Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Per la prima volta una vettura viene equiparata da un giudice ad un’opera d’arte, dunque soggetta alla legge 633/1941 che tutela il diritto d’autore. Si tratta della Ferrari 250 GTO, l’automobile più rappresentativa della Casa di Maranello e quella di maggior valore: lo scorso anno un collezionista ne ha ceduto un raro esemplare (dei 36 costruiti dal ‘62 al ‘64) per la strabiliante cifra di 70 milioni di dollari.
Lo ha stabilito il Tribunale di Bologna, in seguito alla richiesta di Ferrari di tutelare la propria proprietà intellettuale nei confronti della Ares Design, atelier modenese dedito alle personalizzazioni che lo scorso anno ha annunciato una miniserie di dieci Ferrari 812 Superfast vestite con una carrozzeria ispirata alla prestigiosa antenata autrice di vittorie leggendarie per la Casa di Maranello, da realizzare su commissione per 1 milione di euro ciascuna. Curiosità: la Ares Design è diretta da Dany Bahar, che dal 2007 al 2009 è stato “Senior Vice President Commercial and Brand” di Ferrari.
La Ares Design quindi, in seguito all’ordinanza del tribunale, non potrà dunque realizzare la sua riedizione della 250 GTO.
Per il collegio della Sezione specializzata in materia di impresa della corte bolognese, «la personalizzazione delle linee e degli elementi estetici, hanno fatto della Ferrari 250 GTO un unicum nel suo genere, una vera e propria icona automobilistica. Il suo valore artistico ha trovato oggettivo e generalizzato riconoscimento in numerosi premi e attestazioni ufficiali», in «copiose pubblicazioni» e nella riproduzione «artistica» su monete e sotto forma di «sculture», periodicamente esposte nei musei, si legge oggi su Il Sole 24 Ore.
Un primo pronunciamento aveva dato torto a Maranello: la richiesta di tutela del marchio da parte di Ferrari non era stata accolta per via di differenze estetiche «non marginali» tra la 250 GTO e la vettura ipotizzata da Ares Design.
La 250 GTO, lo dice la giurisprudenza, è dunque una vera e propria opera d’arte, ormai anche nello stretto senso giuridico. Di conseguenza a Sergio Scaglietti, che la tratteggiò oltre mezzo secolo fa, il titolo di “maestro” ora è dovuto anche ai sensi di legge.