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Caterpillar addio, senza nostalgia: per i lavoratori dello stabilimento jesino della multinazionale che lo scorso settembre ha deciso di chiudere bottega, si aprono le porte di una nuova attività, grazie al passaggio alla proprietà Imr Industriale Sud, che garantirà la piena continuità occupazionale e produttiva, così come i sindacati chiedevano dall’inizio di questa vicenda.
Una conclusione positiva che giunge alla fine di cinque intensi mesi di lotta operaia per difesa del posto di lavoro e trattative serrate tra istituzioni, sindacati ed imprenditori interessati a rilavare il sito produttivo.
Ora, finalmente, la fumata bianca: oltre al mantenimento dell’anzianità maturata dai lavoratori, è stato definito un nuovo premio di risultato che non potrà essere inferiore a 1.500 euro all’anno, con un «fisso» di circa 100 euro al mese per ogni dipendente: condizioni valide anche per le future assunzioni, alle quali avranno diritto di prelazione i precari storici).
Inoltre, qualora in tre anni la Imr non dovesse realizzare gli impegni industriali concordati e quindi dovesse licenziare, è stata stabilita una penale da un minimo di sei a un massimo di trenta mesi di stipendio per i lavoratori.
La terza vita della ex Caterpillar (e già in passato Sima) di Jesi comincerà a giugno, ma non si placano le polemiche relative al comportamento dell'azienda americana, che con 42 miliardi di fatturato e 4,6 miliardi di utile stando all’ultimo bilancio, ha deciso il taglio dello stabilimento italiano per pura logica di mercato: delocalizzando la produzione fuori dall’Italia, Caterpillar avrebbe risparmiato almeno il 20% su ogni pezzo realizzato, percentuale che sarebbe addirittura al 25% con la produzione esternalizzata, cioè passata all’indotto.
Qualcuno dice che sono le regole del capitalismo, per garantire bilanci floridi e dividendi succosi agli azionisti: ma quando si vivono sulla pelle degli operai, che quelle ricchezze contribuiscono ogni giorno a produrre con sudore e fatica, diventano davvero ingiustificabili.