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Sono passati sette mesi da quanto è entrato in vigore l'IRA di Joe Biden (Inflation Reduction Act) che pone pesanti limitazioni ai costruttori cinesi per le auto o le loro componenti strategiche come le batterie, una forma di protezionismo dell'industria locale che non ha eguali al mondo in atto (solo la Francia sta preparando qualcosa di simile). Ma c'è un problema: il provvedimento economico, che mette a disposizione oltre 300 miliardi di dollari, non è bastato per ora a sviluppare una industria "autarchica" per le materie prime e le batterie. Se il "certificato di nascita" di una batteria non risponde a certi requisiti, l'IRA esclude l'auto dagli incentivi, penalizzandola pesantemente quanto a prezzo. Questo certificato, però, non è per niente facile da definire con esattezza, tanto che il ministero del Tesoro americano ci ha messo sette mesi per stabilire le regole, arrivate a dicembre. Per il 2023, la richiesta è stata che metà del valore in dollari della batteria sia costruito in Nord America e che un minimo del 40% delle materie prime utilizzate deve provenire dagli USA o dai Paesi che hanno un trattato di libero commercio (Messico e Canada, secondo l'USMCA del 2020). Queste norme diventeranno sempre più stringenti col passare degli anni e nel 2027 la percentuale delle materie prime sale all'80%.
Tesla, che è di gran lunga il primo costruttore di elettriche, ha comprato enormi quantità di batterie cinesi nel 2023 - addirittura 5,2 miliardi di dollari - per assicurarsi una scorta prima che le regole ferree del Ministero del Tesoro diventino effettive, e si sta organizzando con una Gigafactory in Nevada e una raffineria di litio in Texas, ma ha ancora una forte dipendenza da quanto viene prodotto in Cina da BYD e CATL, e ancora di più lo sono le Big Three di Detroit Ford, General Motors e Stellantis. Il CEO di Ford Jim Farley ha detto che fino al 30% dei guadagni sono a rischio se non si potranno usare le batterie cinesi, che sono ovviamente di gran lunga più economiche rispetto a quanto si produce e si produrrà in altri Paesi come gli USA, il Marocco, l'Australia, il Cile e la Corea del Sud.
Insomma, per vendere le auto elettriche servono gli incentivi, ma gli incentivi non arrivano se compri in Cina. Ma comprare in Cina è l'unico modo per tenere i prezzi bassi. Il paradosso dentro a questa logica è evidente e può attenuarsi solo con i tempi (lunghi) che serviranno agli USA e all'Europa per rendersi indipendenti dai fornitori cinesi di materie prime. Secondo gli analisti l'influenza della Cina sul mercato delle batterie sarà, per USA ed Europa, più alta di quanto non sia oggi l'Opec per il petrolio e tutto questo in un contesto in cui l'entusiasmo iniziale per le auto elettriche va incontro ad un calo su scala mondiale. Dovunque, tranne che in Cina.