L’annus horribilis di Autostrade

L’annus horribilis di Autostrade
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Certamente, è un periodo da cancellare quello appena vissuto dalla concessionaria autostradale e dagli automobilisti liguri. Ma, andando a ritroso nel tempo, scopriamo che le grandi sciagure annunciate non sono una novità
4 gennaio 2020

Annus horribilis per Autostrade, quello appena trascorso. Dopo il crollo del Ponte Morandi, una disgraziata serie di avvenimenti ha inflitto la peggiore conferma al sospetto che la manutenzione delle arterie loro affidate in concessione fosse alquanto trascurata, soprattutto in Liguria.

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La frana sui pilastri della A26 appena dopo la partenza da Savona; la caduta del soffitto in una galleria della stessa autostrada; ancora la perdita di blocchi di cemento sulla A10 nei pressi di Varazze; il costante intralcio alla regolarità del traffico sia sulla A10 che sulla A12 per via dei controlli ai viadotti imposti dopo il crollo del Morandi (e non eseguiti a tempo debito), sono tutte imputazioni così precise che non potranno non pesare nel dibattito sul rinnovo della concessione.

La tragedia di Avellino

Ma, se andiamo a ritroso negli anni, scopriamo che le conferme erano già visibili, per chi voleva vederle. La strage dell’Irpinia, come venne definita la caduta sul viadotto della A16 di un pullman carico di pellegrini nell’agosto del 2014, fu un esempio di depistaggio dalle responsabilità nella manutenzione di quel tratto.

Autostrade, infatti, attribuì subito la responsabilità del sinistro alla carente revisione effettuata poco prima al veicolo, con l’appoggio di qualche ministro. Come se una revisione potesse scoprire che un giunto cardanico di un semiasse posteriore stava per cedere e provocare la rottura di un tubo dei freni.

Al contrario, le perizie del Tribunale di Avellino fecero piena luce sul mancato rinnovo della barriera in cemento a protezione del viadotto e soprattutto dei suoi sistemi di ancoraggio, dannatamente corrosi e disastrati, i cui controlli erano affidati alla stessa società del gruppo che curava - o avrebbe dovuto curare - la manutenzione del Morandi e di tutti gli altri viadotti.

Da Ancona al Monte Bianco

Qualche anno prima, nei pressi di Ancona, sulla A14, una disinvolta operazione della posa di un ponte sopra l’autostrada - operazione effettuata senza bloccare il traffico - si trasformò in una tragica condanna a morte di due coniugi che transitavano proprio mentre il ponte perdeva l’appoggio. Giustificazione ufficiale: “Sono operazioni che abbiamo sempre fatto senza bloccare il traffico”.

Anche ai tempi dell’incendio nel Tunnel del Bianco, nel 1999, venne data una giustificazione alquanto urticante, ripresa ovviamente dalle riviste di settore: “Chi poteva prevedere un simile incidente?”.

Le statistiche lo prevedevano. In quegli anni, infatti, si registrava in autostrada un incendio ogni 10 km. Il Tunnel del Bianco è lungo 11,7 km, quindi, statisticamente, era certo che in pochi anni avrebbe dovuto affrontare quella evenienza.

Le beffa dei prezzi in autostrada

C’è ancora un episodio che vale la pena di ricordare, e che dipinge molto chiaramente la politica aziendale di chi doveva tutelare un bene strategico e primario della Nazione.

Nel 1997 le compagnie petrolifere vennero obbligate da una norma di legge a esporre i prezzi praticati al pubblico* nelle stazioni di servizio. E per quelle operanti sulle autostrade si decise di dotare ogni distributore di un totem che indicava i prezzi dei carburanti senza costringere a entrare nell’area di servizio, come imponeva la norma. Per chi volesse conoscere nei dettagli come andò quella vicenda, consigliamo di leggere qui.

Autostrade tuttavia era contraria, diceva che la pubblicità era vietata sulle strade e pertanto scrisse una lettera, della quale teniamo traccia, nella quale sollecitava l’Unione Petrolifera a spegnere i totem perché potevano distrarre gli automobilisti e creare pericolo. E ottenne dai gestori di far sparire i totem.

In compenso, un po’ infantilmente per la verità, scrisse nei pannelli a messaggio variabile che il prezzo dei carburanti poteva essere conosciuto entrando… nelle stazioni di servizio.

