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Sydney, Australia, Novembre 2018. Le sei di mattina. Finger Wharf, il Molo del Dito per il quale i nativi sono scesi in piazza all’alzare del primo piccone distruttore. È la banchina storica che si allunga al centro di uno dei bracci di mare più belli della stupenda baia. Giusto a lato della City. Palafitte, i giganteschi capannoni gemelli, dal 6 al 9, cent’anni fa magazzini e ora hotel, appartamenti, ristoranti. Era il cuore del commercio della lana australiana, restano gli indizi della prima, storica pressa delle balle, ora è l’epicentro del lusso nel centro della Città. Sydney.
Quasi nessuno in giro. Sì, qualcuno che va a lavorare presto, qualcun altro che torna a casa troppo tardi. Uno che scorre i viali deserti con una RC8. Non capisco come faccia a far andare così piano, serenamente, la regina delle superbike. Serenità. Ecco. Sydney all’alba ispira serenità. Di giorno concretezza, di sera ancor più voglia di vivere. Il lungo pontile di legno, 400 metri di capolavoro di architettura e restauro che si perde nella foschia, invita a fare jogging. Sono l’unico che passeggia, scioperato. Gli altri corrono, forte, piano, in souplesse. E salutano. Mi salutano tutti. Formidabili australiani, naturalmente gentili, affabili, compagnoni.
“What are you doing around here?” - Che ci fai da queste parti? – Mi fa il tizio che mi passa accanto. Già reattivo, sensazione di conoscerlo…
“Ciao Russell” – Faccio io – “A spasso…”
“Bene. Ciao, io continuo…” – e riprende la corsa.
Deh, formidabile concatenazione di fraintesi. Io certo di aver riconosciuto al volo il Gladiatore con casa sul Dito, lui che deve aver semplicemente rilevato ad alta voce il tizio fuori posto fuori dall’hotel. Ah, ecco, capito… rientro al volo all’Ovolo e tolgo la giacca del pigiama. Un’alba normalmente bella a Sydney, tiepida. L’unico che sghignazza ad alta voce squarciando il silenzio della baia è un gabbiano. Uno dei milioni dell’impero oceanico australe australiano.
Scendo di nuovo e via per i tortuosi lungomare. Poco tempo, taglio da un “fiordo” all’altro. Kings Cross, Potts Point, Darling. Non c’è bisogno di fissare una mèta… ormai siamo arrivati. Siamo entrati a Sydney da una direttrice meno battuta, piccolo convoglio di Santa Fe e Tucson proveniente da Nord, da Coffs Harbour per seguire, a distanza di sicurezza, l’ultima Tappa del Mondiale Rally WRC. Dalle rive dell’Oceano, dentro verso Ovest, Dorrigo fino a Tamworth, A1, A15 e quindi sulla M1, la “Valle dei Vigneti”, Buckety, poco conosciuto e defilato “campo di battaglia” di Hyundai dove viene completato lo sviluppo specifico delle Auto distribuite in Oceania. Tutto d’un fiato e ci siamo, Sydney e un battesimo quasi intimo. Attenzione al modo di guidare “aggressivo” (pivelli, non conoscono il nostro “standard”…), il dedalo di quartieri e vie e, finalmente, l’incredibile colpo d’occhio dall’”osservatorio” di Berrys Bay, religiosa contemplazione della Città. Grande!
La cartolina globale è un gioiello di proporzioni, ma non rende merito alle dimensioni. L’Harbour Bridge, per esempio, è un ponte autostradale, 140 metri sul livello della baia. Sembra un Bailey. L’Opera Houses pare la conchiglia di guerre stellari di un paguro, e invece le vele bianche dell’icona della linea di costa e dell’Australia sono gigantesche.
È visita lampo. Appena il tempo di organizzarsi. Il modo migliore per avere il caleidoscopio della Città sott’occhio è la gita in barca. Molto meglio e più “umano” della scalata alla vertiginosa Sydney Tower. Dal Dito, verso il centro della Baia, le Piscine, lo Zoo di Taronga, o dall’altra parte, sotto alla Opera House e verso e oltre l’Harbour Bridge. Niente spiagge, la mitica Bondi sarà per un’altra volta, ma dal mare è come dalla storia, e istruttivamente complementare all’esplorazione urbana.
Il “Dito”, tuttavia, ha un fascino particolare. È Storia. Storia vera, fatta di sudore e pochi discorsi. Legno e sensazioni. Oggi è diverso. Il Molo è super animato, chiacchiere serali, happy hour, passeggiate, bar e ristoranti. Noi al Kingsley, lume di candela. Magia. Una Santa Fe bianca si ferma davanti al cancello della banchina. Sulle tavole sonore si fa largo lenta, regale, Michelle. Manca solo il tappeto rosso. Filo otto, effetto domino, uno dietro l’altro stesi come birilli dal fascino morbido e ondeggiante della guida spirituale di Hyundai Australia Experience. Effetto contagioso, sul pontile è un massacro, altro che gli inferni scatenati e resi celebri dal Tizio di cui si parlava poc’anzi.
Dalla magia della sera all’imbarco è un lampo. Il tedesco dice che Sydney è la città dove tutti dovrebbero voler vivere. Noi centrati al cuore, certo.
Sydney o Michelle?
Foto: Thomas Wielecki