Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
È difficile immaginare che la storia di una delle più prestigiose Case automobilistiche, celebre per le sue vetture di altissime prestazioni e per i suoi successi sportivi, sia iniziata nei locali che in precedenza ospitavano una segheria, in un piccolo paese nel verde della Carinzia.
Eppure è stato proprio lì, a Gmund, che nel 1947 è iniziata la progettazione di quella che sarebbe diventata la prima vettura con il marchio Porsche. Per azionarla venne scelto il motore della Volkswagen, nato nella seconda metà degli anni Trenta su disegno del grande tecnico Ferdinand Porsche, che lo progettò affiancato da Josef Kales (come era avvenuto per le mitiche Auto Union a sedici cilindri da Gran Premio). Naturalmente per il tranquillo quadricilindrico boxer si pensò subito a un adeguato potenziamento.
Il primo prototipo
Il primo prototipo della vettura, costruito in un unico esemplare all’inizio del 1948, era abbastanza diverso da quella che poi sarebbe diventata la 356 che tutti conosciamo. Aveva il motore centrale, ovvero posteriore ma montato subito dietro il pilota, all’interno del passo del veicolo. Il suo boxer a quattro cilindri di 1131 cm3 erogava 40 cavalli. Qualche mese dopo ha avuto inizio la fabbricazione delle prime 356, oramai nella configurazione definitiva, con il motore posteriore montato a sbalzo. Si trattava di quella che oggi potremmo definire una “preserie”, di circa una cinquantina di vetture, con carrozzeria in lega di alluminio realizzata a mano.
Il trasferimento a Stoccarda è avvenuto nel 1950 ed è stato seguito dall’inizio della vera produzione su scala industriale della prima versione di questo straordinario modello, ora dotato di carrozzeria in lamiera d’acciaio. La 356, realizzata in quattro serie successive, è uscita dal listino nel 1965, dopo che ne erano state costruite circa 77.000.
Il primo motore
Il primo motore ad essere impiegato dalla Porsche su questa vettura aveva una cilindrata di 1086 cm3, ottenuta abbinando un alesaggio di 73,5 mm con la corsa di 64 mm del boxer Volkswagen (che aveva però un alesaggio di 75 mm), del quale venivano impiegati numerosi componenti, tra i quali il basamento in lega di magnesio. La potenza era di 40 CV a 4200 giri/min. Alla fin fine questo motore può essere considerato una elaborazione di quello del Maggiolino (che disponeva di 25 CV a 3300 giri/min), ma in seguito le cose sono decisamente cambiate. Nel 1951 ha fatto la sua comparsa il modello di 1286 cm3, con nuovi cilindri e alesaggio portato a 80 mm, che inizialmente erogava 44 CV a 4200 giri/min; prodotto in più versioni sviluppate nel corso degli anni, questo motore è arrivato a fornire 60 CV a 5500 giri/min in quella più spinta, costruita dal 1955 al 1957 (1300 S).
Nel 1951 è nato anche il modello di 1488 cm3, cilindrata ottenuta abbinando l’alesaggio di 80 mm a una corsa di 74 mm. La versione iniziale erogava 60 CV a 5000 giri/min; questa potenza è via via aumentata fino ad arrivare a 70 CV nella 1500 S, costruita dal 1952 al 1957.
L’ultima evoluzione del quattro cilindri con distribuzione ad aste e bilancieri è stata quella di 1582 cm3, con un alesaggio di 82,5 mm abbinato alla “solita” corsa di 74 mm. Questo motore è nato nel 1955 con una potenza di 60 CV a 4500 giri/min e al termine della sua gloriosa carriera è arrivato a fornire 95 CV a 5800 giri/min. Anche dopo il termine della produzione della 356, ha continuato ad essere impiegato, fino al 1969, sulla 912, che può a tutti gli effetti essere ritenuta una versione economica della famosa 911.
Schema costruttivo
Tutti questi motori erano realizzati con un identico schema costruttivo, che poi era lo stesso del boxer Volkswagen. Si trattava quindi di quadricilindrici con albero a gomiti monolitico poggiante su tre supporti di banco e lavorante interamente su bronzine. L’albero a camme era piazzato nella parte inferiore del basamento e veniva comandato da una coppia di ingranaggi. Una notevole differenza, rispetto al motore del Maggiolino, si aveva a livello di teste.
In questo caso erano costituite da nuove fusioni, con alettatura maggiorata e condotti differenti (ben più validi, come dimensioni e andamento, ai fini della respirazione del motore); inoltre le valvole non erano più parallele. Quelle di scarico infatti erano sensibilmente inclinate, rispetto all’asse del cilindro. La soluzione consentiva di avere camere di combustione di forma migliore e di montare valvole più grandi. Nei motori Porsche di 1286, 1488 e 1582 cm3 quella di aspirazione aveva un diametro di 38 mm (una bella differenza rispetto al Volkswagen 1200, nel quale questo componente era da 31,5 mm!). Nel corso degli anni sono stati adottati tra l’altro diversi alberi a camme, più spinti, e nuove bielle, oltre a nuovi pistoni e alberi a gomiti. La parentela con il motore dal quale era iniziato tutto si era fatta via via più lontana. La potenza specifica di questi quadricilindrici è passata progressivamente da 34 a oltre 59 cavalli/litro.
