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Gli anni Cinquanta hanno portato alla ribalta, per quanto riguarda le piccole vetture con raffreddamento ad aria, due case tedesche già ben note in campo motoristico. In Germania ci si stava riprendendo con vigore, ma anche in mezzo a imponenti difficoltà, dai disastri della guerra. A potersi permettere auto di media cilindrata, anche se economiche, come le varie Volkswagen, DKW-Auto Union, Ford Taunus e Opel Olympia, non erano ancora in molti e una larga fetta della popolazione attiva, dopo una ampia militanza motociclistica, stava rivolgendo le sue attenzioni alle minivetture a due posti. Diversi costruttori le stavano proponendo, in genere con semplicissime motorizzazioni a due tempi.
La Lloyd LP600 con il suo bicilindrico da 19 CV
Dopo avere costruito mezzi di questo genere dal 1950, la Lloyd di Brema ha presentato nel 1955 la LP 600, una utilitaria azionata da un bicilindrico a quattro tempi di 600 cm3 raffreddato ad aria. Questa casa tedesca aveva radici che risalivano addirittura ai primi anni del Novecento. Dal 1914 aveva dato origine alla Hansa-Lloyd, che si era fatta ben presto apprezzare principalmente per i suoi veicoli industriali. L’azienda era entrata a far parte del gruppo Borgward nel 1929. Nel dopoguerra questo potente raggruppamento industriale produceva vetture di diversi tipi e dimensioni con i marchi Goliath, Lloyd e, appunto, Borgward. La LP 600 era azionata da un motore a due cilindri in linea di moderna concezione e di ottima qualità costruttiva.
La distribuzione era monoalbero, con comando a catena collocata lateralmente. I cilindri e le teste erano individuali, mentre il sopratesta, nel quale erano alloggiati l’albero a camme e i bilancieri a due bracci, era unico. Le camere di combustione erano emisferiche. L’albero a gomiti composito lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento e poggiava su tre supporti di banco, ricavati nel basamento (realizzato in due parti, che si univano secondo un piano orizzontale). L’alesaggio di 77 mm era abbinato a una corsa di 64 mm; la cilindrata era quindi di 596 cm3. La potenza di 19 cavalli veniva erogata a un regime di 4500 giri /min. Alla Lloyd LP 600 è stata in seguito affiancata la Alexander, azionata dallo stesso motore. Entrambi questi modelli sono usciti di produzione nel 1961 (quando si è verificato il collasso del gruppo Borgward), dopo che ne erano stati costruiti circa 176.000 esemplari.
L'indimenticabile BMW Isetta
Attorno alla metà degli anni Cinquanta la BMW si trovava in notevoli difficoltà economiche. Negli anni Trenta e durante la guerra la casa bavarese era stata una delle più importanti del mondo, nel campo dei motori aeronautici. Dopo però aveva dovuto smettere l’attività in tale settore e inoltre diversi suoi stabilimenti erano andati a finire nella Germania Est. La ripresa postbellica a Monaco si stava rivelando dura e si basava fondamentalmente sulle moto. Le automobili venivano costruite dalla BMW in numeri modesti anche perché si trattava di modelli di elevato livello e quindi costosi. Visto pure che nel mercato delle due ruote già si stavano avvertendo i primi sintomi di crisi, per sopravvivere a un certo punto i vertici dell’azienda hanno deciso di puntare, almeno provvisoriamente, sulle minivetture. Nel 1955 è stata così acquisita dalla Iso di Bresso, alle porte di Milano, la licenza di costruzione della Isetta, una simpatica “bubble car” a due posti. Per motorizzarla è stata impiegata una versione con raffreddamento ad aria forzata del monocilindrico di 250 cm3 della moto R 25, ben presto seguito da una nuova variante di 300 cm3. In Italia l’Isetta ha avuto scarsa fortuna, ma la versione tedesca è stata prodotta in ben 161.000 esemplari.
Nel 1957 la BMW ha realizzato la 600, nota anche come Isetta a quattro posti, azionata da una versione automobilistica del suo ottimo motore a due cilindri orizzontali contrapposti per moto. Questa nuova minivettura, bruttina a dire il vero, è rimasta in produzione per un paio d’anni soltanto, durante i quali è stata costruita in circa 35.000 esemplari. Ben diverso è stato il successo della 700, una vera automobile, piccola ma dalla estetica decisamente azzeccata, che è stata venduta in numeri interessanti anche sul nostro mercato. Entrata in produzione nel 1959, era azionata da un bicilindrico che costituiva un ulteriore sviluppo del boxer nato per impiego motociclistico. La distribuzione era ad aste e bilancieri, con albero a camme collocato nella parte superiore del basamento (del tipo a tunnel, ovvero costituito da un’unica fusione) e azionato da una coppia di ingranaggi. In ogni testa erano alloggiate due valvole, sensibilmente inclinate tra loro, il che consentiva di avere camere di combustione emisferiche.
