I cambi automatici e semiautomatici (quarta parte)

I cambi automatici e semiautomatici (quarta parte)
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Oggi vengono spesso impiegate trasmissioni convenzionali prive di un collegamento meccanico con la leva azionata dal pilota. All’innesto delle marce provvedono infatti appositi attuatori, controllati da una centralina elettronica | <i>M. Clarke</i>
18 giugno 2014

Per realizzare una trasmissione che funzioni automaticamente, nel quale cioè il passaggio da una marcia all’altra possa essere effettuato senza alcun intervento da parte di chi è alla guida, la soluzione forse più ovvia è quella di utilizzare un normale cambio meccanico e di dotarlo di uno o più attuatori (generalmente idraulici) per mezzo dei quali sia possibile comandare il movimento delle forcelle spostamarce. Alla gestione degli attuatori stessi deve provvedere ovviamente una centralina, opportunamente informata da alcuni sensori, in grado di tenere conto delle intenzioni del guidatore e quindi di agire come opportuno.

Anche semiautomatico

E al funzionamento automatico si può aggiungere anche quello semiautomatico, con il pilota che comanda l’inserimento delle marce, in sequenza, semplicemente agendo su due pulsanti o due levette (una per salire di rapporto e l’altra per scalare le marce). Naturalmente la centralina controlla anche l’innesto e il disinnesto della frizione, il cui pedale può così essere abolito. Da tempo tutto questo è realtà, ma sviluppare e produrre una trasmissione così “robotizzata” non è semplice come potrebbe sembrare…

L’idea di utilizzare un cambio di questo genere, nella versione semiautomatica, si è imposta in campo automobilistico negli anni Novanta per le monoposto di Formula Uno, con l’obiettivo di rendere più rapido il passaggio da una marcia all’altra e di consentire al pilota di non staccare mai le mani dal volante. Poco tempo dopo, le trasmissioni manuali automatizzate hanno cominciato ad apparire sulle vetture stradali, settore nel quale oggi hanno ampia diffusione.

Nella esecuzione più semplice, quando il funzionamento è in modalità semiautomatica la centralina prende atto della decisione del pilota di cambiare marcia e ordina agli attuatori (talvolta ce ne è uno solo) di procedere all’innesto, se il regime di rotazione del motore e la velocità della vettura sono tali da consentirlo. Perché l’innesto stesso possa essere effettuato con dolcezza e senza strappi, in genere la centralina agisce contemporaneamente sulla valvola a farfalla.

1 cambio meccanico audi
Per automatizzare un cambio tradizionale si impiegano degli attuatori, controllati dalla centralina, che muovono le forcelle spostamarce (qui ben visibili) quando e come necessario

Si copia l'uomo

In pratica questa strategia di comando prevede la riproduzione di quello che avviene quando, all’atto della cambiata, il pilota solleva il piede dall’acceleratore. Altre modalità di attuazione, impiegate prevalentemente in certe versioni molto sportive dei cambi di questo tipo, possono però prevedere che la centralina intervenga sulla accensione (la quale, a seconda dei casi, può essere “tagliata” o venire ritardata momentaneamente). Inoltre, la centralina agisce, quando e come necessario, anche sulla frizione.

Il miglior funzionamento di questi cambi si ottiene controllando nella maniera più opportuna l’apertura del gas e, talvolta, anche l’anticipo di accensione, e modulando accuratamente l’innesto della frizione. Molto interessante appare l’impiego, in alcune esecuzioni, di un tamburo munito di cave sagomate, la cui rotazione avviene a scatti (uno per ogni marcia) e determina il movimento assiale delle forcelle spostamarce, che vanno a disporsi in posizioni prefissate. Questa soluzione di puro stampo motociclistico consente di effettuare cambi di marcia estremamente rapidi e sempre precisi e permette l’impiego di un solo attuatore, di tipo assai semplice. La utilizzano le auto di Formula Uno e alcuni modelli di serie, come ad esempio la smart.

