Il muro di Trump conviene a FCA, Ford e GM?

Il muro di Trump conviene a FCA, Ford e GM?
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Diverse analisi indicano che fabbricare auto in Messico conviene anche agli USA. Ecco perché
27 gennaio 2017

Punti chiave

10 o 15 miliardi di dollari. Tanto costerebbe il muro che Donald Trump vuole costruire al confine col Messico, un'enorme barriera pensata non solo per frenare l'immigrazione illegale tra i due paesi, ma come stratagemma che il Presidente vuole usare per rinegoziare o cancellare il trattato NAFTA che dal 1994 permette la libera circolazione di beni tra USA, Messico e Canada. Un trattato che secondo Trump penalizza l'America.

Secondo quanto annunciato dalla Casa Bianca nelle ultime ore, per finanziare il muro da 3.144 chilometri che attraverserebbe California, Arizona, New Mexico e Texas sarà imposta una tassa sull'importazione del 20%, dunque non più del 35% come annunciato in campagna elettorale e fino a pochi giorni fa. Considerando che le importazioni dal Messico valgono ad oggi 50 miliardi di dollari «possiamo ottenere 10 milioni di dollari in un anno e pagare facilmente il muro attraverso questo meccanismo», ha spiegato il portavoce della Casa Bianca Sean Spicer

Quello che finora sembra incerto, dichiarazioni di circostanza da parte dei vari Marchionne, Fields e Barra a parte, è se la rinegoziazione del NAFTA con l'introduzione del dazio doganale del 20% sulle importazioni dal Messico possa avere davvero una ricaduta positiva sull'industria domestica teorizzata da Trump, almeno nel caso dell'industria dell'automobile e in particolare per General Motors, Ford e Fiat Chrysler.

E' infatti arcinoto che l'industria dell'auto, anche e soprattutto quella americana, opera su scala globale, per cui sceglie di produrre al di fuori dei confini nazionali per diverse ragioni: per limitare i costi di trasporto che sarebbero enormi spedendo le proprie vetture o la componentistica da Paesi più lontani, per sfruttare il minore costo del lavoro ed anche per avere accesso ai diversi accordi di libero scambio in vigore dei Paesi in cui si produce. In questo caso il Messico batte gli USA 46 a 20. Il Messico dunque è una base per le esportazioni molto importante, anche per gli stessi Gruppi americani.

«Limitare il flusso di veicoli dal Messico verso gli USA non creerebbe automaticamente nuove fabbriche negli Stati Uniti. Il Canada, per rimanere in ambito NAFTA, è una scelta di ripiego abbastanza ovvia, infatti gli odierni tassi di cambio e il costo del lavoro sono più bassi che negli USA», spiega un report del Center for Automotive Research. Il rischio dunque, secondo gli analisti, è che i costruttori possano spostare gli investimenti altrove, piuttosto che in Messico, ma non negli USA dove i costi sono più alti.

Vi è poi il nodo della componentistica: le stime di uno studio del Woodrow Wilson International Center for Scholars dicono che ogni componente può attraversare il confine fino a otto volte, prima che il veicolo sia pronto ad essere venduto, con un evidente aggravio dei costi se dovesse entrare in vigore il dazio voluto da Trumo. Tutto ciò è ancora più rischioso se si considera che quasi il 40% dei componenti presenti sulle auto prodotte in Messico proviene dagli USA. 

Un report del 2014 del Peterson Institute for International Economics di Washington ha poi messo in luce come la maggiore competitività del Messico sia un vantaggio per i Gruppi che hanno base negli States. Gli analisti hanno calcolato che all'interno della stessa azienda, un incremento del 10% nei livelli occupazionali in Messico comporti un incremento dell'1,3% dell'occupazione, del 1,7% nelle esportazioni e del 4,1% nella spesa in R&D negli USA, il che si traduce in maggiore offerta di lavoro qualificato. 

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