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Inutile far finta di niente: la Cina è diventata leader mondiale sia nella produzione che nell'acquisto di veicoli elettrici (EV). In appena due anni, dal 2021 al 2022, il numero di EV venduti annualmente nel Paese è passato da 1,3 milioni di unità a 6,8 milioni, rendendo il 2022 l'ottavo anno consecutivo in cui quello del gigante asiatico è risultato essere il più grande mercato mondiale per i mezzi elettrici. E non è finita qui. L' Electric Vehicle Consumer Sentiment Survey, recentemente pubblicato da AlixPartners, lascia presupporre che il Dragone continuerà a ruggire. Già, perché circa il 97% dei 1.000 intervistati cinesi nel sondaggio ha affermato che il loro prossimo acquisto di un veicolo coinciderà, molto probabilmente, con un EV, rispetto al 35% rilevato negli Stati Uniti e al 43% in Europa. I consumatori cinesi, inoltre, sono in larga parte disposti a prendere in considerazione un modello nazionale. Cosa significa tutto ciò? Semplice: che la Cina ha buone chance per continuare ad avere un chiaro vantaggio nel settore degli EV. Come ha fatto Pechino ad arrivare in una simile posizione? Riuscirà a mantenere questo predominio oppure la bolla delle auto elettriche è destinata a ridimensionarsi come accaduto, qualche anno fa, al settore delle e-bike?
La risposta alla prima domanda può essere così sintetizzata: il governo cinese ha svolto un ruolo chiave nell'intero processo, sostenendo sia l'offerta di veicoli elettrici che la loro domanda. In che modo? Grazie a generosi sussidi, agevolazioni fiscali, contratti di appalto e altri incentivi politici. Il risultato è che sono emersi una serie di marchi di EV nazionali che hanno continuato a ottimizzare le tecnologie, in modo da soddisfare le esigenze dei consumatori cinesi. Dal 2009 al 2022, come ha ricordato la rivista MIT Technological Review, le autorità del Dragone hanno investito oltre 200 miliardi di yuan (29 miliardi di dollari) in sussidi e agevolazioni fiscali. La politica dei sussidi è "ufficialmente" terminata alla fine del 2022, ed è stata sostituita da un sistema più orientato al mercato chiamato "doppio credito". In quel momento gli oltre 6 milioni di veicoli elettrici venduti in Cina rappresentavano oltre la metà delle vendite globali di EV. Per completare il quadro, aggiungiamo tre elementi: il dominio cinese dei materiali (e minerali) necessari per produrre mezzi e batterie; il dominio, ancora una volta, nel settore delle citate batterie elettriche (il cuore degli EV); l'assenza di programmazione dei Paesi occidentali (rimasti indietro in materia di mobilità elettrica).
Le auto elettriche cinesi, a meno di cataclismi economici o conflitti, hanno il potenziale per crescere ancora. È tuttavia lecito ipotizzare che le case automobilistiche del Dragone seguiranno lo stesso percorso intrapreso, prima di loro, dai produttori di biciclette elettriche (e-bike). Tra il 2007 e il 2017, le due ruote green avevano invaso il Paese e pure il resto del pianeta, scatenando timori e paure. Ben presto, quella bolla si sarebbe sgonfiata lasciando in campo soltanto pochi marchi: i più solidi. E gli altri? Schiacciati dal mercato. Tra giugno e novembre 2017, per esempio, Kuqi Bikes, Bluegogo, Dingding Bikes, 3Vbikes e Wukong Bikes furono costretti a chiudere i battenti. La logica del “Winner-take-all” accadrà molto probabilmente anche nel settore degli EV. Adesso sono quasi tutti in ascesa, in primis perché rappresentano una novità agli occhi del pianeta. Attenzione però, perché l'effetto potrebbe presto scemare lasciando in campo internazionale solo i player più forti: Byd e pochi altri fortunati. Chiunque riuscirà a migliorare l'autonomia della batteria, diminuire il costo del veicolo (garantendo qualità) e, soprattutto, alleggerire le preoccupazioni relative all'infrastruttura di ricarica, avrà la meglio sulla concorrenza.