Tecnica: l’evoluzione delle bronzine

Tecnica: l’evoluzione delle bronzine
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Oggi cerchiamo di spiegare le caratteristiche e il funzionamento delle bronzine, che di recedente sono state oggetto di importanti sviluppi |<i> M. Clarke</i>
1 aprile 2015

Alcuni organi meccanici nascondono importanti contenuti tecnologici dietro un’apparenza semplice e “umile”. È questo ad esempio il caso delle valvole, che hanno una conformazione quasi banale ma sono autentici capolavori di metallurgia, e dei segmenti, che sembrano anelli di ghisa dalla geometria fin troppo lineare, ma che hanno invece un disegno molto sofisticato a livello di dettaglio e sono dotati di riporti superficiali particolarmente evoluti. Pure le bronzine moderne sembrano semplici e facili da fabbricare, ma sono invece il risultato di un lungo lavoro di ricerca e di sperimentazione e di una tecnologia produttiva estremamente avanzata. Non per nulla vengono progettate e realizzate da aziende specializzate nel settore specifico e non dalle stesse case che costruiscono i motori.

Bronzine: uno sviluppo inimmaginabile

Di recente questi componenti sono stati oggetto di importanti sviluppi a livello di materiali, fondamentalmente per tre ragioni diverse, legate rispettivamente all’incremento delle prestazioni, alla riduzione dei consumi e alla tutela ambientale. Il forte aumento delle potenze specifiche, ottenuto adottando pressioni di sovralimentazione sempre maggiori, ha portato a sollecitazioni elevatissime. In particolare, nel caso dei turbodiesel automobilistici delle ultime generazioni si sono raggiunte pressioni massime di combustione dell’ordine di 200 bar e le forze che si scaricano sulle bronzine sono diventate impressionanti. Questo ha reso necessario lo sviluppo di nuovi materiali antifrizione, in grado di sopportare impunemente tali imponenti sollecitazioni. Fino a non molti anni fa veniva considerato straordinaria una capacità di carico dell’ordine di 70 MPa, corrispondente a circa 700 kg/cm2, che oggi viene ormai ritenuta media.

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Le bronzine vengono prodotte in una grande varietà di tipi e dimensioni. In campo motoristico le più importanti sono quelle di biella e di banco, sulle quali lavora l’albero a gomiti


Per comodità di calcolo, per quanto riguarda questa caratteristica si fa riferimento alla forza per unità di superficie proiettata della bronzina (che si ottiene semplicemente moltiplicando il diametro per la larghezza), ma è importante sottolineare che la situazione reale è notevolmente diversa. La pressione infatti non si distribuisce uniformemente su tutta la superficie della bronzina, dato che il carico agisce in una direzione (che cambia durante il ciclo di funzionamento) e che viene sopportato da uno strato di olio il cui ingresso avviene nella zona centrale e la cui fuoriuscita ha luogo lateralmente. È la resistenza allo scorrimento, cioè la viscosità del fluido, che consente allo strato di lubrificante di sopportare il carico, ovvero di trasmettere la forza senza che le due superfici metalliche (del perno e della bronzina) entrino in contatto diretto. Per i moderni motori turbodiesel sono stati sviluppati materiali antifrizione in grado di sopportare carichi anche superiori a 120 MPa, e questo costituisce un risultato straordinario. È stato necessario mettere a punto materiali innovativi anche per consentire alle bronzine di avere una adeguata durata nelle vetture che impiegano il sistema start-stop per ridurre ulteriormente i consumi (e quindi anche le emissioni di CO2).

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La progettazione e la produzione delle bronzine vengono effettuate da aziende specializzate in tale settore. Qui siamo in uno stabilimento della Federal Mogul

Il segreto è l'olio 

Una volta a regime le bronzine sono separate dai perni dell’albero da uno strato di olio che evita i contatti metallici diretti; si ha in pratica un vero e proprio “galleggiamento” di una parte sull’altra (regime di lubrificazione idrodinamico). L’usura pertanto è praticamente nulla. All’avviamento e nei primi attimi che lo seguono le cose stanno però diversamente; il galleggiamento non avviene subito. Quando si arresta il motore l’olio fuoriesce dallo spazio tra ciascun perno e la relativa bronzina; rimane solo una sottile pellicola che aderisce alle superfici metalliche. All’atto del successivo avviamento l’albero inizia a girare, ma passa del tempo, per quanto ridotto, prima che l’olio arrivi in quantità adeguata e riempia lo spazio disponibile tra le parti. Quando ciò accade, grazie alla sua rotazione ciascun perno trascina sotto di sé un vero e proprio “cuneo” d’olio e inizia il galleggiamento. Si instaura così il regime idrodinamico. È pertanto ovvio che è proprio all’avviamento, dove a contare sono le caratteristiche tribologiche dell’olio, che la situazione risulta critica. 

