Jaguar Land Rover, Maver: «Serve aiutare tutte le ultime motorizzazioni, meno inquinanti»

Jaguar Land Rover, Maver: «Serve aiutare tutte le ultime motorizzazioni, meno inquinanti»
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Il presidente e AD di Jaguar Land Rover Italia, Daniele Maver, sulle misure prese durante l'emergenza e sul futuro dell’auto. «I nostri clienti possono ordinare le novità o usufruire subito di buone offerte negli stock dei concessionari»
28 aprile 2020

Dopo l'emergenza, in Italia riaprono le concessionarie. Abbiamo parlato di Jaguar Land Rover con il suo presidente e amministratore delegato Daniele Maver

Qual è la vostra situazione oggi a livello di fabbriche e di rete?

Daniele Maver: «Le fabbriche sono al 95% chiuse; l’eccezione è il nostro stabilimento in Cina, che invece ha ripreso quasi a pieno ritmo. È previsto un piano di riaperture con una data cruciale, il 18 maggio, perché buona parte degli impianti riaprirà in quella circostanza. Questo perché dal momento in cui si decide di riaprire una fabbrica a quando questo accade passano alcune settimane. Per quanto riguarda i concessionari, il 40% delle officine è rimasto aperto, come previsto dal Decreto. Dal 4 maggio, secondo il documento della commissione di Colao, l’attività automotive è considerata a basso rischio; in effetti, purtroppo o per fortuna, non ci sono mai state le file davanti alle concessionarie, pur essendo dei bellissimi showroom (ride, ndr)».

In queste settimane, i concessionari sono gli imprenditori della filiera dell'auto a soffrire di più. Nel rapporto contrattuale con la casa, voi come gli siete andati incontro?  

«Noi siamo stati molto attivi. Abbiamo un Dealer Council che normalmente si riunisce una volta a trimestre, ma che tra marzo e aprile si è riunito cinque volte; c'è uno scambio intenso. In questi due mesi, in cui l'attività si è ridotta quasi a zero, l'obiettivo è stato azzerare i pagamenti dei concessionari nei nostri confronti. Tutte le scadenze – macchine da pagare, ricambi – sono state posticipate o compensate con premi, incentivi. È stato uno sforzo per aiutare i concessionari a sostenere la propria azienda preservando il cash flow». . 

Da una parte l'automobile può essere un'opportunità eccezionale per il ritorno alla normalità, perché permette di evitare il ricorso ai mezzi pubblici e gli assembramenti, dall'altra, però, lo smart working sta modificando le abitudini delle persone. Secondo lei che ruolo avrà l'automobile nella ripartenza? 

«I due fenomeni che cita sono ugualmente importanti, anche se di segno opposto. Potremmo sperare che uno compensi l’altro. Una maggiore attenzione all'automobile privata a scapito del trasporto pubblico, ma anche dello sharing, sia per il lavoro ma anche per viaggi brevi, in alternativa al treno o all’aereo, è da mettere in conto. D'altro canto, ci siamo tutti abituati allo smart working, pur con qualche limite; ci siamo resi conto di poter sopravvivere con lo smart working, cosa che prima non sapevamo. Questo spingerà le aziende che lo hanno adottato in questo periodo ad impiegarlo in modo più consistente in futuro; bisogna trovare un equilibrio. Sono fiducioso in questo senso».

Immagino poi che per il vostro target ci siano comunque esigenze diverse rispetto ad altri brand non premium

«Alcuni nostri clienti durante la settimana prima dell'emergenza impiegavano poco la macchina; era lo strumento per spostare la famiglia al mare o in montagna. Adesso questo aspetto si accentua: può darsi che ci sia un maggior uso in settimana, in parte compensato dall’impiego dello smart working. Io credo che l'automobile nel post COVID-19 possa riprendersi un ruolo centrale, anche come traino dell'economia. L’automotive rappresenta l’11% del PIL, per cui abbiamo un peso sull'economia nazionale sicuramente rilevante». 

