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Negli ultimi anni in campo automobilistico diversi costruttori hanno realizzato motori che, a parità di cilindrata, erano meno frazionati rispetto ai loro predecessori. In altre parole, avevano meno cilindri ma più grandi.
Per fare un esempio assai significativo, fino a non molti anni fa i motori di 1000 cm3 erano praticamente tutti a quattro cilindri. Oggi in questa classe di cilindrata sono numerosi i tricilindrici. E qualcosa di analogo avviene anche per diversi motori più grandi. In questi casi comunque, anche se il frazionamento è meno spinto, la cilindrata unitaria non è particolarmente elevata.
I progettisti fanno scelte di compromesso, dato che occorre soddisfare esigenze contrastanti e che tanto i cilindri grandi quanto quelli piccoli hanno punti di forza unitamente ad aspetti meno vantaggiosi
Decisamente numerose, per quanto riguarda la produzione europea, sono le auto di 2000 cm3 a quattro cilindri e quelle di 3000 cm3 a sei cilindri, che ovviamente hanno la medesima cilindrata unitaria, ossia 500 cm3; pure tra i V8 si hanno svariati esempi di cilindrate totali dell’ordine di 4000-4200 cm3, dotati quindi di cilindri di dimensioni analoghe. In ogni caso è molto difficile trovare esempi di motori europei con cilindrate unitarie superiori (e comunque di poco) a 600 cm3.
Cilindri davvero molto grandi li hanno diverse vetture americane, anche se il loro numero è minore rispetto al passato. Tra questi motori spicca il dieci cilindri di 8,4 litri della Viper (la cilindrata unitaria ovviamente è di 840 cm3). Tra i V8, quello di 7 litri di una versione della Chevrolet Camaro ha però cilindri ancora più grandi: 875 cm3 ciascuno. Il V8 di 6,4 litri impiegato su una versione della Jeep Grand Cherokee ha una cilindrata unitaria di 800 cm3, mentre lo Chevrolet di 6,2 litri arriva a 775 cm3.
In passato comunque ci sono stati numerosi esempi ben più clamorosi. I motori con una cubatura di sette litri, che in un otto cilindri si traduce in una cilindrata unitaria di 875 cm3, sono stati per decenni ampiamente diffusi negli Stati Uniti e non sono mancati numerosi esempi ancora più cospicui, come i classici V8 di 7,54 litri, ovvero 460 pollici cubi, con cilindri da 942 cm3.
Pochi anni fa la GMC aveva in listino lo Yukon XL, al quale corrispondeva il Chevrolet Suburban, veicolo “tuttoterreno” di grandi dimensioni. Il motore era un V8 da 8,13 litri, con una cilindrata unitaria di ben 1016 cm3. Ancora più “esagerato” è il “crate engine” (motore che viene fornito sciolto, in questo caso per la delizia degli appassionati) Chevrolet 572, un V8 di 9,4 litri comparso nel 1998; la sua cilindrata unitaria raggiunge lo strabiliante valore di 1175 cm3!
Senza tornare tanto indietro nel tempo, meritano un’attenta occhiata anche alcuni motori da corsa che i cilindri li avevano davvero grandi. Un posto di rilievo spetta anche qui a quegli straordinari prodotti americani che sono stati i famosi quattro cilindri Offenhauser (“figli” dei Miller e dei Meyer-Drake), per molti anni dominatori incontrastati a Indianapolis nelle versioni di 4,42 litri e di 4,2 litri, che avevano cilindrate unitarie rispettivamente di 1105 e di 1050 cm3.
La Ferrari ha da sempre legato il suo nome a dei formidabili V12, ma ha anche costruito svariati eccellenti motori con architetture e frazionamenti diversi. Negli anni Cinquanta la vettura Sport denominata 860 Monza era azionata da un motore a quattro cilindri da 3,43 litri, la cui cilindrata unitaria era di ben 858 cm3. Derivava dalla precedente 750 Monza di 3,0 litri, che a sua volta discendeva dalla 735 S del 1953.
Davvero estremo, il bicilindrico Ferrari di 2,5 litri del 1955, noto come tipo 116 (ovvero 252 F1), aveva una cilindrata unitaria di ben 1247 cm3, autentico valore record. Avrebbe dovuto equipaggiare una vettura di Formula Uno ed era stato ideato specificamente per circuiti molto tortuosi (Montecarlo in primo luogo) ma non è uscito dallo stadio sperimentale.
Nel decennio successivo non si possono non menzionare almeno le vittorie ottenute a Le Mans dalle vetture sport prototipo Ford Mark 2, azionate da motori V8 di 7 litri derivati da quelli di serie, con una cilindrata unitaria di 875 cm3. Pure il motore Chevrolet impiegato dalla Chaparral che gareggiava nello stesso periodo aveva la medesima cilindrata.
Tornando alle auto di serie, merita menzione il quattro cilindri in linea di 3000 cm3 realizzato dalla Porsche nel 1989. Ha equipaggiato la 944 S2 e successivamente la 968, era dotato di due alberi ausiliari di equilibratura e aveva una cilindrata unitaria di 750 cm3.
A questo punto è logico chiedersi quale ragione può spingere i tecnici ad adottare cilindri di grandi dimensioni. La cosa in diversi casi ha una evidente logica. Se si vuole realizzare un motore di cilindrata elevata le strade da seguire sono due soltanto. Si può adottare un forte frazionamento, ossia impiegare un cospicuo numero di cilindri, ma ciò comporta un incremento dei costi e della complessità costruttiva. Si tratta di una strada che può essere seguita solo entro certi limiti. Oppure si possono adottare meno cilindri ma di grandi dimensioni.
Assai spesso comunque i progettisti fanno scelte di compromesso, dato che occorre soddisfare esigenze contrastanti e che tanto i cilindri grandi quanto quelli piccoli hanno punti di forza unitamente ad aspetti meno vantaggiosi. È in ogni caso chiaro che quando la cilindrata complessiva del motore è cospicua i cilindri devono per forza di cose avere grandi dimensioni, anche se il motore è molto frazionato.
Per quanto riguarda i pro e i contro, ecco alcune note sintetiche. Fermo restando il rapporto corsa/alesaggio, cilindri grandi significano che a parità di regime, la velocità media del pistone è maggiore. Con una stessa velocità del pistone, cilindri più piccoli possono girare più in alto. La potenza erogata aumenta col crescere della cilindrata unitaria, ma non linearmente.
Raddoppiando quest’ultima, i cavalli prodotti aumentano solo del 60% circa (a parità di pressione media effettiva, rapporto corsa/alesaggio e velocità media del pistone). Diminuisce infatti la potenza specifica. Cilindri di grandi dimensioni sono avvantaggiati per quanto riguarda le perdite di energia termica, che in percentuale sono minori grazie al più basso rapporto superficie/volume della camera di combustione. Ciò è vantaggioso ai fini del consumo specifico.
A questo punto può essere interessante un accenno alle cilindrate specifiche dei motori impiegati in altri settori. Per quanto riguarda gli autocarri pesanti sono usuali valori dell’ordine di 1,8-2,6 litri. Nei più potenti motori d’aviazione degli anni Quaranta si impiegavano cilindri che in genere avevano una capacità di 2,4 – 3,7 litri ciascuno. Nei grandi motori navali, che davvero costituiscono una razza a sé stante, vengono raggiunte cilindrate unitarie di 1000-1350 litri, ossia 1.000.000 – 1.350.000 cm3!