Grande attenzione allo sport
Fin dall’inizio della sua attività la Casa di Zuffenhausen (che fa parte dell’area metropolitana di Stoccarda) ha dedicato grande attenzione alla attività sportiva. Dopo una serie di affermazioni di classe (anche alla 24 ore di Le Mans) ottenute utilizzando i classici boxer con distribuzione ad aste e bilancieri, la direzione dell’azienda ha pertanto deciso che le occorrevano una vettura e un motore specificamente studiati per impiego agonistico. L’incarico di progettare quest’ultimo è stato assegnato a Ernst Fuhrmann, che ha realizzato un autentico gioiello di meccanica.
Si trattava di un quadricilindrico boxer con distribuzione bialbero, albero a gomiti composito e cuscinetti di banco e di biella a rotolamento (per ridurre al minimo gli attriti). Presentato ufficialmente al Salone di Parigi, nell’autunno del 1953, veniva accreditato di una potenza di 110 cavalli. La cilindrata di 1498 cm3 veniva ottenuta con un alesaggio di 85 mm e una corsa di 66 mm. Questo motore aveva la lubrificazione a carter secco e un sistema di comando della distribuzione che prevedeva l’impiego di ben 13 ingranaggi conici!
“Fin dall’inizio della sua attività la Casa di Zuffenhausen ha dedicato grande attenzione alla attività sportiva. Dopo una serie di affermazioni di classe ottenute utilizzando i classici boxer, la direzione dell’azienda ha deciso che le occorrevano una vettura e un motore specificamente studiati per impiego agonistico”
Da un albero ausiliario collocato nella parte inferiore del basamento e azionato da una coppia di ingranaggi cilindrici partivano due alberelli, ciascuno dei quali portava il moto all’albero a camme di scarico alloggiato nella parte inferiore di ciascuna testa; da lì un altro alberello assicurava il collegamento all’albero a camme di aspirazione. L’angolo tra le due valvole di ogni cilindro (quella di aspirazione aveva un diametro di 48 mm mentre quella di scarico era da 41 mm) era di 78°. Gli eccentrici azionavano le valvole agendo su bilancieri a dito montati su fulcri sferici. Il motore era dotato di doppia accensione. Le varie parti che costituivano l’albero a gomiti erano unite con il raffinato (e costosissimo!) sistema Hirth.
Un ricco palmarès
Le varie versioni di questo motore sono state installate sulle vetture da competizione che gareggiavano nella categoria Sport, ovvero la 550 Spyder, la RSK e le RS del 1960 e 1961 (in versione 1600, da circa 160 cavalli). Dal 1957 è stata realizzata anche una variante per le gare delle monoposto di Formula 2 e nel 1961 evolutasi in un’altra che ha corso nel mondiale della nuova Formula Uno di 1500 cm3, con una potenza prossima a 170 CV.
Una versione di 1966 cm3, ottenuta adottando un alesaggio di 92 mm e una corsa di 74 mm, è stata sviluppata per le gare delle vetture a ruote coperte (Sport e GT), trovando impiego dapprima sulla Carrera 2 e quindi sulla famosa 904 (Carrera GTS), entrata in scena nel 1964 e subito vittoriosa alla Targa Florio (si trattava del quinto successo in questa gara per la casa tedesca, ottenuto contro auto di cilindrata ben maggiore). La potenza di questa ultima evoluzione del quadricilindrico bialbero è arrivata a circa 190 cavalli.
Questa panoramica sarebbe incompleta se non vi comparisse anche l’otto cilindri boxer studiato in origine per la Formuna Uno di 1500 cm3, che ha esordito nel 1962. Questo motore, al cui progetto hanno lavorato Fuhrmann e l’allora giovanissimo Hans Mezger, riprendeva molte delle soluzioni costruttive del quadricilindrico, con distribuzione bialbero comandata mediante alberelli e coppie coniche, bilancieri a dito per il comando delle valvole e lubrificazione a carter secco.
Grande attenzione all'evoluzione metallurgica
In questo caso però l’albero a gomiti, forgiato in acciaio, era in un sol pezzo e lavorava interamente su bronzine. Le bielle, dotate di cappello amovibile, erano in lega di titanio e costituivano il primo esempio di impiego di questo materiale in campo automobilistico, a dimostrazione di quanto la Casa tedesca fosse attenta anche all’evoluzione della metallurgia. La ventola di raffreddamento era ad asse verticale (e non orizzontale come nei precedenti motori Porsche) e veniva azionata da un albero ausiliario collocato nella parte superiore del basamento, dal quale prendevano il moto anche i due alberelli che comandavano la distribuzione. Le valvole formavano tra loro un angolo di 72°; quelle di aspirazione avevano un diametro di 37 mm mentre quelle di scarico erano da 34 mm. I cilindri in lega di alluminio avevano la canna cromata.
Con un alesaggio e una corsa rispettivamente di 66 e di 54,6 mm, l’otto cilindri inizialmente erogava circa 180 CV a 9200 giri/min; il successivo sviluppo ha portato la potenza ad avvicinarsi ai 200 cavalli. Questo motore è stato poi impiegato anche per le gare delle vetture a ruote coperte. L’ultima evoluzione ha visto la cilindrata arrivare a 2196 cm3, con un alesaggio di 80 mm (la corsa rimaneva invariata, con 54,5 mm) e la potenza salire a circa 270 CV a 8600 giri/min.