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Se la storia del raffreddamento ad aria in campo auto è fondamentalmente legata a Case del calibro di Volkswagen, Porsche e Citroen, in questo settore altre realtà importanti non sono certo mancate, come già visto nelle puntate precedenti. Ad esse nel 1958 se ne sono aggiunte altre decisamente significative e destinate a rimanere a lungo nella memoria degli appassionati.
La NSU era una azienda tedesca storica e di grande tradizione in campo motociclistico. A un certo punto era diventata la più grande industria del mondo nel settore delle due ruote e le sue moto da corsa spadroneggiavano a livello internazionale. Nel 1953 e nel 1954 questa casa ha conquistato quattro titoli mondiali, imponendosi nelle due classi nelle quali correva (la 125 e la 250), prima di ritirarsi dalla attività agonistica. Nel 1955 una sua monocilindrica derivata da un modello di serie, acquistata e condotta da un pilota privato, si era nuovamente imposta nel campionato mondiale.
Un elevato livello tecnico
Il livello tecnico raggiunto dalla NSU era straordinario, ma il mercato delle due ruote stava entrando in una crisi profondissima, che avrebbe costretto diversi nomi gloriosi a scomparire dalla scena. Visto ciò che stava accadendo, l’azienda di Neckarsulm ha pertanto rivolto le sue attenzioni al settore automobilistico, nel quale del resto era già stata una importante protagonista, per quanto riguarda tanto i modelli di serie che quelli da competizione, già tra il 1906 e il 1931. La NSU si è orientata, per questo ritorno alle quattro ruote, verso ciò di cui il mercato nazionale aveva maggiormente bisogno, decidendo di realizzare una utilitaria di piccola cilindrata e di basso costo, ma di ottima fattura, come era del resto nelle tradizioni della casa.
È nata così la Prinz, azionata da un motore a due cilindri paralleli raffreddato ad aria di 600 cm3, con distribuzione monoalbero e una potenza di 20 cavalli a 4600 giri/min. Presentata nel 1957 questa piccola vettura è stata costruita, nelle prime versioni, in un totale di oltre 90.000 unità nell’arco di poco più di quattro anni. L’autentica svolta si è avuta nel 1962, con la comparsa della Prinz IV, dalla estetica completamente rinnovata ed estremamente piacevole. Questa vettura, che ha avuto una buona popolarità anche da noi, è rimasta in listino fino al 1973 ed è stata venduta in circa 625.000 esemplari.
Poca manutenzione
Il suo bicilindrico aveva un alesaggio di 76 mm abbinato a una corsa di 66 mm ed erogava 30 cavalli a 5600 giri/min, il che all’epoca costituiva una bella potenza, per un motore di soli 600 cm3. L’albero a camme in testa veniva comandato per mezzo di un sistema già impiegato con grande successo in campo motociclistico, che prevedeva l’impiego di due biellette al posto della consueta catena. La soluzione, escogitata dal grande tecnico Albert Roder, eliminava ogni necessità di manutenzione, non richiedeva alcun tenditore e funzionava nella massima silenziosità e con una affidabilità assoluta. Non si prestava però ad essere impiegata in motori con più di due cilindri in linea.
L’albero a gomiti composito poggiava su due supporti di banco e lavorava interamente su bronzine. Il motore, di esemplare razionalità costruttiva, era disposto trasversalmente e la trasmissione era realizzata secondo uno schema motociclistico, con tanto di primaria a ingranaggi cilindrici.
Al raffreddamento ad aria la NSU è rimasta fedele anche per i suoi successivi modelli a quattro cilindri, sempre con distribuzione monoalbero ma con comando a catena. Questi motori hanno fatto il loro esordio con la Prinz 1000 nel 1964 e si sono via via evoluti in versioni più performanti, alcune delle quali con cilindrata leggermente maggiore. Gli ultimi sono stati costruiti nel 1973, e la produzione totale ha superato le 580.000 unità.
Esempi di razionalità costruttiva
Si trattava di quadricilindrici moderni e raffinati, con albero a gomiti forgiato in un sol pezzo e poggiante su cinque supporti di banco, bielle munite di cappello e due valvole per cilindro, inclinate tra loro in modo da avere camere di combustione emisferiche. La prima versione di 1000 cm3 aveva un alesaggio di 69 mm e una corsa di 66,6 mm ed erogava 43 cavalli a 5500 giri/min. La potenza nei modelli successivi è cresciuta fino ad arrivare a ben 70 CV a 6150 giri/min nella TTS del 1967. La versione di 1100 cm3, ottenuta portando l’alesaggio a 72 mm, disponeva di 55 cavalli e quella di 1200 (che aveva un alesaggio di 75 mm) è arrivata a 65 cavalli.
“Al raffreddamento ad aria la NSU è rimasta fedele anche per i suoi successivi modelli a quattro cilindri, sempre con distribuzione monoalbero ma con comando a catena. Questi motori hanno fatto il loro esordio con la Prinz 1000 nel 1964”
La DAF, ben nota a livello mondiale nel settore degli autocarri, ha iniziato la sua attività in campo automobilistico con una piccola vettura dalle caratteristiche molto interessanti, presentata ufficialmente nel 1958 ed entrata in produzione l’anno seguente. Il titolare della azienda, Hub Van Doorne (DAF sta per van Doorne Automobiel Fabrieken) la aveva realizzata anche, o forse principalmente, per lanciare la sua trasmissione Variomatic, a variazione continua di rapporto (CVT), che sfruttava il principio delle pulegge a diametro utile variabile, con cinghia trapezoidale lavorante a trazione.
