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Si può dire che le rotaie esistano da sempre. Ovunque ci fosse necessità di trasportare qualcosa utilizzando le ruote, si è cercato di farle rotolare su un fondo liscio e piano. Le rotaie vere e proprie, accoppiate a formare un binario, datano dal millesettecento e furono prima in legno e poi in metallo, un po’ come quelle attuali. La loro utilità fu subito evidente e, ben prima che nascessero i motori, esistevano veicoli a trazione animale (in particolare cavalli) che procedevano lungo percorsi fissi attrezzati con binari: l’esempio più convincente sono le tramvie urbane le cui carrozze erano dotate di cocchiere e “tiro a due o a quattro”. Con questo sistema, finalmente, gli animali erano sollevati dai terribili sforzi che li portavano a stramazzare durante il lavoro ed anche il confort dei passeggeri migliorava sensibilmente.
Tecnicamente si parla di un risparmio di energia legato al fatto che la resistenza al rotolamento, che si sviluppa nel contatto ruota-rotaia, è assai ridotta. In linea teorica addirittura quasi nulla se, come avviene nel caso delle ferrovie, sia la ruota che la rotaia sono indeformabili. Gonfiando i pneumatici di un’automobile essi si “schiacciano” (si deformano) sempre meno e tutti ne siamo consci quando dobbiamo spingere a mano una vettura. Basta un calo di mezza atmosfera della pressione interna e si passa dalla condizione di “sforzo minimo”, dell’ordine di una decina di chili, al rischio di uno strappo muscolare senza alcun effetto di movimento.
Il veicolo lasciato fermo “in folle” e senza freno a mano tirato, si mette in movimento da solo
Val la pena far presente che sono molte le vetture che circolano con la pressione delle gomme scarsa e se di fatica non se ne fa perché ci pensano il motore e il servosterzo, è l’energia necessaria per muoverle che sale di molto e di conseguenza i consumi. Tenere la pressione ai valori prescritti è dunque assai raccomandabile ma non ci dispensa dal riflettere che anche l’estrema scorrevolezza può avere i suoi inconvenienti. Anzi l’inconveniente è uno, ma talvolta letale: che il veicolo lasciato fermo “in folle” e senza freno a mano tirato, si metta in movimento da solo. Basta una minima pendenza, un fondo approssimativamente liscio e un colpetto impercettibile, come la chiusura di una portiera o una folata di vento e ci riterremo fortunati se ce la caveremo con solo danni materiali. Sono molte le vittime di investimenti da parte di veicoli senza conducente a bordo.
In una pellicola del 1985 intitolata “A trenta secondi dalla fine” che vinse tre premi Oscar, il regista russo Andrey Konchalovskiy descrisse la folle corsa di un treno che viaggiava impazzito col macchinista morto a bordo, nel freddo polare dell’Alaska. Nella realtà non è infrequente, anche se fortunatamente raro, che un treno, senza freni e senza alcuno a bordo si metta in movimento e fugga incontrollabile. Nell’anno 2004 di questi casi ce ne sono stati due solo in Italia. In gennaio sulla tratta Casalzo di Cadore – Venezia due automotrici diesel se ne sono andate a spasso per 23 chilometri su una linea a binario unico.
Ma non è niente rispetto a quanto accaduto in ottobre sulla linea Lamezia – Battipaglia dove un locomotore di chilometri ne ha percorsi ben 170, dapprima contromano (poi ad uno scambio è stato deviato dal lato giusto), per schiantarsi sui respingenti di fine corsa di un binario morto.
La vera fortuna, dato che la linea fu immediatamente “isolata” evitando la possibilità di uno scontro con un altro convoglio, riguarda il fatto che non ci siano stati deragliamenti. Infatti in entrambi i casi si sono raggiunte velocità quasi doppie rispetto a quelle consentite dal materiale rotabile. Il pensiero corre agli effetti del deragliamento di Viareggio che causò 33 morti nel giugno del 2009, anche se sono rimasti in pochi a ricordarselo. Nel 2013 a Lac Mégantic (Quebec, Canada) un treno in moto senza macchinista, battezzato “il treno fantasma” composto da 73 vagoni cisterna pieni di petrolio, deragliò nel bel mezzo del paese sfondando e incendiando 30 edifici, con una cinquantina di morti. La realtà che supera la finzione.