Joe Biden e l'auto: cosa cambierà con il nuovo presidente alla guida degli USA

Joe Biden e l'auto: cosa cambierà con il nuovo presidente alla guida degli USA
Pubblicità
Grande spinta verso l'auto elettrica, distensione dei rapporti commerciali con la Cina e dialogo con i costruttori meno tempestoso che con Trump dovrebbero ispirare il mandato del 46esimo presidente degli Stati Uniti
9 novembre 2020

Ormai si può dire che sia ufficiale: l'America ha un nuovo presidente, il 46esimo delle sua storia, nel democratico Joe Biden al termine di una campagna elettorale forse tra le più aspre che si ricordino e il mondo si interroga adesso come saranno gli USA a partire dal 20 gennaio 2021, data dell'insediamento alla Casa Bianca, sotto la sua guida.

Tra coloro che guardano con molto interesse al futuro c'è naturalmente l'industria dell'auto, centrale per quello che ormai si può chiamare l'ex presidente Donald Trump, centrale anche per Biden in un paese che è da sempre insieme uno dei maggiori produttori ed uno dei maggiori consumatori.

La previsione più scontata che si può fare è quella che vuole in Biden un presidente della più grande superpotenza occidentale maggiormente interessato di Trump a promuovere politiche “green”, una visione che influenzerà direttamente ed indirettamente in maniera determinante il settore delle quattro ruote almeno per i prossimi quattro anni.

Donald Trump ha avuto nel corso del suo mandato un rapporto piuttosto controverso con le “Big Three”, allo stesso tempo conflittuale ed affettuoso.

Desideroso di farle tornare ad essere un fiore all'occhiello del mondo produttivo a stelle e strisce, ha messo i bastoni tra le ruote a General Motors, Ford e Fiat-Chrysler quando si è trattato di frenare le delocalizzazioni verso i paesi sudamericani in cui i costi di produzione sono di molto più bassi (60 dollari l’ora negli USA contro 8 in Messico ), con effetti benefici per l'occupazione interna, poi mitigati dallo scoppio della pandemia di Coronavirus.

Memorabili le convocazioni d'urgenza dei numero uno delle varie Case americane ed estere (aveva ottimi rapporti con Sergio Marchionne) e le bacchettate in mondovisione a GM e Ford per dare maggior peso alle fabbriche USA e ridurre la produzione all'estero, pena l'introduzione di pesanti dazi sull'importazione poi mai messa in atto.

Nelle sue intenzioni, le ha però anche aiutate abbassando le tasse per le imprese ed allentando fortemente i limiti alle emissioni imposti con il “Clean Air Act” della precedente amministrazione Obama, misura che gli era stata richiesta da diversi costruttori nazionali soprattutto, ai quali ha concesso in questo senso di più di quanto desiderato.

Ma allo stesso tempo ha incontrato l'opposizione nei tribunali di diverse amministrazioni locali, California in testa, accanto alla quale si sono schierate alcune Case soprattutto non americane tra quelle che hanno più investito sul fronte dell'auto elettrica come la “dissidente” Ford insieme a BMW, Honda, Volkswagen e Volvo.

In corso vi sono una miriade di contenziosi che con Biden potrebbero essere chiusi con una “restaurazione” del precedente programma di riduzione delle emissioni, varato nel periodo in cui il vice di Obama era proprio Biden. Con tutta probabilità il neopresidente vorrà rispolverare ed anzi potenziare quelle misure allora volute a gran voce dal suo elettorato.

Ci si attende da Biden inoltre una distensione dei rapporti politici e commerciali con la Cina, territorio ormai irrinunciabile per i costruttori, sia come paese di produzione che come mercato. Non solo di automobili fatte e finite, ma anche di componentistica elettronica, che nelle auto di oggi e di domani hanno ed avranno un peso sempre maggiore: i big del settore sono legati a doppio filo con la Repubblica del Dragone e infatti oggi il settore “tech” festeggia in Borsa con rialzi considerevoli.

Sulla carta, dovrebbe quella dei prossimi quattro anni essere insomma un'America più ambientalista rispetto a quella di Trump e non è da escludere un rientro nell'Accordo di Parigi sui cambiamenti, da cui gli USA, primo paese al mondo a farlo, sono formalmente usciti appena quattro giorni fa.

Anzi, dovrebbe essere una delle prime mosse di Biden, che durante la campagna elettorale ha promesso una nuova adesione dell'America all'accordo sulle riduzione delle emissioni da cui oggi è fuori.

Joe Biden posa sulla Corvette che gli è stata regalata dal padre nel 1967.  "La amo. Quello che mi piace di più è la sensazione di controllo completo"
Joe Biden posa sulla Corvette che gli è stata regalata dal padre nel 1967. "La amo. Quello che mi piace di più è la sensazione di controllo completo"
Naviga su Automoto.it senza pubblicità
1 euro al mese

Tra le promesse del nuovo presidente democratico vi è l'impegno a utilizzare 500 miliardi di dollari all'anno per promuovere energia pulita e veicoli a zero emissioni e a dimezzare i consumi di carburanti di origine fossile. Nel suo programma si legge anche di una conversione dei veicoli di servizio Diesel come i tipici scuolabus in veicoli elettrici e di miglioramento degli attuali incentivi per l'acquisto di vetture a batterie (mai andati in soffitta, nonostante la volontà di Trump) anche attraverso un ritorno dei bonus per la rottamazione.

Una posizione che in qualche modo preoccupa una buona fetta dei lavoratori dell'industria dell'automobile yankee: il sindacato unico UAW ha appoggiato Biden nella corsa verso Washngton, ma pare che oltre un terzo degli affiliati abbiano votato Trump, preoccupati da una possibile diminuzione dell'occupazione. A questi Biden ha promesso che il nuovo “green deal” permetterà di creare un milione di posti di lavoro nel settore automotive.

C'è un'immagine che immortala perfettamente il compito che attende l'ex senatore di lungo corso: quella in cui in un video per la campagna elettorale mostra la sua amata Corvette Stingray Convertible del '67 regalatagli per le nozze dal padre (che lavorava in una concessionaria Chevrolet nel Delaware) mentre parla con entusiasmo di una futura Corvette elettrica da 200 miglia all'ora.

Tradizione ed orgoglio nazionale insieme ad una buona dose di propensione per l'innovazione sono i due aspetti che Biden dovrà conciliare nella sua nuova veste, almeno nel settore delle quattro ruote.

Ci riuscirà? Il compito sembra certamente alla sua portata, ma il nuovo presidente dovrà fare i conti con una maggioranza parlamentare meno netta di quella che aveva Obama ed una popolazione, guardando ai risultati delle elezioni, pressoché divisa in due tra democratici e conservatori e con un Senato perfettamente spaccato a metà.

Pubblicità