“Nella storia dell’automobile poche utilitarie hanno avuto un’importanza paragonabile a quella della Fiat Nuova 500”
L’albero a gomiti di tipo composito poggiava su due supporti di banco e lavorava interamente su cuscinetti a rotolamento. La lubrificazione era a carter umido, con pompa a ingranaggi; appositi convogliatori centrifughi raccoglievano l’olio che usciva dai cuscinetti di banco e lo facevano arrivare a quelli di biella. Con un alesaggio di 78 mm e una corsa di 73 mm, la cilindrata era di 697 cm3. Nel modello base della BMW 700 il motore erogava 30 CV a 5000 giri/min, che salivano a 40 CV a 5700 giri/min nella versione Sport (coupé). Questa vettura è stata costruita fino al 1965 in un totale di oltre 92.000 esemplari. A risollevare le sorti della casa bavarese è stata fondamentalmente l’ottima 1500, apparsa nel 1962 e rapidamente seguita dalla 1800, dalla 1600 e dalla 2000, tutte realizzate con lo stesso schema costruttivo. Da allora in poi i successi per la BMW si sono susseguiti senza posa. La piccola e brillante 700, per le sue ottime doti, oltre che per l’apprezzabile contributo dato all’azienda in un periodo difficile, merita senz’altro di essere ricordata con grande simpatia.
Fiat 500: con il suo bicilindrico ha motorizzato l'Italia
Nella storia dell’automobile poche utilitarie hanno avuto un’importanza paragonabile a quella della Fiat Nuova 500. La storia di questa bicilindrica che tanto ha contribuito a motorizzare l’Italia è fin troppo nota. In questa sede basta sinteticamente ricordare che prima di arrivare alla scelta definitiva, per quanto riguarda il motore (si era stabilito che avrebbe dovuto comunque essere a due cilindri e raffreddato ad aria), nel periodo tra il 1953 e il 1955 sono state prese in considerazione svariate soluzioni diverse e sono anche stati realizzati alcuni interessanti prototipi. Addirittura è stata anche valutata la possibilità, fortunatamente scartata, di utilizzare un bicilindrico parallelo, di 540 cm3, con distribuzione a valvole laterali (tipo 110 E4). Un motore ben più moderno e performante, sempre con i cilindri in linea, era dotato di un albero a camme in testa, con comando a catena e con valvole parallele (tipo 110 E1); il costo è stato però giudicato eccessivo e la distribuzione troppo sofisticata, in relazione al tipo di impiego previsto. Molto interessante è stato anche il prototipo 110 E6, con i due cilindri orizzontali e contrapposti, distribuzione ad aste e bilancieri e con una cilindrata di 436 cm3. Alla fine è stata prescelta l’architettura a due cilindri paralleli, con albero a camme nel basamento e con due soli supporti di banco.
La Nuova 500 è stata presentata nel 1957. La prima versione del motore aveva una cilindrata di 479 cm3, ottenuta con un alesaggio di 66 mm e una corsa di 70 mm. La potenza dai 13 cavalli iniziali è stata rapidamente portata a 15, a un regime di 4000 giri/min. Successivamente ha fatto la sua comparsa la versione di 499 cm3, ottenuta portando l’alesaggio a 67,4 mm. Impiegata dapprima sulla Sport, è diventata standard con la 500 D, apparsa nel 1960 con una potenza di 17,5 CV a 4400 giri/min. Tra le caratteristiche più interessanti di questo bicilindrico vi era il sistema di lubrificazione dotato di un filtro centrifugo piazzato alla estremità dell’albero a gomiti; la pompa dell’olio a ingranaggi veniva direttamente azionata dall’albero a camme. La testa era costituita da un’unica fusione in lega di alluminio, debitamente alettata, con i due condotti di aspirazione “siamesi” e con le valvole parallele (quelle di aspirazione erano da 32 mm e quelle di scarico da 28 mm).
I due cilindri erano in ghisa. L’albero a gomiti, in ghisa malleabile, era cavo internamente e lavorava su bronzine; dotato di un grosso contrappeso in posizione centrale, veniva realizzato con una tecnologia fusoria d’avanguardia. I due perni di banco erano da 54 mm e quelli di biella da 44 mm. Insomma, si trattava di un motore studiato e realizzato per abbinare nel migliore dei modi semplicità strutturale e razionalità costruttiva, il che si traduceva anche in costi di produzione molto ridotti. La 500 è uscita di produzione nel 1975, dopo che ne erano stati costruiti oltre quattro milioni di esemplari. Il bicilindrico raffreddato ad aria, in versione con cilindrata portata a 594 cm3 (impiegata anche sulla 500 R, apparsa nel 1972), ha continuato a essere utilizzato sulla 126.