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Il nostro editorialista, Enrico De Vita, risponde ad una domanda di un nostro lettore nata dal suo articolo in merito al nuovo propulsore diesel 1.5 BlueHDi messo a punto dal gruppo PSA. Ecco il quesito:
subtarax, Padova (PD)
Complimenti per l'articolo interessante e competente.
Vorrei esporre alcune mie considerazioni. Con le attuali soluzioni messe in opera da PSA, il rendimento termodinamico dei motori benzina e diesel è grosso modo lo stesso. Mi domando allora, visti i vantaggi di consumo ed emissioni, perché la soluzione diesel nel futuro verrà accantonata (questo a detta di molti Manager del settore automobilistico)? Ha dei costi produttivi maggiori?
Dal mio modesto punto di vista, per il futuro a breve-medio termine, vedrei di buon occhio le soluzioni ibride. Questo perché si potrebbe migliorare ulteriormente l'efficienza del gruppo propulsore abbassando di conseguenza i consumi e le emissioni, come richiesto dalle Direttive Europee.
In questo senso le proposte attuali delle Case automobilistiche sono orientate alle soluzioni con motori a benzina, in gran parte con ciclo Atkinson, che obbliga ad orientarsi verso cilindrate più elevate. Perché non adottare i motori diesel, ancora più efficienti di quelli benzina?
É ancora una scelta dettata dai costi di produzione?
Complimenti a lei per le considerazioni esposte, tutte pertinenti e interessanti, al punto da meritare una risposta completa.
Diesel e benzina sono oggi appaiate sul filo del traguardo. A determinare le scelte delle Case non sono più i tecnici, ma il prezzo dei combustibili nei vari Paesi, le limitazioni alla circolazione, le mode o gli integralismi ambientali. E soprattutto le regole di Bruxelles sulla CO2.
Dal punto di vista squisitamente ingegneristico non v’è dubbio che il motore diesel sarebbe il miglior compromesso fra inquinamento (CO, NOx e PM10) e contenimento dell’anidride carbonica (leggi: consumi). Ma il passato ha caricato questo motore di dispositivi anacronistici (EGR, SCR, FAP), dai costi spropositati tanto da costringere gli uomini del marketing a relegarlo ai segmenti superiori del mercato e a escluderlo dalle utilitarie. Singolarmente ciò è avvenuto proprio quando il diesel si orientava verso la riduzione delle cilindrate, grazie all’impiego generalizzato del turbo (che rappresenta l’unico vero dispositivo indispensabile e necessario per questo propulsore).
Per competere con la indiscussa coppia motrice del motore a gasolio, quello a benzina ha dovuto optare per il turbo (con aumento dei costi) e scegliere l’iniezione diretta ad alta pressione (per evitare la detonazione), assumendo le connotazioni di un diesel che brucia benzina e ricorre ancora ad una scintilla per innescare la combustione. Il catalizzatore trivalente regalava al benzina il privilegio di contenere le emissioni di NOx a patto che la miscela fosse stechiometrica, cioè chimicamente esatta nel rapporto aria/carburante, cosa che il diesel non può fare perché ha una miscela decisamente povera, ovvero ricca di aria e azoto.
Ma la strada della iniezione diretta, che ha esaltato il benzina permettendo miscele povere, basso consumo e grandi coppie (grazie al turbo) ha come contropartita due fardelli: la comparsa degli NOx e soprattutto la produzione particolato. Gli rimane il minor costo di produzione e la indipendenza dalla cilindrata.
A questo punto, la vera differenza sta nel fatto che la benzina è un idrocarburo di raffinazione che si estrae dal petrolio in percentuali dal 14 al 17%. Il gasolio invece costituisce in media il 50% del greggio e non richiede particolari lavorazioni di raffineria (anche in Europa se per sfruttare la domanda viene quotato a prezzi superiori a quelli della benzina.
A vantaggio del benzina c’è ancora un punto che i regolamenti EU hanno reso cruciale: accetta l’ibrido facilmente, senza problemi tecnici e senza limiti di cilindrata, ottenendone vantaggi superiori ai meriti per quanto riguarda la produzione di CO2 e quindi i consumi legittimamente dichiarabili. Per contro deve ricorrere al ciclo Atkinson per avere un rendimento termodinamico migliore, anche se la cilindrata (e i costi) seguono di pari passo verso l’alto.
Il diesel è per costituzione lontano dalla tecnica ibrida. Primo, perché richiede particolari sistemi per la messa in moto, rapida, automatica e a basse temperature. Secondo, perché il diesel è ormai destinato alla marcia interurbana (senza accelerazioni e rilasci continui come in città) ove il suo rendimento trova la massima espressione. E a questo punto nella marcia a velocità costante l’ibrido non serve. Anzi diventa un costo,un peso supplementare e dà luogo a un maggior consumo. Potrebbe essere una soluzione accettabile solo per i diesel usati in città, ma - a parte i costi insopportabili per le piccole cilindrate - come ho detto prima i sindaci e l’autocensura delle Case lo hanno escluso.