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Con circolare n. 14 dello scorso marzo, l’Inail (l'Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro) ha confermato le linee guida per la trattazione degli infortuni in itinere in caso di uso, da parte del lavoratore, della bicicletta quale mezzo privato per raggiungere il luogo di lavoro.
Nello specifico, l’Inail non espleterà più alcuna istruttoria in merito alla necessità dell’utilizzo del mezzo privato per chi si faccia male andando a lavorare in bicicletta, in conseguenza dell'entrata in vigore, a dicembre 2015, della legge n. 221/2015, ossia il collegato ambientale alla legge di Stabilità per il 2016, la quale, intervenendo sul DPR n. 1124/1965, ha introdotto il principio secondo cui l’uso del velocipede, alla luce dei positivi riflessi sull’ambiente, deve intendersi sempre «necessitato».
Nella circolare diffusa ai datori di lavoro, l’Inail ricorda anzitutto che, dopo le istruzioni dettate con lettera della direzione centrale prestazioni del 7 novembre 2011, l’infortunio in itinere andava riconosciuto ove avvenuto in bicicletta solo se l’evento lesivo si fosse verificato su pista ciclabile o zona interdetta al traffico, ma non su una strada aperta al traffico di veicoli a motore: in quest’ultimo caso, infatti, l’indennizzo veniva riconosciuto solo se l’utilizzo della bicicletta fosse necessitato e in mancanza si ricadeva nell’ambito del cosiddetto rischio “elettivo”, non protetto dal punto di vista assicurativo.
In pratica, in caso d’incidente su percorso non protetto andava valutato se l’uso della bicicletta, come quello di qualsiasi mezzo privato, fosse necessario e quindi equiparabile all’utilizzo del mezzo pubblico o al percorso a piedi.
Con le modifiche introdotte, detta ultima valutazione diventa superflua, mentre restano vigenti le regole generali legate all’infortunio in itinere di cui all’articolo 12 del D.Lgs n. 38/2000, in base al quale l’assicurazione infortunistica opera solo nel caso in cui l’incidente del lavoratore avvenga durante il normale percorso d’andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro.
In questo contesto – ricorda la circolare Inail – per «percorso normale» si intende quello effettuato a orari confacenti con quelli lavorativi «in modo tale che il lavoratore non abbia possibilità di una scelta diversa né in ordine al tragitto, né in ordine all’orario».
Il percorso deve essere, insomma, quello normalmente compiuto dal lavoratore «anche se diverso da quello oggettivamente più breve, purché giustificato dalla concreta situazione della viabilità».
La tutela assicurativa non opera, inoltre, in caso di interruzioni o sospensioni (ma non di brevi soste) del percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione al lavoro «che siano del tutto indipendenti dal lavoro o comunque non necessitate».
Inoltre, sottolinea la circolare, la valutazione in ordine alla necessità dell’uso del mezzo privato va comunque condotta con i «criteri di ragionevolezza» elencati nella circolare e cioè: il percorso deve essere quello normale per andare e tornare dal lavoro e non seguito per ragioni personali o in orari non ricollegabili al lavoro; necessità dell’uso del mezzo privato tenendo conto degli orari di lavoro e dei mezzi pubblici.
Infine, osserva l’Inail, nulla cambia neppure se l’infortunio accaduto sia addebitabile a colpa del lavoratore, ragion per cui aspetti soggettivi della condotta dell’assicurato come negligenza, imperizia o violazione di norme, non interrompono il nesso causale tra rischio lavorativo e sinistro, «salvo si tratti di comportamenti così abnormi da sfociare nel rischio elettivo» come stabilito in proposito dalla Cassazione.