Nel 2007, in una trasmissione radiofonica col ministro Bersani, facemmo notare che i grandi pannelli luminosi a messaggio variabile incombevano sulla testa di chi guidava, spesso con scritte inutili e pubblicitarie, con luce rossa, nella nebbia, generando ben più patema e distrazione di un semplice prezzo.

Bene, il ministro promise di far installare tabelloni riassuntivi dei prezzi all’inizio di ogni tratta. Mantenne la promessa, ma dimenticò di inserire una sanzione per quei distributori che non comunicavano i prezzi. E le norme prive di sanzione sono come aria fritta. Quanto siano oggi inutili quei tabelloni è sotto gli occhi di tutti.

Verosimilmente Autostrade, con la sua lettera, voleva evitare che le varie stazioni di servizio si facessero concorrenza col prezzo, anche perché gravava benzina e gasolio di una cresta a suo favore. Chi entrava nella stazione doveva accettare il prezzo applicato senza poterlo conoscere in anticipo. Alla faccia del libero mercato. Ma la nemesi storica non dimentica. E matura la sua rivincita.

Avete visto quante stazioni di servizio chiudono progressivamente in autostrada? Per forza, gli automobilisti non sono scemi: hanno impiegato poco a scoprire che non conviene fare benzina in autostrada.

Esattamente quello che Autostrade voleva impedire si sapesse.

*I Decreti che hanno regolato l'esposizione dei prezzi dei carburanti

• DECRETO MINISTERIALE 7 MAGGIO 1994

Il decreto prevedeva, all’art. 3, l’obbligo per tutti gli impianti di distribuzione dei carburanti di esposizione dei prezzi (all’epoca consigliati) “in modo visibile dalla carreggiata stradale”.

Il suddetto decreto venne sostituito dal seguente:

• DECRETO MINISTERIALE 30 SETTEMBRE 1999
Con riferimento a tutti gli impianti di distribuzione dei carburanti il decreto prevedeva che, “Al fine di garantire la trasparenza dei prezzi di ogni singolo prodotto nei confronti dei consumatori finali, è fatto obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata stradale i prezzi praticati al consumo.”

• DECRETO LEGISLATIVO 207/2005 e succ. mod. e int.
Il D.M. 30/9/1999 non è mai stato abrogato, ma è stato superato dal cd. “Codice del Consumo” (D.lgs. 206/2005), che all’art. 15, comma 5, prevede che: "I prezzi dei prodotti petroliferi per uso di autotrazione, esposti e pubblicizzati presso gli impianti automatici di distribuzione dei carburanti, devono essere esclusivamente quelli effettivamente praticati ai consumatori. E' fatto obbligo di esporre in modo visibile dalla carreggiata stradale i prezzi praticati al consumo."

Pertanto, gli impianti autostradali sono sempre stati interessati dall’obbligo di esposizione dei prezzi in modo visibile dalla carreggiata stradale.

• CODICE DELLA STRADA
Nonostante ciò, per un periodo di tempo Autostrade per l’Italia non ha consentito l’applicazione delle suddette norme, applicando il Codice della Strada (D.lgs. 285/1992) che, all’art. 23, comma 7, prevede: “È vietata qualsiasi forma di pubblicità lungo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle strade extraurbane principali e relativi accessi. Su dette strade è consentita la pubblicità nelle aree di servizio o di parcheggio solo se autorizzata dall'ente proprietario e sempre che non sia visibile dalle stesse. Sono consentiti i segnali indicanti servizi o indicazioni agli utenti purché autorizzati dall'ente proprietario delle strade. Sono altresì consentite le insegne di esercizio, con esclusione dei cartelli e delle insegne pubblicitarie e altri mezzi pubblicitari, purché autorizzate dall'ente proprietario della strada ed entro i limiti e alle condizioni stabilite con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Sono inoltre consentiti, purché autorizzati dall'ente proprietario della strada, nei limiti e alle condizioni stabiliti con il decreto di cui al periodo precedente, cartelli di valorizzazione e promozione del territorio indicanti siti d'interesse turistico e culturale e cartelli indicanti servizi di pubblico interesse. Con il decreto di cui al quarto periodo sono altresì individuati i servizi di pubblico interesse ai quali si applicano le disposizioni del periodo precedente”.

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