Al funzionamento automatico si può aggiungere anche quello semiautomatico, con il pilota che comanda l’inserimento delle marce, in sequenza, semplicemente agendo su due pulsanti o due levette, una per salire di rapporto e l’altra per scalare le marce


Uno sviluppo molto raffinato dei cambi manuali automatizzati appena descritti prevede la sostituzione della frizione meccanica con un convertitore di coppia. Il costo è maggiore, ma l’innesto delle marce può essere più dolce. Il collegamento della trasmissione al motore è “fluido” e inoltre è possibile sfruttare l’incremento della coppia fornito dal convertitore. L’idea è molto semplice: si tratta di abbinare a quest’ultimo non un complicato cambio con gruppi epicicloidali e frizioni di innesto, ma un cambio di tipo convenzionale, automatizzato per mezzo degli attuatori e della centralina. Il sistema, sicuramente versatile ed efficiente, appare particolarmente godibile quando la vettura viene impiegata prevalentemente in città o comunque nel traffico. Il famoso Tiptronic utilizzato dalla Porsche e del gruppo Volkswagen-Audi è appunto un cambio realizzato con questo schema, che può venire esso pure impiegato in modalità sia totalmente automatica che semiautomatica.

7 luk doppel kupplung
Due tipi di doppia frizione realizzati dalla tedesca Luk. Uno è multidisco in bagno d’olio mentre l’altro lavora a secco. Hanno un ingombro ridotto, ma la struttura è complessa e la tecnologia raffinata

Cambi a doppia frizione: gradimento in ascesa

Negli ultimi anni stanno conoscendo una popolarità sempre maggiore i cambi a doppia frizione. In questo caso l’idea base risale a prima della seconda guerra mondiale e ha trovato alcune applicazioni già a partire dagli anni Cinquanta nel settore delle macchine operatrici. Dopo qualche esperimento rimasto senza seguito da parte di una industria inglese, a sfruttarla in campo auto, realizzando una trasmissione dalle eccellenti caratteristiche (che ha destinato alle proprie 956 da competizione, seguite dalle 962), è stata per prima la Porsche verso la fine del 1984. Si trattava della famosa PDK (Porsche Doppel Kupplung). Pure il gruppo Volkswagen-Audi poco dopo ha adottato una soluzione analoga sulla Quattro S1 da rally. La prima vettura di serie a essere dotata di un cambio a doppia frizione è stata la Volkswagen Golf, in una versione del 2003. Oggi nomi come S tronic (Audi), PowerShift (Ford), Speedshift (Mercedes-Benz) e DSG (Volkswagen), ben noti a tutti gli appassionati, vengono impiegati per designare appunto trasmissioni di questo tipo.

In un cambio a doppia frizione l’ingresso del moto avviene tramite due alberi coassiali (uno si inserisce internamente all’altro, che è tubolare e ha una minore lunghezza). Su uno di essi sono posti gli ingranaggi conduttori delle marce pari e sull’altro quelli delle marce dispari, in presa con i corrispondenti ingranaggi condotti montati sull’albero secondario, ovvero di uscita. Ognuno dei due alberi di entrata è dotato di una propria frizione. Allorché la vettura è in normale movimento sono sempre inserite contemporaneamente due marce adiacenti (ad esempio, la terza e la quarta). Uno dei due ingranaggi conduttori di queste marce è montato sull’albero di entrata “normale” e di maggiore lunghezza, mentre l’altro è montato sull’albero tubolare. Di questi due alberi, uno solo riceve il moto, in quanto la sua frizione è in presa.

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2- La centralina, collegata a vari sensori, agisce non solo sul cambio ma anche sulla frizione e sull’erogazione di potenza del motore, per mezzo della valvola a farfalla robotizzata. L’immagine si riferisce al Selespeed Alfa Romeo

Cambiate velocissime

L’altra frizione è disinnestata e quindi non trasmette nulla; il suo albero è “staccato” dal motore. Delle due coppie di ingranaggi corrispondenti alle marce in questione, una sola invia quindi il moto all’albero di uscita. Il passaggio alla marcia successiva avviene perché la frizione che era in presa viene disinnestata, mentre contemporaneamente l’altra viene innestata. E così via, per tutte le marce successive (si tratta come ovvio di un cambio sequenziale).

In questo modo si possono ottenere cambiate rapidissime, che per di più hanno luogo senza strappi, in maniera assai fluida. In pratica non si ha alcuna interruzione realmente avvertibile del flusso di potenza dal motore alle ruote. Naturalmente il disinnesto e l’innesto delle due frizioni devono essere modulati e sincronizzati opportunamente. Pure in questo caso la centralina agisce anche sulla valvola a farfalla (e/o sull’accensione). I risultati sono eccellenti e questo spiega la crescente diffusione della quale stanno godendo le trasmissioni di questo tipo, che come le altre già viste consentono di scegliere tra una modalità totalmente automatica e una semiautomatica, con l’innesto delle marce che in questo secondo caso viene deciso dal pilota.  

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