Honda e la Formula 1 – Seconda parte

Honda e la Formula 1 – Seconda parte
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Negli anni dei grandi trionfi i motori Honda sono stati al vertice in fatto di prestazioni. Ecco la storia dei propulsori giapponesi a partire dall'era del turbo
27 luglio 2015

Dopo 14 stagioni di assenza dai Gran Premi la Honda ha fatto il suo ritorno in Formula Uno nel 1983, proprio all’inizio dell’era turbo. Stavolta ha preso però una strada differente da quella che aveva percorso negli anni Sessanta: invece di realizzare vetture complete, si è dedicata esclusivamente ai motori, fornendoli ad alcuni team di spicco. La scelta si è rivelata vincente. 


Una volta presa la decisione di tornare a gareggiare ai massimi livelli, i tecnici della grande casa giapponese hanno deciso di imboccare con decisione la strada della sovralimentazione; anche se il regolamento consentiva l’impiego di motori di 3000 cm3 aspirati, si è preferito sviluppare un 1500 turbo.

 

Già da alcuni anni la Honda correva in Formula Due con un eccellente V6 di due litri, cilindrata ottenuta con un alesaggio di 90 mm e una corsa di 52,3 mm. La potenza di questo motore, dotato di basamento in ghisa, era dell’ordine di 300 cavalli. I responsabili del progetto, Yoshio Nakamura e Nobuhiko Kawamoto, vista anche la sua notevole robustezza, hanno deciso di utilizzarlo come base di partenza. È stato così che nel 1982 sono iniziati i test di una versione riveduta di questo V6, dotata di due turbocompressori e con la cilindrata portata a 1500 cm3 mediante diminuzione della corsa (che passava da 52,3 a 39,2 mm). L’angolo tra le due bancate di cilindri era 80°; tra le caratteristiche tecniche di maggiore interesse vi era l’impiego di bilancieri a dito per l’azionamento delle valvole, al posto delle più usuali punterie a bicchiere (impiegate all’epoca da tutti gli altri costruttori impegnati nei GP). 

Il debutto nel 1983, sulla Spirit-Honda: è l'epoca della F.1 turbo

L’esordio è avvenuto nel 1983 con tale motore che, ulteriormente sviluppato e ora contraddistinto dalla sigla RA 163 E, era montato su di una Spirit. La potenza era di circa 620 cavalli a 11.000 giri/min. La stagione successiva ha visto la comparsa del motore RA 164 E, diretto sviluppo del precedente e ora fornito alla Williams. La potenza era dell’ordine di 650 CV. 

1  Honda RA 168E  1988
Sezione del motore Honda RA 168 E sovralimentato mediante due turbocompressori. Si tratta di un sei cilindri a V di 80° con basamento in ghisa e canne riportate. I due alberi a camme di ogni testa azionano le valvole per mezzo di bilancieri a dito

 

Per il 1985 il V6 è stato oggetto di una profonda rivisitazione, che ha portato tra l’altro a nuove misure di caratteristiche: l’alesaggio passava a 82 mm e la corsa a 47,3 mm. L’angolo tra le valvole era di 32° (invece dei precedenti 40°). Denominato RA 165 E, questo motore aveva una potenza di circa 700 cavalli a 11800 giri/min. 


Una vera e propria riprogettazione è stata effettuata per sviluppare il V6 RA 166 E, destinato alle monoposto del 1986, anno nel quale è stato necessario ridurre i consumi (la capacità dei serbatoi scendeva da 220 a 195 litri). Le misure caratteristiche sono passate a 79 x 50,8 mm. La potenza in gara pare fosse dell’ordine di 880 cavalli a 11000 giri/min , ma in qualifica si parlava di qualcosa come 1200 CV, ottenuti con una mostruosa pressione di alimentazione di circa 5 bar. Per la stagione successiva, durante la quale è stato schierato il motore RA 167 E, sviluppo del precedente, sono entrate in vigore nuove norme che limitavano il grado di sovralimentazione. Per quanto riguarda i cavalli erogati, sembra che fossero attorno a 920 in gara, che salivano a quasi 1000 in qualifica.  

In qualifica si parlava di qualcosa come 1200 CV, ottenuti con una mostruosa pressione di alimentazione di circa 5 bar

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Il 1988 è stato l’ultimo anno dell’”epoca turbo”; in seguito infatti sarebbero stati ammessi solo motori aspirati di 3500 cm3. I V6 Honda, montati sulla Lotus e sulla McLaren hanno vinto 15 gare su 16, dimostrando una supremazia totale, già evidenziatasi del resto in precedenza. Nonostante le ulteriori riduzioni della pressione di alimentazione (portata a 2,5 bar) e dei consumi, con la capacità dei serbatoi diminuita a 150 litri, il motore RA 168 E schierato nel corso della stagione era pur sempre in grado di erogare, in gara, qualcosa come 630 cavalli a un regime di 12300-12500 giri/min. 

