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In fatto di potere antidetonante del carburante ogni motore ha le sue esigenze. Ha cioè una sua “richiesta ottanica”, costituita dal minimo numero di ottano che il carburante stesso deve avere per consentire un funzionamento corretto, senza che si verifichi la detonazione.
I motori delle auto di serie vengono progettati per essere alimentati con benzina avente un numero di ottano research non inferiore a 95. Ciò è determinante per quanto riguarda la scelta del rapporto di compressione. Per ottenere il miglior rendimento termico quest’ultimo deve essere il più elevato possibile, ma osservando i dati tecnici forniti dalle case per le loro auto, che pure usano tutte lo stesso carburante, chiunque potrà constatare che i rapporti di compressione sono sensibilmente diversi nei vari casi. Questo significa che in effetti la richiesta ottanica varia da motore a motore. Basta che le camere di combustione abbiano un rapporto superficie/volume più basso (cosa che può tipicamente derivare da un angolo tra le valvole minore o da un maggior rapporto corsa/alesaggio) o che il percorso della fiamma sia più breve (ad esempio in quanto l’alesaggio è inferiore) perché un motore possa funzionare, senza che si verifichi la detonazione, con un rapporto di compressione più alto rispetto a un altro di caratteristiche analoghe.
Oltre al rapporto di compressione, ci sono comunque anche altri fattori che determinano la richiesta ottanica di un motore, come la geometria delle camere di combustione, la temperatura delle loro pareti (che è legata anche alle caratteristiche del sistema di raffreddamento), la posizione della candela e l’intensità della turbolenza.
È importante sottolineare che stiamo parlando di un rapporto geometrico, cioè tra due volumi. Nei motori a due tempi ad accensione per scintilla assai spesso il rapporto di compressione viene calcolato considerando come massimo volume a disposizione dei gas all’interno del cilindro quello al di sopra del pistone quando il bordo del cielo di quest’ultimo è allineato con il margine superiore della luce di scarico. In altre parole, proprio quando termina la chiusura della luce e la miscela aria-carburante è realmente intrappolata nel cilindro, poiché questo non è più in comunicazione con l’esterno.
Adottando questo stesso criterio (peraltro rigoroso), nei motori a quattro tempi il rapporto di compressione potrebbe essere calcolato considerando come massimo volume a disposizione dei gas all’interno del cilindro quello sopra il pistone nel momento esatto in cui la valvola di aspirazione termina la sua chiusura, andando a poggiare sulla sede. Però il calcolo sarebbe notevolmente più complicato. Nessuno ci dice quando termina effettivamente la chiusura della valvola. Possiamo rilevare tale punto ma le ultime fasi di ritorno in sede sono talmente graduali, per via delle rampe di raccordo, che lo spazio per il passaggio dei gas è comunque ridottissimo! E comunque, di questo rapporto di compressione “corretto” non è che si senta la necessità; quello geometrico va benissimo per le nostre considerazioni ed è OK per qualunque calcolo.
Occorre anche dire che, se un motore ha un rendimento volumetrico inferiore rispetto a un altro, all’inizio della fase di compressione uno stesso volume di miscela aria-carburante all’interno del suo cilindro conterrà un minor numero di molecole. Nei motori che “respirano” peggio, rispetto ad altri di dimensioni e caratteristiche analoghe, si possono perciò adottare rapporti di compressione più alti; la loro resistenza alla detonazione è infatti maggiore, perché la pressione e la temperatura alla fine della fase di compressione (e quindi anche i valori massimi del ciclo) sono minori. Dunque, se fosse possibile calcolarlo con una adeguata precisione (e se convenisse), si potrebbe addirittura considerare un rapporto di compressione “dinamico” o “efficace”, che tenga cioè conto pure del rendimento volumetrico…
L’erogazione di potenza nei motori a ciclo Otto viene controllata agendo sulla respirazione, che è perfettamente libera solo allorché la valvola del gas è completamente spalancata, ovvero quando l’acceleratore è premuto a fondo. Di conseguenza considerazioni analoghe a quelle appena fatte parlando del rendimento volumetrico valgono anche per uno stesso motore. E infatti la detonazione si verifica alle grandi aperture della valvola del gas. Ad esempio, quando si preme con decisione il pedale dell’acceleratore alla uscita di una curva, con il motore a basso regime, in molti casi è ben avvertibile il famigerato “battito in testa”.
I motori moderni possono giovarsi in misura molto rilevante del contributo dell’elettronica grazie alle mappe che, memorizzate nella centralina, le indicano l’anticipo di accensione ottimale (anche per allontanare il rischio di detonazione) per tutte le varie combinazioni carico/regime del campo di utilizzazione del motore. Inoltre, la centralina può integrare le informazioni contenute nella mappa con quelle che le arrivano da una serie di sensori che rilevano la temperatura del liquido di raffreddamento, la pressione e la temperatura ambiente, etc… E naturalmente, c’è un sensore di battito che la informa in merito all’irruvidirsi della combustione.
Il rapporto di compressione geometrico, cioè quello al quale si fa sempre riferimento, risente delle tolleranze dimensionali con le quali sono realizzati i vari componenti. Al punto morto non è detto che tutti i pistoni di uno stesso motore arrivino esattamente alla medesima altezza, all’interno dei cilindri. E le camere di combustione nella testa, soprattutto se sono ricavate direttamente di fusione (come accade nella stragrande maggioranza dei motori di serie), non hanno tutte una eguale capacità. Si tratta di piccole differenze, accettabili nei motori di serie ma che in quelli da competizione vanno ridotte al minimo (l’obiettivo sarebbe quello di eliminarle completamente…). Rispetto al rapporto di compressione indicato dal costruttore esiste dunque una certa tolleranza (vi sono cioè lievi scostamenti) e in un medesimo motore il rapporto stesso non è proprio identico per tutti i cilindri!