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Come abbiamo già avuto modo di raccontare nelle settimane passate, tra le industrie che risentiranno maggiormente - in un modo e nell'altro - della storica rivoluzione che comincia alla mezzanotte di oggi c'è anche quella dell'auto.
Vediamo quindi, punto per punto, i temi caldi della questione
Dev'essere effettuato da un unico ente omologato (nel caso del Regno Unito, l'autorità di certificazione) che, dopo aver verificato la conformità di un veicolo agli standard internazionali, ne approva la vendita in tutta l'Ue.
Ciò significa che i veicoli fabbricati nel Regno Unito per tutto il periodo di transizione possono continuare a ottenere omologazioni a livello Ue ed essere autorizzati per la vendita sul mercato europeo.
Ma dopo? Una parte fondamentale delle discussioni con l'Europa sarà incentrata sulla conferma che quest'ultima accetterà o meno il Regno Unito come entità di certificazione, che è poi la direzione verso cui spinge il governo britannico.
Se ciò non dovesse avvenire, potrebbe accadere che i produttori debbano chiedere l'autorizzazione a un'autorità di un Paese europeo, e ciò comporterebbe costi aggiuntivi significativi e potenziali ritardi nella pianificazione e nello sviluppo di nuovi veicoli.
L'industria automobilistica del Regno Unito è stata quasi unanime nell'esprimere l'importanza di un regime doganale semplificato, basato cioè sull'unificazione normativa e sulle modalità di commercio senza dazi.
La dichiarazione politica pubblicata dal governo il 19 ottobre del 2019 è stata resa proprio per seguire tale direzione, affermando cioè che il Regno Unito e l'Ue sono desiderosi di creare "un'area di libero scambio, combinando una profonda cooperazione normativa e doganale, sostenuta da disposizioni che garantiscano condizioni di parità per concorrenza leale e che, attraverso un accordo di libero scambio, le parti assicureranno nessuna tariffa, onorario, onere o restrizione quantitativa in tutti i settori con adeguate e moderne norme di origine di accompagnamento”.
Va detto, però, che questo impegno di reciprocità è contrapposto alle più recenti dichiarazioni del governo Johnson sull'importanza di mantenere l'autonomia normativa e la libertà di sviluppare nuovi accordi commerciali con altri paesi del mondo. Resta da vedere come si possa raggiungere un equilibrio tra i due estremi.
Di fondamentale importanza per l'industria automobilistica è la necessità di mantenere un commercio senza attriti. Un'automobile moderna può avere oltre 30.000 componenti diversi, provenienti da tutta la catena di approvvigionamento e in diversi mercati, con circa 1.100 camion dell'Ue che, ogni giorno, consegnano 35 milioni di sterline di materiale.
E' evidente come l'introduzione di una tassa alle importazioni e alle esportazioni avrebbe un impatto enorme sui produttori automobilistici con sede nel Regno Unito, data la loro dipendenza da fornitori non britannici e il fatto che l'Ue è il più grande mercato di esportazione del Regno Unito.
Cifre alla mano, l'introduzione delle tariffe di importazione e di esportazione costerebbe 4,5 miliardi di sterline all'anno che, a fronte di un budget annuale per la ricerca e lo sviluppo del settore pari a circa 3,5 miliardi, comporterebbe un deficit di 1 miliardo di sterline in un settore caratterizzato da margini di profitto molto contenuti.
Anche l'accesso ai talenti dell'industria automobilistica è una questione molto importante. Si stima che il 10% delle persone occupate nel settore manifatturiero automobilistico del Regno Unito provenga dai Paesi dell'Ue e pertanto i diritti dei cittadini europei residenti nel Regno Unito sono oggetto di controversia, poiché c'è una reale possibilità che questa parte della forza lavoro venga colpita e danneggiata.
Secondo alcune analisi, le possibili restrizioni alla libera circolazione delle persone, combinate con l'aumento dei costi di produzione e a un possibile calo della domanda dovuto alle tante incognite normative sul fronte del libero commercio nonché lo spostamento altrove della produzione potrebbe comportare una diminuzione nella produzione di 1 milione di auto all'anno, con una perdita per il Regno Unito quantificabile in oltre 40 miliardi di sterline.
Alla luce dell'annuncio del Dipartimento dei trasporti sull'intento di perseguire un approccio alla riduzione delle emissioni “ambizioso almeno quanto le attuali disposizioni dell'Ue”, un terreno di sviluppo molto interessante sarà quello che riguarderà la produzione e l'adozione di veicoli più puliti.
Ciò si renderà necessario poiché con l'uscita dall'Europa il livello di emissioni del Regno Unito non farà più media con quello degli altri paesi dell'Ue.
Pertanto, al fine di ridurre l'attuale cifra media di emissioni di 127,9 g/km ai 95 g/km previsti, dovrà inevitabilmente spostarsi verso l'adozione di nuove tecnologie. Tutto ciò, più che un limite potrà rappresentare una grande opportunità per tutto il comparto automotive.