I motori a otto cilindri (terza parte)

I motori a otto cilindri (terza parte)
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La definitiva affermazione della architettura a V, anche nei Gran Premi: ecco la terza parte dell'analisi del nostro esperto Massimo Clarke
12 settembre 2019

L’uscita della Mercedes-Benz dalla scena agonistica al termine del 1955 ha decretato la fine degli otto cilindri in linea, ma non ha certo significato la fine dei motori con questo frazionamento. E infatti l’anno successivo il mondiale di Formula Uno è stato conquistato grazie a un V8. Si è trattato solo di una avvisaglia di quello che sarebbe avvenuto in seguito, quando i motori di questo tipo hanno conquistato titoli iridati in serie.

All’inizio degli anni Cinquanta la Lancia si è imposta all’attenzione mondiale realizzando il primo sei cilindri a V destinato a una automobile costruita in gran serie, l’Aurelia. La casa torinese ha iniziato a partecipare alle gare per le vetture Sport, tra le quali spiccavano la Mille Miglia, la 24 ore di Le Mans, la Targa Florio e la Carrera Panamericana, con bellissime realizzazioni dotate di motori con analoga architettura (sei cilindri a V) ma con teste bialbero.

Per la bellissima D 50 di Formula Uno però la Lancia ha optato per un V8. Progettato da Ettore Zaccone Mina sotto la supervisione di Vittorio Jano questo motore si è rivelato straordinario. Nelle due bancate del basamento in lega di alluminio erano collocate canne dei cilindri riportate in umido con bordino di appoggio superiore. L’albero a gomiti ruotava su cinque supporti di banco. La distribuzione era bialbero con comando a catena e due valvole per cilindro, inclinate tra loro di 80°. Gli eccentrici azionavano le valvole agendo su punterie a piattello che non a caso venivano dette “tipo Jano”.  

Lo sviluppo di questo motore è stato lungo e laborioso ma quando si stavano iniziando a intravvedere i risultati la morte di Ascari ha posto fine alla attività agonistica della casa. Le monoposto e tutto il relativo materiale (dai disegni agli stampi e alle attrezzature) sono stati ceduti alla Ferrari che l’anno successivo grazie a questo V8 di 2500 cm3 ha conquistato il titolo mondiale. Si trattava del primo motore con questa architettura a conquistare l’iride. Nel 1956 la sua potenza era ormai arrivata a superare i 270 cavalli.

Le vittorie dei V8 in Formula Uno sono cominciate con lo splendido Lancia D50 che, ulteriormente sviluppato alla Ferrari, ha conquistato il mondiale nel 1956. In questa sezione trasversale si possono tra l’alto notare le canne cilindri umide e le punterie “tipo Jano”
Le vittorie dei V8 in Formula Uno sono cominciate con lo splendido Lancia D50 che, ulteriormente sviluppato alla Ferrari, ha conquistato il mondiale nel 1956. In questa sezione trasversale si possono tra l’alto notare le canne cilindri umide e le punterie “tipo Jano”
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Il grande ritorno degli otto cilindri a V sulle vetture di Formula Uno si è avuto per merito dei costruttori inglesi. Con motori di questo tipo, di 1500 cm3, si sono imposte nel mondiale sia la BRM (1962) che la Coventry-Climax (1963 e 1965, sempre con la Lotus). In entrambi i casi la distribuzione era bialbero con due valvole per cilindro. Il comando però era a ingranaggi nel BRM e a catena nel Coventry-Climax; in quest’ultimo motore le canne umide erano appoggiate in basso e l’angolo tra le valvole era di 60° mentre nel suo rivale era di 76° (e le canne erano appoggiate in alto).   

Pure la Ferrari, che aveva vinto nel 1961 con un V6, per tornare al successo ha realizzato un V8, che si è imposto nel 1964. In questo caso l’angolo tra le valvole (sempre due per ogni cilindro) era leggermente superiore a 80° e i condotti di aspirazione erano del tipo “assiale”, detto anche downdraft, ovvero passavano nella zona centrale di ciascuna testa, tra i due alberi a camme. Spiccava l’impiego di una iniezione diretta Bosch.

Durante i cinque anni della F1 di 1500 cm3 i V8 hanno conquistato il titolo quattro volte. Questa sezione consente di osservare il disegno e la disposizione dei principali componenti del Coventry-Climax, impiegato dalla Lotus
Durante i cinque anni della F1 di 1500 cm3 i V8 hanno conquistato il titolo quattro volte. Questa sezione consente di osservare il disegno e la disposizione dei principali componenti del Coventry-Climax, impiegato dalla Lotus

I V8 da competizione hanno avuto un autentico boom dal 1966 in poi, con l’avvento del nuovo regolamento di Formula Uno che portava il limite per gli aspirati a 3000 cm3. I primi due anni ha conquistato il titolo iridato il Repco (con distribuzione monoalbero!). Poi, tra il 1968 e il 1982, ultima stagione prima dell’era turbo, il motore Cosworth DFV per ben dodici volte ha equipaggiato le vetture che han conquistato il mondiale piloti! Nel 1994 lo stesso costruttore ha fornito un motore con otto cilindri a V (di 75°) alla Benetton per il primo titolo iridato di Schumacher. In seguito i V8 sono tornati a vincere grazie al regolamento che dal 2006 ha obbligato le case ad impiegare solo motori di questo tipo, con una cilindrata di 2400 cm3. La loro storia, come tutti gli appassionati ben sanno, è terminata alla fine del 2013.

