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Il Regno Unito prende le distanze dalle auto elettriche di produzione cinese, almeno in ambito militare. Una nuova direttiva impone a militari e funzionari governativi di non avvicinarsi alle basi sensibili con veicoli elettrici cinesi, per il timore che queste auto possano fungere da strumenti di sorveglianza.
Secondo quanto riportato dal quotidiano i, l’allarme è partito dalla base di RAF Wyton, uno dei principali centri d’intelligence della difesa britannica. Ai dipendenti è stato ordinato di parcheggiare le auto contenenti componenti cinesi a oltre tre chilometri dal perimetro, per evitare qualsiasi rischio di intercettazione. Sotto accusa ci sono in particolare i sistemi di navigazione e i sensori integrati, che potrebbero trasmettere informazioni sensibili all’estero.
A preoccupare le autorità britanniche non sono solo i dati raccolti sulla posizione o i percorsi effettuati, ma anche la possibilità che i microfoni di bordo, nati per assistenti vocali o chiamate, possano essere attivati da remoto. Il sospetto è che vengano usati per registrare conversazioni riservate tra personale militare e funzionari pubblici, mettendo a rischio la sicurezza nazionale.
Non solo auto a marchio cinese: la direttiva coinvolge anche modelli di case europee e giapponesi – come BMW, JLR e Volkswagen – che integrano tecnologie prodotte in Cina. A finire nel mirino, tuttavia, sono soprattutto i giganti asiatici del settore come BYD, che per ora ha scelto di non commentare le accuse.
Le critiche non sono mancate, specialmente da parte di esponenti politici conservatori. Alicia Kearns, deputata e portavoce per la sicurezza, ha attaccato duramente il governo per non aver già interrotto l’uso di veicoli cinesi nella flotta ufficiale. “Non possiamo permetterci mezze misure quando è in gioco la sicurezza nazionale”, ha dichiarato, chiedendo un blocco totale delle auto cinesi in ambito governativo e militare.
Interpellato sul tema, il Ministero della Difesa ha evitato smentite, limitandosi a ribadire che la protezione delle informazioni sensibili è prioritaria e che sono già in vigore protocolli rigorosi per garantire la sicurezza.
Il caso mette in luce una crescente tensione tra l’espansione dell’industria automotive cinese e le preoccupazioni geopolitiche dei paesi occidentali. Se da un lato le auto elettriche cinesi attirano per costi e innovazione, dall’altro aumenta la diffidenza verso l’infrastruttura digitale che le anima. E a questo punto, la vera domanda è: quanto ci fidiamo della tecnologia che guida le nostre auto?