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Quella generata dal Coronavirus non è l'unica epidemia che si sta propagando in tutto il mondo. Ce n'è un'altra, altrettanto pericolosa e dalle conseguenze potenzialmente catastofriche è quella che prende le mosse proprio dagli effetti economici del virus ormai diffuso in 75 Paesi in tutto il mondo, con tutte le conseguenze di cui le cronache purtroppo danno conto da qualche settimana a questa parte.
Tutto, lo sappiamo, è partito dalla Cina ed è lì che, tuttora, ha le dimensioni più preoccupanti. Anche da un punto di vista economico, appunto.
Di ricerche e indagini tese a quantificare con esattezza le dimensioni di questo fenomeno se ne sono lette tante, e molte le abbiamo riportate anche noi su queste pagine.
Tuttavia, quella di cui vogliamo darvi conto quest'oggi è particolarmente importante, prima di tutto per la realtà che l'ha realizzata, cioè l'Unctad, l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa, nello specifico, di commercio, finanza, imprenditoria e sviluppo.
L'indagine parte da un primo grande dato: le esportazioni cinesi di parti e componenti vitali per la realizzazione di prodotti manufatturieri, automobili e dispositivi tecnologici su tutti, a febbraio hanno registrato una contrazione del 2% su base annua, con un “prezzo” pagato dalle industrie degli altri Paesi che si affidano alla Cina per le loro rispettive produzioni di oltre 50 miliardi di euro.
"C'è un effetto a catena in tutta l'economia globale sulla base nelle esportazioni in tutto il mondo", ha dichiarato Pamela Coke-Hamilton, direttore della divisione del commercio internazionale dell'Unctad". E la suddetta cifra, ha poi aggiunto, è preliminare e può essere considerata una 'tima "prudente'".
Tra i Paesi che stanno pagando di più questa situazione c'è in testa l'Unione Europea, con quasi 15,6 miliardi di euro, seguita a ruota dagli Stati Uniti con 5,8 miliardi di euro e dal Giappone (5,2 miliardi). A seguire la Corea del Sud (3,8 miliardi), Taiwan (2,7 miliardi) e Vietnam (2,3 miliardi).
"L'impatto sull'industria automobilistica nell'Unione Europea è di circa 2,5 miliardi di euro", ha aggiunto l'economista dell'agenzia governativa Alessandro Nicita. Che poi, alla domanda se i produttori potrebbero spostarsi per diversificare i fornitori, ha risposto: "A breve termine, no. Perché ci vuole un po 'per identificare nuovi fornitori. A lungo termine, probabilmente sì".
E se tutto questo è destinato a perdurare nel tempo o se assisteremo a una ripresa, ci domandiamo noi, quali scenari andrebbero a configurarsi? "Se l'economia cinese si riprenderà - il commento di Nicita - probabilmente le grandi perdite delle scorse settimane saranno compensate. Se rimarrà su bassi livelli, questi numeri andranno a peggiorare e la situazione per la catena del valore globale si deteriorerà ancora di più."