2  Honda RA 168 E  1988
Le misure caratteristiche del V6 RA 168 E di 1500 cm3 erano 79 x 50,8 mm e la potenza di circa 630 cavalli a 12500 giri/min. Con questo motore Ayrton Senna si è imposto nel mondiale del 1988 alla guida della McLaren

Si torna agli aspirati

Per il 1989 la Honda ha realizzato un V10 contraddistinto dalla sigla RA 109 E, che aveva presentato alla stampa, nella sua versione iniziale, già alla fine del 1987. A un frazionamento su dieci cilindri, abbinato a una architettura a V, avevano già pensato Ferdinand Porsche nel 1939, per un sovralimentato di 1500 cm3, e l’Alfa Romeo nel 1985, per un aspirato di 3500 cm3. Entrambi questi motori non sono mai scesi in gara, ma il V10 milanese è stato effettivamente costruito e ha svolto i primi test nell’estate del 1986, arrivando ad erogare circa 620 cavalli a 13300 giri/min.

 

Lo RA 109 E, progettato sotto la direzione tecnica di Osamu Goto, aveva sia le valvole di aspirazione che quelle di scarico in lega di titanio. L’angolo tra le due bancate di cilindri era di 72°, valore scelto dopo che il primo prototipo, nel quale la V era di 80°, aveva dato seri problemi per quanto riguarda l’equilibratura. Nonostante questo, le vibrazioni erano ancora considerevoli e ciò ha portato i tecnici giapponesi alla decisione di adottare un albero ausiliario di equilibratura, anche se ciò comportava un lieve aumento di peso.

 

Nel 1990 è stata la volta del motore RA 100 E, in tutto simile al precedente, ma con misure caratteristiche leggermente rivedute. A metà stagione sono arrivate le molle pneumatiche per il richiamo delle valvole, cosa che ha immediatamente consentito di incrementare sensibilmente il regime di rotazione. La potenza prodotta da questo V10 di 3500 cm3 era dell’ordine di 680 cavalli a 13200 giri/min. Per dare un’idea di quale fosse l’impegno della Honda in Formula Uno è sufficiente pensare che di questo motore nell’arco di un solo anno sono state realizzate ben sei versioni differenti. 

3  McLaren Honda MP4 5B 1990
La McLaren MP4 che ha vinto il campionato nel 1990 era azionata dal motore RA 100 E di 3500 cm3, un dieci cilindri a V di 72° che erogava attorno a 680 cavalli a 13200 giri/min

 

Contemporaneamente un altro team di tecnici stava lavorando sul V12, presentato l’anno precedente, la cui prima versione stava già provando in circuito per svilupparsi nella seguente, denominata RA 121 E, che ha debuttato nel 1991 ottenendo subito eccellenti risultati. L’angolo tra le due bancate di cilindri era di 60°, come vuole lo schema classico, per i motori di questo frazionamento. Questo motore aveva un alesaggio di 83 mm e una corsa di 53,8 mm ed erogava ben oltre 700 cavalli. Dopo essersi imposto nelle prime quattro gare, attorno a metà stagione questo V12 è stato sostituito da una versione più evoluta, che aveva un alesaggio di 86,5 mm e una corsa di 49,6 mm. Molto significativa è stata anche l’adozione di trombette di aspirazione telescopiche. Al termine dell’annata la potenza era di circa 760 CV a 13700 giri/min. 

 

Per il 1992 è stato realizzato un dodici cilindri completamente nuovo, denominato RA 122 E. Tanto per cominciare, la V era di 75° (il che consentiva un abbassamento del baricentro della vettura); le misure caratteristiche erano ancora più superquadre, con un alesaggio di 88 mm e una corsa di 47,9 mm. Il comando del gas non era più diretto, ovvero meccanico, ma del tipo “drive by wire” e per il richiamo delle valvole venivano adottate molle pneumatiche. La potenza era inizialmente di circa 800 cavalli a 14.400 giri/minuto, ma in seguito è diminuita, passando a circa 770 a causa delle limitazioni imposte dalla FISA in fatto di carburanti.  

4 RA 122 V12
Nel 1992 la Honda ha schierato un nuovo motore a 12 cilindri a V di 75°, della potenza di circa 770 cavalli a 14400 giri/min. Si trattava dello RA 122 E, qui mostrato in sezione, che impiegava molle pneumatiche per il richiamo delle valvole


Di questo motore la Honda ha rilasciato un paper contenente una breve descrizione e una sezione trasversale. In quest’ultima si possono notare chiaramente le canne dei cilindri riportate in umido (del tipo con bordino di appoggio in alto, erano il lega di alluminio con riporto al nichel-carburo di silicio sulla superficie di lavoro) le punterie a bicchiere e il ridotto angolo tra le valvole (28°), che avevano un diametro di 36,5 mm alla aspirazione e di 28,5 mm allo scarico. Grazie all’impiego di pompe di recupero dalla portata esuberante, nelle camere di manovella all’interno del basamento la pressione veniva mantenuta a un valore pari a un terzo circa di quella atmosferica, il che consentiva di ridurre drasticamente le perdite di potenza causate dal “freno olio”.  

 

Al termine del 1992 l’impegno ufficiale della Honda in Formula Uno è terminato. Si chiudeva così un’era, durante la quale i suoi motori avevano consentito a Piquet, Prost e Senna di conquistare ben cinque titoli mondiali consecutivi, tra il 1987 e il 1991.  

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