A Indianapolis nel 1965 la Ford ha interrotto il lungo dominio degli Offenhauser con questo bellissimo V8 bialbero. Qui si può notare la complessità del sistema di scarico resa necessaria dall’impiego di un albero a gomiti con manovelle a 90° (come sui motori di serie)
A Indianapolis nel 1965 la Ford ha interrotto il lungo dominio degli Offenhauser con questo bellissimo V8 bialbero. Qui si può notare la complessità del sistema di scarico resa necessaria dall’impiego di un albero a gomiti con manovelle a 90° (come sui motori di serie)

A differenza di quanto avveniva negli USA, in Europa nel dopoguerra la situazione economica dei paesi che erano stati coinvolti nel rovinoso conflitto era tale da non rendere conveniente la produzione di modelli di grossa cilindrata e quindi anche di quelli dotati di otto cilindri (ormai invariabilmente a V, visto che a quelli in linea per le vetture di serie non pensava più nessuno). La ripresa è stata lenta ma a un certo punto i V8 hanno cominciato a riapparire, pur rimanendo scarsi numericamente in quanto destinati solo a vetture di prestigio.

In Inghilterra hanno prodotto automobili con motore a otto cilindri a V la Daimler, la Rolls-Royce (lo stesso V8 è stato usato anche dalla Bentley) e in seguito anche la Rover, la Triumph e la Aston Martin. In Germania un ottimo V8 lo ha costruito, tra il 1955 e il 1961, la BMW per le sue 502 e 503 (e per la splendida 507). Nel 1963 è stata la volta della Mercedes-Benz, con la sua 600.

Tra il 1952 e il 1954 la Fiat ha prodotto, in soli 114 esemplari, la 8V. Nel motore di 2000 cm3 di questa interessante sportiva le due bancate, di quattro cilindri ciascuna, formavano un angolo di 70° e non di 90°, come vuole lo schema classico.  

Ormai, per quanto riguarda gli otto cilindri, l’architettura a V si era affermata; in seguito è stata adottata da tutti i costruttori che hanno costruito motori con questo frazionamento.

Il motore Cosworth DFV di 3000 cm3 ha segnato un’era, imponendosi nel mondiale di Formula Uno ben 12 volte in 15 anni. Nel disegno si possono apprezzare le principali caratteristiche, a cominciare dalla distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro comandata mediante ingranaggi
Il motore Cosworth DFV di 3000 cm3 ha segnato un’era, imponendosi nel mondiale di Formula Uno ben 12 volte in 15 anni. Nel disegno si possono apprezzare le principali caratteristiche, a cominciare dalla distribuzione bialbero a quattro valvole per cilindro comandata mediante ingranaggi

A decretare la fine degli otto cilindri in linea sono stati l’imponente ingombro longitudinale e, più ancora, il fatto che le aumentate prestazioni, con relativo incremento della velocità di rotazione, creavano seri problemi di vibrazioni torsionali in un albero a gomiti così lungo. Non per nulla la Mercedes-Benz per le sue auto da corsa del 1954-55 ha adottato una presa di moto centrale, suddividendolo in pratica in due parti. Pure la testa e la bancata dei cilindri con la loro lunghezza hanno creato difficoltà non trascurabili a livello di fonderia e di lavorazioni. Per questa ragione usualmente è stata utilizzata una struttura “biblocco”.

I motori con otto cilindri a V di 90° (angolo che da tempo è adottato universalmente) hanno una eccellente equilibratura e un ingombro molto favorevole. La lunghezza è di poco superiore a quella di un quattro cilindri in linea, a parità di alesaggio. L’albero a gomiti è corto e rigido, con due bielle che lavorano affiancate su ciascun perno di manovella, e poggia su cinque supporti di banco.

Il V8 BMW, prodotto in versioni di 2,6 e di 3,2 litri, rappresentava bene lo stato dell’arte della tecnica negli anni Cinquanta, per quanto riguarda i motori di serie. La distribuzione era ad aste e bilancieri, il basamento era in lega di alluminio e le canne dei cilindri erano riportate in umido
Il V8 BMW, prodotto in versioni di 2,6 e di 3,2 litri, rappresentava bene lo stato dell’arte della tecnica negli anni Cinquanta, per quanto riguarda i motori di serie. La distribuzione era ad aste e bilancieri, il basamento era in lega di alluminio e le canne dei cilindri erano riportate in umido

Se le manovelle sono disposte su due piani perpendicolari (albero a 90°), risultano perfettamente bilanciate sia le forze del primo ordine che quelle del secondo. Se però il motore è destinato ad impiego agonistico sorgono difficoltà per quanto riguarda la realizzazione del sistema di scarico (che ovviamente deve sfruttare al meglio le onde di pressione). Per questo motivo nei V8 da corsa si impiegano alberi a gomiti a 180°, ossia con le manovelle su di un unico piano. In tal modo l’equilibratura non è perfetta ma per ciascuna bancata di quattro cilindri si può impiegare un sistema di scarico separato, di semplice realizzazione e di grande efficacia.

Il motore della Fiat 8V, apparso nel 1952, era inconsueto perché le due bancate dei cilindri formavano un angolo di 70° (e non di 90°) e perché i condotti di scarico fuoriuscivano dalla parte superiore delle teste, che quindi non erano dell’usuale tipo a flusso trasversale
Il motore della Fiat 8V, apparso nel 1952, era inconsueto perché le due bancate dei cilindri formavano un angolo di 70° (e non di 90°) e perché i condotti di scarico fuoriuscivano dalla parte superiore delle teste, che quindi non erano dell’usuale tipo a flusso trasversale
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