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La prima tappa europea del Mondiale Turismo riporta Monza nel campionato dopo tre anni e al comando della classifica, dopo quattro gare disputate, si trova Tiago Monteiro. Il portoghese guida la Civic numero 18 e dietro questa prestazione, con l’impegno ufficiale del colosso giapponese, si trova una struttura europea con base tecnica italiana che prepara e allestisce le vetture, sviluppandole in rapporto diretto con la Casa madre. Alessandro Mariani, direttore tecnico del Team Castrol Honda, parla a ruota libera di Turismo e ruote coperte in genere, quando lo incontriamo nella “sua” hospitality, quella che espone più bianco e rosso, colori puramente Honda, che verde a richiamo dello sponsor. Il fatto notevole è proprio quello: un legame forte, persino sugli elementi più intimi che possano esistere in una relazione con i costruttori, quelli tecnici. Non è da tutti riuscire a lavorare a livello da Mondiale per lunghi anni usando il nome dell’azienda riferimento per i motori in Giappone e non solo, quella che ha dominato per decenni corse anche nelle due ruote, capace di produrre motori di ogni frazionamento e applicazione (non solo automotive) protagonista industrialmente anche nella robotica. Un vanto e un riconoscimento se vogliamo, per noi italiani, il sapere che la versione prototipo di un modello automobilistico bandiera di Honda, quella che scende in pista con il marchio di un fondatore che disse “Non esiste Honda senza competizioni” viene confezionata proprio dalle nostre parti, in Lombardia.
Ma andiamo al sodo, con gli argomenti cari a qualunque appassionato di motorismo sportivo a ruote coperte, oggi un po’ in crisi purtroppo. Quali e come sono i rapporti con la Casa madre, con cui Jas collabora dal lontano 1998, per l’impegno nel WTCC? “Vincere è l’obiettivo, certo non facile – spiega Mariani - dopo il grande abbandono alle competizioni di Honda noi siamo stati il primo impegno ufficiale preso, di questo livello, ma senza una piena efficienza del reparto giapponese che doveva ricostituirsi in quel momento; è potuto aumentare solo gradualmente il supporto del reparto R&D”. Già perché se l’impegno è iridato, soprattutto inizialmente tutti gli oneri tecnici della squadra corse gravitavano invece sulla struttura tricolore, non è stato certo un cammino in discesa riportare il marchio ai vertici delle classifiche gestendo rivali e regolamenti.
“Per noi è un piacere collaborare con Honda ed essere quelli che hanno sviluppato e rimesso in pista il marchio per un titolo iridato. Dal 2012 a oggi abbiamo fatto passi da gigante. Il nuovo regolamento impegna parecchio”. Già perché sotto il vestito di una normale Civic, dotata di trazione anteriore, si cela quello che è sostanzialmente un prototipo coerente ai limiti di un regolamento molto aperto su alcuni fronti, ma che “congela” quanto si mette in pista per un certo periodo. “Soprattutto quando ci sono delle variazioni in parte inattese, quantomeno per noi, non è semplice fare fronte a rivali ufficiali che vi si adattano meglio, entrando successivamente con le loro vetture” (il riferimento è a Citroen e il cambio avvenuto con il 2014, ndr). Però oggi la Civic TC1, pur se con i suoi limiti per la carrozzeria a due volumi e dopo tappe in piste un po’ anomale, come Marrakech e Monza, è davanti in classifica. “I risultati specie a Monza, parlano chiaro: la nostra velocità di punta che era parecchio inferiore ai migliori rivali, oggi riesce a essere fin quasi abbondante, permettendo di avere tutto il carico che serve”. Il punto migliore dell’auto giapponese per la pista sembra essere il bilanciamento dei pesi, con un buon fronte telaistico, ma per vincere un Mondiale servono tutti gli elementi a posto, piloti inclusi, lungo il campionato. Un lavoro che ci si domanda come sia svolto, quando non si è un team privato ma quello emanazione di un colosso giapponese che ha obiettivo vincere e una mentalità in parte diversa da quella europea. “Per noi è un grande onore - prosegue Mariani - quando siamo partiti lo sviluppo era fatto internamente, dal Giappone arrivavano solo i motori, non è facile coniugare i due modi di lavorare e pensare, quando ci sono evoluzioni continue da mettere in pista. Diciamo che siamo arrivati a essere un buon esempio per come combinando questi due punti di vista, si riesca a progredire. La macchina per quanto riguarda il telaio è ancora sviluppata da noi, ma abbiamo nel tempo accresciuto il supporto dal nuovo reparto giapponese HRD (a Sakura, dove si sviluppa anche la F1) per aerodinamica e materiali, i nostri ingegneri e la casa madre sono in contatto diretto settimanale”.
