Insulto razzista: Kyle Larson sospeso da Ganassi

Insulto razzista: Kyle Larson sospeso da Ganassi
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Nel corso di una gara virtuale, il pilota della NASCAR, Kyle Larson, si è lasciato scappare un insulto razzista che rischia di costargli la carriera
14 aprile 2020

Uscita decisamente poco felice, quella del pilota statunitense Kyle Larson nel corso di una gara virtuale: l'alfiere di NASCAR si è lasciato sfuggire un insulto razzista durante la corsa "Monza Madness", cui hanno partecipato diversi suoi colleghi. Larson ha accusato alcuni problemi tecnici, perdendo il collegamento audio con i concorrenti, e, mentre testava l'audio, si è lasciato sfuggire un: «Hey, ne*ro, mi senti?». Parola pesante, specie se rapportate al contesto degli USA, in cui gli insulti razzisti nei confronti delle persone di colore sono un tasto decisamente - e giustamente - dolente.

Si capisce quindi perché lo sdegno da parte dell'opinione pubblica non si sia fatto attendere: sebbene Larson si riferisse ad un membro del suo team, con cui evidentemente ha confidenza, l'insulto razzista uscito dalla bocca dell'americano gli ha fatto ricevere una marea di insulti dagli utenti che stavano seguendo la diretta. Il peggio, però, doveva ancora venire: sia gli sponsor di Larson, McDonald's e Credit One Bank, che il team Chip Ganassi Racing e addirittura la stessa NASCAR hanno diffuso dei comunicati stampa in cui prendevano ufficialmente le distanze da quanto detto dal pilota.

Chip Ganassi Racing ha fatto di più, annunciando di aver deciso di sospendere Larson, senza corrispondergli lo stipendio. «Le parole che ha scelto di utilizzare - si legge nella nota diffusa alla stampa dal team -  sono inaccettabili». Chevrolet, dal canto suo, ha fatto sapere di aver chiuso la collaborazione con Larson, «perché non tolleriamo questo comportamento. Continueremo a monitorare le vicende legate al Signor Larson e siamo pronti a prendere altri provvedimenti». Larson ha chiesto scusa tramite i propri canali social, dicendosi pronto a prendersi le proprie responsabilità, pur consapevole che «il danno è probabilmente irreparabile». In effetti, una parola decisamente fuori posto rischia di troncargli del tutto la carriera.

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