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Sono sorpreso e, francamente, anche un po' sconvolto dalla direzione che Jaguar sta prendendo. Non posso fare a meno di pensare che stiamo attraversando un confine molto sottile tra innovazione e, per così dire, un’autocancellazione del marchio. Se da una parte si può comprendere la necessità di un cambiamento radicale per attrarre nuove nicchie di mercato, dall’altra, però, c’è qualcosa che non torna quando un brand con la storicità di Jaguar si presenta con una macchina elettrica rosa, chiaramente destinata a una comunicazione molto focalizzata sul mondo LGBT+. Una mossa che lascia più domande che risposte.
Jaguar è sempre stata una marca legata a un’idea di esclusività, potenza e design maschile, anche un po’ patriarcale, se vogliamo dirla tutta. Il marchio ha sempre incarnato l'immagine di una macchina di lusso destinata a un pubblico ben preciso, con auto dalle linee aggressive e motori V12 che hanno fatto la storia. Ma l’introduzione di un’auto rosa, associata a una campagna di comunicazione che strizza l'occhio al mondo LGBT+, appare come una forzatura. Non è una questione di opporsi ai diritti delle persone o alla loro libertà di espressione, ma c'è un altro aspetto da considerare: l'uso di determinati temi sociali come leva commerciale.
Quello che più mi colpisce è come un brand con la forza storica di Jaguar si stia cercando di riposizionare tramite un’immagine che sembra voler abbracciare un pubblico che, onestamente, non è mai stato quello di riferimento del marchio. La macchina rosa, con la campagna che presenta persone vestite in modo particolare, tra cui molte con una visibilità fortemente legata all’orgoglio LGBT+, fa pensare che l’intento sia quasi quello di "agganciarsi" a una battaglia sociale, ma non come parte di un processo organico e naturale del brand, quanto più come una strategia di marketing per fare notizia. E qui sta il punto cruciale: mi chiedo quanto questa operazione possa essere davvero autentica e quanto sia, invece, un tentativo di attrarre attenzione in un mercato in rapida evoluzione, dove l’elettrico sembra ormai essere la risposta a tutto.
Non sto dicendo che non sia legittimo voler dare visibilità a temi sociali importanti, ma usarli come strumento per promuovere una macchina appare, a mio avviso, un errore. Jaguar non è certo una startup, è un marchio che ha una lunga tradizione, e cambiare il suo volto in maniera così radicale mi sembra un passo troppo azzardato. Certo, l’azienda ha avuto le sue difficoltà, soprattutto in Europa, dove ha visto diminuire drasticamente le vendite negli ultimi anni. Tuttavia, c’è un’enorme differenza tra un rinnovamento genuino e il tentativo di "acchiappare" una fetta di mercato con una mossa pubblicitaria che rischia di sminuire un marchio con una storia consolidata.
Il rischio, in questo caso, è che la Jaguar rosa, pur con il suo design futuristico, finisca per segnare l’inizio di una lunga parabola discendente per il marchio. L'immagine che sta venendo proposta ora, unendo l’elettrico con un simbolismo colorato e un’identità che sembra volere piacere a tutti, potrebbe allontanare proprio quei consumatori che hanno sempre visto Jaguar come simbolo di una certa esclusività. Se il futuro di Jaguar è davvero questo, con macchine dalle linee e colori sgargianti, allora temo che il marchio stia perdendo la sua essenza.
La macchina, per tornare al concreto, potrebbe essere anche interessante in termini di design, ma legarla a una comunicazione che sembra voler fare leva su una tematica sociale come l'orientamento sessuale per vendere prodotti, mi sembra davvero un passo troppo azzardato. Jaguar aveva un’identità forte, una storia gloriosa. Ora rischia di essere ridotta a una marca di lusso "politicamente corretta" che tenta di entrare nei cuori di tutti, ma in maniera forzata e, forse, fuori posto.