I tecnici del settore affermano che per quanto riguarda la durata delle bronzine non si deve parlare di chilometri percorsi ma di numero di avviamenti!

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Non per nulla i tecnici del settore affermano che per quanto riguarda la durata delle bronzine non si deve parlare di chilometri percorsi ma di numero di avviamenti! Le nuove bronzine sviluppate specificamente per i motori delle vetture dotate di sistema start-stop sono dotate di uno strato superficiale di spessore molto ridotto (ovvero di un “overlay”) costituito da una matrice polimerica resistente alle alte temperature, agli attacchi chimici e alle sollecitazioni meccaniche. In tale strato è incorporato un lubrificante solido, che assicura un coefficiente di attrito molto ridotto unitamente a una buona “lubricity” (termine impiegato anche da noi per indicare l’untuosità ovvero la “oleosità”), caratteristica molto importante quando le condizioni di lubrificazione sono critiche. È presente anche una congrua quantità di particelle dure, che migliorano la resistenza all’usura.  

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La recente diffusione delle auto con sistema start-stop ha reso necessaria la adozione di bronzine innovative (Irox)

Piombo, addio!

L’eliminazione del piombo dai componenti dei motori, avvenuta a partire dal 2011 per ragioni ecologiche, ha causato una mezza rivoluzione nell’ambito dei materiali antifrizione delle bronzine. In un ampio e importante gruppo di questi ultimi (l’altro è costituito dalle leghe alluminio-stagno) tale metallo era infatti presente in misura considerevole. La presenza di questo elemento tenero e plastico era particolarmente vantaggiosa ai fini della incorporabilità e della conformabilità. I materiali più noti e più largamente impiegati per le applicazioni gravose erano quelli al rame-piombo e al bronzo-piombo. Non è stato facile svilupparne altri con caratteristiche adeguate nei quali il piombo fosse assente. Questo anche perché le esigenze che un materiale d’attrito deve soddisfare sono svariate e alcune di esse sono decisamente severe.

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Molti materiali antifrizione sono a base di alluminio, con rilevanti quantità di stagno e spesso anche di nichel e/o silicio. L’abolizione del piombo ha portato a importanti sviluppi in questo settore    

 

Oltre alla capacità di carico, alla resistenza a fatica e a quella all’usura, spiccano la conformabilità e l’incorporabilità. La prima è la capacità di adattamento a piccoli errori geometrici, ovvero la facilità con la quale il materiale è in grado di deformarsi per “copiare” le imperfezioni superficiali e adeguarsi a eventuali disallineamenti. Con il secondo termine si indica la capacità di inglobare minuscole particelle estranee che eventualmente possono raggiungere la bronzina. Un’altra caratteristica significativa è la compatibilità, ovvero la resistenza al grippaggio anche in condizioni di lubrificazione marginale. In particolare nei motori molto veloci può diventare molto importante pure la resistenza alla erosione da cavitazione.

Oggi c'è l'alluminio

Per sostituire i materiali antifrizione che in precedenza contenevano piombo sono state sviluppate nuove leghe a base di alluminio, nella cui composizione sono presenti in quantità rilevanti elementi come lo stagno, il silicio, il rame e/o il nichel; tra le leghe di rame, alcune delle quali hanno una capacità di carico elevatissima, vanno segnalate quelle contenenti una forte quantità di zinco e minori percentuali di nichel, alluminio e manganese e quelle al nichel-silicio. Per inciso, il termine bronzina è ormai da tempo entrato nell’uso comune, ma a rigore si dovrebbe parlare di cuscinetti piani a guscio sottile. Spesso vengono anche definite cuscinetti a strisciamento, anche se nel nostro caso quest’ultimo ha luogo solo per qualche istante, all’avviamento.   

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