Insomma, un bel connubio tra due mondi per una categoria oggi però un po’ a secco di partenti e interesse popolare: quota sedici al via del round italiano 2017, quando proprio la medesima pista di Monza, per la mitica edizione della Coppa Mondiale Turismo in prova unica del 1993, vide oltre quaranta iscritti con auto di quasi ogni marchio. Soprattutto non ci sono più protagonisti italiani al volante, anche su questo Mariani dice la sua: “Purtroppo ci sono troppe categorie per le ruote coperte, questa è sempre stata la mia opinione: nel motorismo sportivo moderno si disperdono le attenzioni, avendo molti campionati. Specialmente i nostri giovani puntano alle monoposto inizialmente, sperando di essere degli idoli della F1 quando invece potrebbe essere interessante anche concentrarsi per fare una buona carriera sulle ruote coperte. Il WTCC oggi, oltretutto, non è il più allettante per un pilota, dovendo competere con formule GT che hanno molti più posti in griglia con vetture comunque di gran fascino”. Proprio a proposito di vetture di quel genere, ci viene in mente che la casa giapponese ha tra i suoi modelli più moderni e interessanti una stupenda coupé di gran prestazione, con nome composto da tre lettere, che ben si adatterebbe a certi campionati e addirittura in America la si vede già, per serie locali a marchio Acura. Chissà che un domani non troppo lontano, non possa scendere in pista anche da noi, per un Mondiale. Intanto la Civic TC1 rimane in lizza per il titolo 2017 mentre la versione TCR, che corre l'Europeo (ETCC) potrebbe essere un modello per il futuro di un campionato per vere derivate della serie, rispetto a quanto è oggi a costi proibitivi per squadre private nel WTCC: anche su questo fronte Honda non è certo con le mani in mano.
Da buon appassionato ma anche operatore del Motorsport di lunga data, Mariani sa che per vedere crescere un campionato nei contenuti occorre attrazione per più auto in pista, ma anche per delle Case che ci investano. “La Federazione dovrà decidere, se continua così le attenzioni maggiori si riversano per F1 e Formula E, oltre a un mondo di categorie per gentlemen drivers con le ruote coperte”. Obiettivi futuri, diversi dal WTCC? La situazione spesso troppo “fluida” per usare un termine da mercato finanziario, anche se si parla di campionati, non lascia spazio a pianificazioni semplici per una Casa ufficiale, specie se sia di mentalità rigida come quelle giapponesi e volendo impegnarsi solamente per vincere. Molti parlano di ibrido o elettrico, anche per il Turismo. “Correre con ibride derivate dalla serie equiparando le prestazioni di sistemi talvolta molto diversi è troppo difficile da realizzare, anche se il futuro va in quella direzione ora.” Sentiremo rombare i motori ancora per un bel po’ in pista, perché qui parliamo di auto da corsa parzialmente corrispondenti a modelli stradali omologati, non di Formule che possono crearsi propulsioni totalmente libere.
Le corse automobilistiche potrebbero divenire un po’ come quelle dei cavalli in futuro: il massimo di un’era superata, una nicchia per appassionati. Prima però, sogno Le Mans
“Se penso alle gare del domani, potrebbe essere un po' come divenuto per i cavalli oggi: uno sport ritenuto un tempo per molti il massimo e interessante da seguire, è quasi ignorato, una nicchia per pochi. L'automobilismo da corsa potrà forse diventare quello”. Intanto però fortunatamente Honda continua i propri piani nelle competizioni e un piccolo sogno Mariani lo tiene nel cassetto, condividendolo quando stimolato da una nostra domanda, su quella che è una categoria veramente premiante per il valore di un marchio, a nostro giudizio, ovvero l’Endurance, ci dice: “Molti dei miei sogni li ho realizzati, però i procedimenti e le attività con i giapponesi non sono mai velocissimi e io ho già compiuto i sessanta anni. I piani d’investimento sono pesanti, per competere in una gara come Le Mans che da un solo risultato visibile in un anno; non nascondo che mi piacerebbe correrci e vincere con una nostra vettura, al momento nulla è confermato e non è ipotizzabile nemmeno nel breve termine, almeno per la massima classe, perché correre in F1 implica il non poter essere impegnati nel WEC LMP1 e viceversa, come si vede dai marchi protagonisti”.
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