotta al contrasto delle violazioni stradali e nella promozione del trasporto pubblico.
Programmazione e controllo
Ogni soluzione o proposta. prima di essere giudicata per la sua validità, dovrà essere valutata per la sua coerenza, ricondotta a sistema e vagliata in base all’idoneità a correggere le principali criticità urbane, ai suoi effetti a lungo termine, alla coerenza con l’insieme delle altre misure, alle ricadute su turismo, qualità dell’aria, vivibilità dei quartieri, ai costi ambientali ed economici e a tutti gli aspetti che qualificano il vivere urbano.
Troppo spesso le scelte di intervento sul traffico urbano, ma anche sugli investimenti e le localizzazioni urbane, avvengono senza uno studio accurato sulle conseguenze che possono arrivare ad annullare gli effetti delle misure stesse. in questo caso si parla di falsi amici dalla mobilità urbana.
Una programmazione alla quale dovrà seguire un controllo effettivo ed efficace. In altri ambiti come quelli urbanistici, la violazione di regiole di pianificazione comporta l’applicazione di norme penali, mentre in materia di trasporti siamo ancora in presenza di norme senza sanzioni. Le risorse del progetto speciale ‘mobilità urbana’ dovranno essere disponibili per le sole città che dimostreranno la coerenza e l’efficacia delle scelte adottate.