In questo caso si avevano una cinghia con le relative due pulegge per ciascuna delle due ruote motrici. Il motore era un bicilindrico boxer raffreddato ad aria di 600 cm3, con basamento costituito da due semicarter simmetrici che si univano secondo un piano verticale longitudinale. L’albero a gomiti era monolitico e lavorava su bronzine. L’albero a camme era posto nella parte inferiore del basamento e comandava le due valvole parallele alloggiate in ciascuna testa per mezzo di punterie, aste e bilancieri. Con un alesaggio di 76 mm e una corsa di 65 mm la cilindrata esatta era di 589 cm3. La potenza era di 22 cavalli a 4000 giri/min. La DAF 600 è stata prodotta fino al 1963.
La comparsa della Daffordil e della 750
Nel 1961 ha fatto hanno fatto la loro comparsa la Daffodil e la 750, che in pratica erano due versioni di uno stesso modello base. La cilindrata del motore era stata aumentata incrementando l’alesaggio, che era passato a 85,5 mm. La potenza era salita a 30 cavalli, sempre a 4000 giri/min. La 750, piuttosto “spartana”, è rimasta in produzione per due anni soltanto, mentre la Daffodil (costruita in tre versioni successive, lievemente diverse e note su alcuni mercati come DAF 30, 31 e 32) è rimasta in listino fino al 1967, quando è stata sostituita dalla DAF 33, che è stata l’ultimo modello di 750 cm3 ed è stata fabbricata fino al 1975.
Nel 1966 era entrata in produzione la DAF 44, con cilindrata portata a 844 cm3 (l’alesaggio era rimasto di 85,5 mm, ma la corsa era stata aumentata a 73,5 mm) e con una potenza di 34 cavalli. L’ultima bicilindrica della casa olandese è stata la 46, apparsa nel 1974 per sostituire la 44, della quale continuava a utilizzare il motore. In totale, tra il 1959 e il 1976, sono state costruite oltre 700.000 DAF con motore boxer.
La Glas era una industria bavarese, le cui radici affondano nella seconda metà dell’Ottocento, che produceva macchine agricole, vendute con il marchio Isaria. Dopo il termine della seconda guerra mondiale c’era una grande necessità di mezzi di trasporto semplici ed economici; per questa ragione i vertici della azienda hanno deciso di entrare nel settore delle due ruote, realizzando nel 1951 lo scooter Goggo, con motore a due tempi, che si è venduto molto bene. Dato il successo ottenuto e in previsione di un imminente calo del mercato motociclistico, con passaggio alle quattro ruote da parte della maggior parte dell’utenza, la Glas ha realizzato una minivettura molto interessante, che è apparsa nel 1955 ed è stata chiamata Goggomobil.
“La Glas era una industria bavarese che produceva macchine agricole, vendute con il marchio Isaria. Dopo la seconda guerra mondiale c’era una grande necessità di mezzi di trasporto economici; per questa ragione l'azienda entrò nel settore delle due ruote”
Il sistema di funzionamento
Ad azionarla provvedeva un semplice e robusto motore a due tempi bicilindrico, che è stato prodotto in versioni di 250, 300 e 400 cm3. Questa ultrautilitaria ha avuto una eccellente accoglienza da parte del mercato ed è rimasta in listino fino quasi al termine degli anni Sessanta, quando già da tempo l’azienda era stata acquisita dalla BMW, in un totale di oltre 280.000 esemplari.
Ben presto la direzione della Glas ha stabilito di allargare la sua presenza in campo automobilistico. È stato così che nel 1958 ha fatto la sua comparsa una nuova piccola vettura, azionata da un motore a quattro tempi a due cilindri contrapposti raffreddato ad aria, che è stata proposta in due versioni con cilindrate leggermente diverse. Denominate ben presto Isar, sono nate così la T 600 (alesaggio x corsa = 72 x 72 mm, 20 CV a 5000 giri/min) e la T 700 (78 x 72 mm, 30 CV a 5000 giri/min).
Albero a camme nella parte inferiore del basamento
Il bicilindrico boxer con distribuzione ad aste e bilancieri aveva l’albero a gomiti composito che lavorava su cuscinetti volventi e l’albero a camme disposto nella parte inferiore del basamento. Le due valvole alloggiate in ciascuna testa erano inclinate tra loro per avere camere di combustione emisferiche. Il motore aveva i cilindri erano in ghisa; il basamento era formato da due parti simmetriche che si univano secondo un piano verticale. Le Isar bicilindriche sono state prodotte fino al 1965 in quasi 90.000 unità.
Alla Glas spetta un posto significativo, nella storia dell’automobile. Nel settembre del 1961 infatti questa casa ha presentato la sua “1004”, una berlina azionata da un motore a quattro cilindri in linea, raffreddato ad acqua e dotato di distribuzione monoalbero, nel quale per la prima volta l’albero a camme veniva comandato per mezzo di una cinghia dentata. Ci sono voluti alcuni anni perché altri costruttori (Pontiac, Fiat) cominciassero ad impiegare questa soluzione. Nel 1966 l’azienda è stata acquisita dalla BMW. Per inciso, Isar è il nome del fiume che bagna Dingolfing, dove sorgevano gli stabilimenti della Glas.