Varie ricerche fatte a Roma, Milano dall’ARPA hanno evidenziato come le emissioni di CO2 e la concentrazione di NOx non siano calate in maniera così vistosa con la riduzione del traffico sulle strade a causa del lockdown

«L’automobile è sicuramente sempre stata criminalizzata per le emissioni; certamente ha una responsabilità in questo senso, ma negli ultimi anni le emissioni di NOX e di CO2 da parte delle vetture si sono ridotte in modo sensibile, già dall’introduzione del filtro antiparticolato. Bisogna analizzare anche le altre fonti, come i riscaldamenti, gli aerei, con l’impatto ambientale dei voli low-cost». 

Alla luce delle ridotte emissioni delle Euro 6, lei ha chiesto al Governo di estendere gli incentivi rispetto agli attuali parametri?

«Io sono anche membro del consiglio direttivo di UNRAE; la nostra proposta è quella di allargare gli incentivi a tutte le vetture sotto i 95 g/km. Non ci scordiamo che da un lato campagne come la rottamazione hanno portato in passato a risollevare il mercato dell'automobile, ma anche l'economia, mentre dall’altro siamo preoccupati della situazione dell’ambiente, ma una fetta importante del parco circolante è costituita da vetture che hanno più di 11 anni, e sono quindi inquinanti. Rimodernare il parco è un’operazione fondamentale di cui non solo il mercato auto beneficia: il governo ha un flusso maggiore di IVA. È importante anche adeguare le politiche sulle auto aziendali. Parliamo tanto della competitività delle nostre aziende, ma sul costo della gestione del parco aziendale la deducibilità è inferiore al resto dei Paesi. Servirebbe allinearsi alle altre nazioni europee sui costi». 

Sul fronte dello sviluppo, lei pensa che l’emergenza porterà ad un allungamento delle tempistiche? O magari si potranno riallocare le risorse che sarebbero state impiegate per i target di CO2, se diventassero meno stringenti?

«Spero innanzitutto che ci sia un minimo di flessibilità per quanto riguarda le multe sui target di CO2; abbiamo subito una paralisi di due mesi, che diventeranno di più. Non bisogna poi dimenticarsi che gli obiettivi europei sono più stringenti rispetto a quelli degli USA o della Cina. In questo momento, serve attenzione nei confronti dell’industria. Sul fronte delle motorizzazioni, spero che non ci siano più discriminazioni sul diesel e sugli endotermici in generale. Non c’è nessun motivo per cui serva bloccare il traffico del Diesel Euro 6. Lo stop di questi motori ha un effetto depressivo sul mercato, perché i clienti sono spaesati. Se invece si bloccassero tutti i propulsori, tranne quelli di ultima generazione, sarebbe uno stimolo al cambio dell’auto. Ovviamente ci aspettiamo una crescita delle motorizzazioni elettrificate, come le nostre Evoque e Discovery Sport plug-in hybrid. Sono però numeri abbastanza piccoli al momento». 

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Io credo che l'automobile nel post COVID-19 possa riprendersi un ruolo centrale, anche come traino dell'economi

Quest’anno sono previsti i lanci della Defender, della F-Type, macchine iconiche. Sono cambiate le tempistiche di arrivo sul mercato? 

«Sì, abbiamo dovuto rivedere i nostri piani. Gli eventi di presentazione alla stampa della F-Type, previsti per aprile, sono stati rinviati. Per quanto riguarda invece la Defender, sarebbe dovuta arrivare nelle concessionarie ad aprile, ma abbiamo dovuto posticipare. Il nuovo piano prevede circa un mese di ritardo nella presentazione al pubblico localmente. Il primo allestimento al debutto è il 110, che conta però per il 25% delle vendite del modello; il 90, che rappresenta il 75%, sarebbe comunque arrivato a settembre. Abbiamo ridotto le attività previste a livello di eventi per il 110, allocando la maggior parte delle risorse sul 90, il pezzo forte della gamma».  

Avete previsto delle promozioni per incentivare i clienti alla riapertura dei concessionari? 

«Qualcosa faremo. Io penso che ci creerà una dicotomia tra uno stock esistente in concessionaria su cui si possono essere agevolazioni, e le vetture ancora da produrre, che a questo punto rischiano di arrivare dopo l’estate, quando ci saranno condizioni normali»

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