La Cina ha già in mano il mercato mondiale delle elettriche, ecco come hanno fatto

La Cina ha già in mano il mercato mondiale delle elettriche, ecco come hanno fatto
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I.F.
L'hanno definita la mobilità "del bastone e della carota" e in Cina per le auto elettriche sta funzionando alla grande. Il passo successivo, già in essere, sarà il dominio del mercato mondiale
20 luglio 2023

Quando si parla di auto elettriche, contano soprattutto i numeri, e quelli che riguardano le vendite in Cina parlano da soli: il 25% di tutte le auto nuove vendute nel Paese del Dragone (circa 25 milioni nel 2022) sono elettriche o plug-in. Il confronto con i Paesi occidentali è impietoso: 14% negli USA, 12% in Europa (con Paesi come l'Italia dove a fatica si arriva al 4%). Cosa ci sfugge di quanto fatto dai cinesi per "sfondare"? E quali saranno le conseguenze di questo sfondamento? Una prima cifra arriva un'indagine di Bloomberg/NEF: nel 2023 la previsione è che le elettriche in tutto il mondo arrivino a 14 milioni. Ok, è una previsione, facciamoci anche la tara. Ma quale che sia il numero, oltre il 60% delle auto sarà Made in China, da vendere soprattutto sul mercato interno, ma anche esportate ad un ritmo sempre maggiore.

Persuasione coatta o vera convenienza?

In Italia alla fine del 2022 si contavano 36.700 stalli di ricarica in tutto (Il Sole 24 ore). In Cina, nello stesso anno ne sono stati aggiunti 649.000 alla rete già esistente. Va bene, è un Paese da 1,41 miliardi di abitanti, ma il dato incrementale è pauroso, a fine maggio 2023 il conto dei punti di ricarica era di 6,36 milioni, di cui una larga parte- evidentemente considerata strategica - è di proprietà dello Stato. E questa è certamente una bella "carota" per invogliare i compratori. Un'altra di proporzioni colossali è l'incentivo di Stato da 8.000 euro per auto (terminati alla fine del 2022, ma ancora in atto in misura minore presso alcune provincie come Shanghai). Ne volete un'altra? L'IVA sulle elettriche sotto ai 37.000 euro è ridotta di 10 punti (dal 17% al 7%) dal 2014 e fino al 2025, e si calcola che questo sconto (anche se scenderà al 5% nel 2026 e 2027) costerà allo Stato circa 103 miliardi di euro.

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Dopo la carota, il bastone

La totale libertà di manovra del governo cinese in fatto di tasse e leggi ha permesso di lavorare ai fianchi i combustibili fossili anche con forti disincentivi: per esempio, da vari anni è in vigore una regola sulle targhe nelle aree più trafficate della capitale e di Shanghai: se compri un'auto normale, la targa ti sarà assegnata per sorteggio, con tempi d'attesa indeterminati e costi che possono arrivare in media a 11.000 euro. Se compri una elettrica puoi averla subito (ed è verde). Per i costruttori è sempre meno conveniente produrre auto termiche ad alto consumo, perché è in vigore un sistema di penalità/premialità a seconda delle emissioni, e chi va in negativo deve comprare crediti da costruttori come Tesla o BYD. Per finire, gli acquisti da parte dello Stato o degli enti pubblici sono in gran parte limitati a veicoli NEV (New Energy Vehicle, questo è la nomenclatura ufficiale in Cina).

Dopo la Cina, il mondo

Altri sostanziosi incentivi, anche se le cifre esatte non sono disponibili, sono andati a favore dei costruttori, che infatti sono spuntati come i funghi, oramai si contano circa 500 marchi di elettriche, più o meno conosciute, in testa al gruppo c'è BYD. Con questi denari hanno potuto fare grossi investimenti e mantenere i prezzi bassi e competitivi, soprattutto a spese dei (pochi) marchi occidentali presenti in Cina, prima fra tutti Volkswagen. Un simile bazooka economico di Stato (per dirla alla Mario Draghi) non è servito solo a stimolare l'industria cinese ad adoperarsi per coprire le esigenze del mercato interno: i forti investimenti hanno messo il turbo alle capacità produttive (per quantità e qualità) e fra poco l'offerta potrebbe superare la domanda interna, anche in vista della riduzione degli incentivi. Ma nessuno ha paura del surplus: è già pronto da anni un piano preciso di espansione per quei Paesi "arretrati" che vogliono accelerare il passo verso la decarbonizzazione dei veicoli. Potranno mai Europa e Stati Uniti tenere questo passo?

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